Quando si parla dei martiri spagnoli degli anni Trenta del XX secolo, li si chiama erroneamente “martiri della guerra civile”. Erroneamente perché i primi martiri ci furono già nell’ottobre del 1934, durante la rivoluzione delle Asturie. Mancavano allora quasi due anni all’inizio della guerra civile e i martiri non avevano quindi nulla a che fare con essa. Ma c’è chi continua a collegarli con quel conflitto armato in cui ci furono “caduti in azioni di guerra” in entrambi gli schieramenti, perché lottavano sul fronte, e ci furono anche, nelle retroguardie delle due aree, “vittime della repressione politica”. Gli uni e gli altri meritano il massimo rispetto e vengono ricordati come eroi e modelli da imitare dai seguaci delle rispettive ideologie.
Ma ci furono anche “martiri della persecuzione religiosa”, perché durante la guerra civile, in tutta l’area repubblicana, il culto cattolico fu proibito per quasi tre anni. La Chiesa ufficialmente non esisteva. Gli ecclesiastici e le religiose furono uccisi perché erano uomini o donne di Chiesa, e per lo stesso motivo furono assassinati uomini e donne dell’Azione Cattolica e di altri movimenti ecclesiali, ossia perché erano cattolici praticanti. Ma nessuno di loro fu implicato in lotte politiche o ideologiche, e tanto meno vi prese parte.
La Chiesa li eleva agli onori degli altari con il titolo di martiri perché erano persone che lavoravano pacificamente in parrocchie, scuole, collegi, ospedali, ospizi e così via. Un’opera sociale immensa, mai abbastanza riconosciuta alla Chiesa, interrotta brutalmente da quella persecuzione religiosa, senza precedenti nella storia della Spagna. Quelle persone non persero la vita in azioni di guerra e non furono neppure vittime della repressione politica. Furono semplicemente testimoni di Cristo e quindi “martiri della fede durante la persecuzione religiosa”.
In piena guerra civile spagnola questi concetti risultarono ben chiari sia a Pio XI che ai suoi successori, fino a giungere a Papa Francesco. Con le beatificazioni del 13 ottobre, saranno 1.512 i martiri beatificati e 11 quelli canonizzati. I dati che abbiamo, sebbene non del tutto esatti, rivelano l’entità di quella persecuzione: dei 6.832 morti, 4.184 appartenevano al clero secolare, includendo dodici vescovi (nove sono già stati beatificati) e un amministratore apostolico, 2.365 erano religiosi e 283 religiose. Non è possibile fornire cifre definitive dei laici cattolici uccisi per motivi religiosi perché non esistono statistiche affidabili, ma probabilmente furono diverse centinaia.
A richiamare l’attenzione è innanzitutto l’età. Per esempio, dei 26 religiosi passionisti di Daimiel, 15 erano studenti tra i 18 e i 21 anni. Lo stesso vale per i Fratelli di San Giovanni di Dio, i claretiani di Barbastro, i Fratelli delle Scuole Cristiane di Turón e di Almería, gli agostiniani di El Escorial, i francescani, i domenicani, i trinitari, i carmelitani, gli scolopi, i claretiani salesiani, i maristi e così via. I più giovani furono l’aspirante salesiano Federico Cobo e lo studente carmelitano Pedro Tomás Prati, entrambi sedicenni.
Questi dati sono impressionanti, ma lo sono ancora di più le opinioni di alcuni responsabili della tragedia. Alla fine dell’agosto del 1936, un alto dirigente catalano, alla domanda di una redattrice del giornale francese «L’Oeuvre» sulla possibilità di riavviare il culto cattolico in Spagna rispose: «Oh, il problema non si pone neppure, perché tutte le chiese sono state distrutte». Andrés Nin, capo del Partito operaio di unificazione marxista, in un discorso pronunciato a Barcellona l’8 agosto 1936, non esitò a dichiarare: «C’erano molti problemi in Spagna (…) Il problema della Chiesa lo abbiamo risolto completamente, andando alla radice: abbiamo soppresso i sacerdoti, le chiese e il culto». José Díaz, segretario generale della sezione spagnola della III Internazionale, il 5 marzo 1937 disse a Valencia: «Nelle province in cui dominiamo, la Chiesa non esiste più. La Spagna ha superato di molto l’opera dei Soviet, perché la Chiesa, in Spagna, è ora completamente annientata».
