Bardi, Parma, 30 novembre 1921 – Sidolo di Bardi, Parma, 20 luglio 1944
Italo Subacchi, seminarista al secondo anno degli studi teologici presso il Seminario vescovile di Parma, aspirante a partire per le missioni estere, fu coinvolto negli eventi della seconda guerra mondiale. Accusato di sostenere i “ribelli”, ossia i partigiani, per essere stato visto assistere i sacerdoti Giuseppe Beotti (beatificato nel 2023) e Francesco Delnevo nella distribuzione di pane a sei giovani fuggiaschi, venne con loro condannato alla fucilazione. Morì a ventitre anni, il 20 luglio 1944, pronunciando parole di perdono verso tutti, anche verso chi stava per ucciderlo.
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Primogenito di Carlino Subacchi, fabbro di Bardi, un paese in provincia di Parma, e Teresa Pelizza, Italo nacque il 30 novembre 1921. Fu seguito da quattro fratelli: Mario, Pierino, Carlo e Giorgio. Prima che Mario compisse sette anni, i genitori morirono per cause naturali.
Entrato nel Seminario vescovile di Parma, fu elogiato per la sua intelligenza aperta, unita a un grande senso pratico e alla bontà di cuore. Il suo desiderio più grande era, dopo aver celebrato la sua Prima Messa, di partire per le missioni estere.
Mentre frequentava il secondo anno degli studi teologici, si trovò coinvolto indirettamente nella seconda guerra mondiale. Nel suo diario, intorno all’aprile 1944, scrisse di sentirsi pronto ad accogliere la morte: «Signore, prendimi con Te sulla croce, per essere oblazione pura al Padre, che è nei cieli, e dono ai fratelli di quaggiù».
Il 20 luglio 1944 era ospite della canonica del parroco di Sidolo di Bardi, don Giuseppe Beotti, insieme al parroco di Porcigatone, don Francesco Delnevo, e servì Messa con loro. Essendosi diffuse le voci di una imminente distruzione di Sidolo, la sorella di don Giuseppe, Savina, ritagliò una sorta di bandiera bianca da un lenzuolo. Italo andò a fissarla sul campanile, per indicare che in quel luogo non c’erano partigiani e sperando così di salvare il paese.
Poco dopo, i sacerdoti vennero raggiunti da sei giovani fuggiaschi, che don Giuseppe aveva incontrato la sera precedente, affamati e stanchi per aver pernottato in un fienile. Il sacerdote, ottenuto del pane da una famiglia amica, lo distribuì loro, affiancato da don Francesco e da Italo.
Ma i soldati tedeschi avevano osservato la scena dal campanile del vicino paese di Cereseto: piombati in canonica alle 8 del mattino, chiesero al parroco se vi fossero “banditi”. Avuta risposta negativa, perquisirono la canonica, si fecero dare da mangiare e si allontanarono, accusando i tre di aver dato da mangiare a dei ribelli. Poi, verso le 13, li prelevarono dalla canonica e li collocarono contro il muro di cinta del beneficio parrocchiale, sottoponendoli per oltre due ore, sotto il sole, a ingiurie e interrogatori. Infine, giunse il verdetto: fucilazione per tutti, sia per loro sia per i sei fuggiaschi.
Prima di essere uccisi, presso il cimitero urbano, don Francesco e don Giuseppe si scambiarono l’assoluzione e uno di loro concesse il perdono dei peccati anche al seminarista, poi si abbracciarono pregando.
Le ultime parole che Italo pronunciò di fronte al plotone di esecuzione furono: «Sono innocente di ciò che mi si accusa. Perdono tutti, anche voi che mi dovete ammazzare. Salutatemi il Vescovo e la mamma. Risparmiatemi la testa». I tre vennero uccisi da una scarica di proiettili: i due sacerdoti morirono sul colpo, mentre Italo agonizzò per qualche ora.
Italo Subacchi, insieme ai suoi compagni e a padre Alessandro Sozzi, don Umberto Bracchi e don Giuseppe Borea, è stato ricordato in un convegno, intitolato «L'eroismo dei sacerdoti diocesani nella lotta di Liberazione» e svoltosi l’8 ottobre 2005, presso la sede di Piacenza dell’Università Cattolica.
Tuttavia, né lui, né don Francesco Delnevo hanno mai goduto di fama di santità e di martirio, a differenza di don Giuseppe Beotti, il quale è stato beatificato il 30 settembre 2023.
Autore: Emilia Flocchini
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