Secondo Hugh Thomas, «in nessun altro momento della storia della Spagna, e forse persino del mondo, si è manifestato un odio così passionale contro la religione e tutte le sue opere. Molti di quei crimini furono accompagnati da una frivola e sadica freddezza» (The Spanish Civil War, 1961). Pierre Broué ed Emile Témine riconoscono il carattere religioso della persecuzione in quanto «in pratica la proibizione del culto si estende all’uso privato di immagini e di oggetti cultuali, come i crocifissi, i messali (…). Le milizie rivoluzionarie della retroguardia cercano quanti li possiedono e procedono ad arrestarli» (La révolution et la guerre d’Espagne, Paris, 1961, 1, p. 132). George Orwell, che durante la guerra si recò a Monflorite (Huesca) e visitò il cimitero, disse: «Tutto era pieno di cespugli e di erbacce, oltre alle ossa umane sparse per il paese. Ma la cosa più sorprendente era l’assenza quasi totale d’iscrizioni religiose (…) In qualche tomba c’era una piccola croce o una sommaria allusione al cielo; spesso era stata cancellata con uno scalpello da qualche zelante ateo».
Gabriele Ranzato, che si propone di smontare molte leggende che avvolgono ancora il conflitto spagnolo del 1936, afferma che l’errore più drammatico commesso dalla sinistra spagnola fu il suo atteggiamento verso la Chiesa, e nelle sue monografie L’eclissi della democrazia. La guerra civile spagnola e le sue origini (1931-1939) (Torino, Bollati Boringhieri, 2004), e La Grande paura del 1936. Come la Spagna precipitò nella guerra civile (Bari-Roma, Laterza, 2011), documenta come le sinistre spagnole scatenarono contro di essa «una vera e propria persecuzione religiosa».
Quando scoppiò la guerra civile già erano state date alle fiamme 239 chiese, erano state distrutte numerose opere d’arte, erano stati violati tabernacoli, gettate per terra ostie consacrate poi calpestate, disseppellite salme di vescovi e monache, imposte tasse ai funerali cattolici, impendendo in molti casi la loro celebrazione, proibiti i simboli cattolici sulle tombe, equiparata la settimana santa a una riunione clandestina, con i conseguenti arresti, impedite le prime comunioni dei bambini, lasciati liberi per le strade cani con una croce appesa al collare.
Nei suoi libri Ranzato non mostra mai simpatia per la causa e l’opera del vincitore della guerra civile, ma conclude la sua importante ricerca definendo «discutibile» il perpetuarsi dell’immagine della Spagna della primavera del 1936 come «un Paese di democrazia liberale, capace di tenere il suo sistema politico-economico al riparo da qualsiasi sollevazione rivoluzionaria e che fu condotto alla guerra civile solo da una sollevazione militare reazionaria e fascista». Queste poche e misurate parole ci fanno pensare che la storia della Spagna degli anni che precedettero la seconda guerra mondiale, e che in parte la determinarono, inizia a essere scritta solo ora alla luce di nuovi documenti.
La persecuzione religiosa repubblicana iniziò molto prima della guerra civile e non nacque come un’esigenza per combattere una Chiesa che, solo a partire dal luglio del 1937, appoggiò apertamente una delle parti del conflitto perché nell’altra essa aveva smesso di esistere e si continuava a uccidere gli ecclesiastici e i cattolici praticanti. La persecuzione cominciò in modo subdolo nel maggio del 1931, con chiese e conventi dati alle fiamme; continuò con una legislazione apertamente faziosa; proseguì nell’ottobre del 1934 nelle Asturie e in altri luoghi della Spagna, e terminò con l’ecatombe di sacerdoti, religiosi e cattolici tra il 1936 e il 1939. Viene quindi meno la tesi di quanti continuano a sostenere che la persecuzione religiosa fu la risposta della violenza anticlericale alla sollevazione militare del 18 luglio.
L’atteggiamento conciliante e aperto al negoziato della Chiesa dinanzi alla Repubblica, sin dal primo momento, è ampiamente dimostrato dalla documentazione vaticana che sto sistematicamente pubblicando (La ii República y la Guerra Civil en el Archivo Secreto Vaticano, Madrid, Bac, 2011-2012, 3 volumi). Pio XI la riconobbe subito, nell’aprile del 1931, e mantenne le relazioni diplomatiche fino alla metà del 1938. Domandò ai vescovi, ai sacerdoti e ai cattolici di accettarla e di collaborare con essa per il bene comune. Ma i governanti repubblicani scatenarono molto presto quell’attacco frontale che finì in tragedia.
Autore: Vicente Cárcel Ortí
Fonte: Osservatore Romano
Il 13 ottobre a Tarragona, nella regione spagnola della Catalogna, si è svolto un nuovo rito di beatificazione di persone uccise in odio alla fede durante la guerra civile spagnola. Si tratta della cerimonia con il maggior numero di Beati, 522, che supera quindi quella svoltasi a Roma, in piazza San Pietro, nel 2007.
L’elenco dei nuovi martiri comprende tre vescovi, un centinaio di sacerdoti, 412 religiosi, alcuni seminaristi e dei laici. Sette di loro non erano di origine spagnola, ma provenivano da Colombia, Portogallo, Cuba, Francia e Filippine.
La scelta del luogo dove svolgere il rito è caduta su Tarragona per un duplice motivo: anzitutto, perché il gruppo più vasto appartiene alla causa patrocinata da questa diocesi; in secondo luogo, perché, nel 259 dopo Cristo, il vescovo Fruttuoso e i diaconi Augurio ed Eulogio vi trovarono il martirio, bruciati vivi nell’anfiteatro romano.
Nel fornire di seguito l’elenco delle cause, suddiviso in base alle date di promulgazione del decreto sul martirio (per i martiri nativi della Catalogna, il nome proprio è riportato secondo la dizione castigliana), rimandiamo talvolta a schede più specifiche. Per un maggiore approfondimento, suggeriamo di visitare il sito ufficiale dell’evento, www.beatificacion2013.com, dov’è possibile consultare la lista completa di tutti i nomi.
96188 José María Ruiz Cano e 15 compagni, della Congregazione dei Missionari Figli del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria
96190 Carmelo María Moyano Linares e 9 compagni, dell’Ordine Carmelitano
Decreto: 1 luglio 2010
96618 José Nadal Guiu, sacerdote della Diocesi di Lleida
96619 José Jordán Blecua, sacerdote della Diocesi di Lleida
98935 Antonio (Miguel) Fúndez López, sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori
98936 Bonaventura (Baltasar Mariano) Muñoz Martínez, chierico dell’Ordine dei Frati Minori
98937 Pedro Sánchez Barba, sacerdote della Diocesi di Cartagena e Terziario Francescano
98938 Fulgencio Martínez García, sacerdote della Diocesi di Cartagena e Terziario Francescano
Decreto: 10 dicembre 2010
94964 Salvi Huix Miralpeix, vescovo di Lleida, dell’Oratorio di San Filippo Neri
95965 Josefa Martínez Pérez e 12 compagne, delle Figlie della Carità di San Vincenzo De Paoli
Decreto: 27 giugno 2011
96193 Orencio Luis (Antonio) Solá Garriga e 18 compagni, dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane
96195 Antonio Mateo Salamero, sacerdote dell’Arcidiocesi di Madrid
96194 José Gorastazu Labayen, laico dell’Arcidiocesi di Madrid, padre di famiglia
96191 Alberto Maria Marco Alemán e 8 compagni, dell’Ordine dei Carmelitani dell’Antica Osservanza
96192 Agostino Maria García Tribaldos e 15 compagni, dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane
92300 Mariano Alcalà Pérez e 18 compagni, Mercedari della Provincia d’Aragona
Decreto: 19 dicembre 2011
96616 Raimundo Castaño González, sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Predicatori
96617 José María González Solís, sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Predicatori
96621 Jaime Puig Mirosa e 18 compagni, della Congregazione dei Figli della Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
96156 Sebastián Llorens Telarroja, laico della Diocesi di Girona
Decreto: 10 maggio 2012
96200 Martiri della Diocesi di Tarragona (Manuel Borràs Ferré, Agapito Modesto (Modesto) Pamplona Falguera e 145 compagni
- 95661 Manuel Borràs Ferré, vescovo ausiliare di Tarragona
- 96199 Agapito Modesto (Modesto) Pamplona Falguera e 38 compagni, dell’Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane
95726 Hermenegildo de la Asunción (Hermenegildo Iza Aregita) e 5 compagni, dell’Ordine della Santissima Trinità
95725 Victoria (Francisca Inés) Valverde Gonzalez, Religiosa del Pio Istituto Calasanziano della Divina Pastora
95554 Juan Huguet Cardona, sacerdote della Diocesi di Minorca
Decreto: 28 giugno 2012
95842 José Javier Gorosterratzu e 5 compagni, della Congregazione del Santissimo Redentore
92362 Ricardo Gil Barcelón, sacerdote della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza
92363 Antonio Arrué Peiró, postulante della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza
95963 Manuel de la Sagrada Família (Manuel Sanz Domínguez), monaco professo e Riformatore dell’Ordine di San Girolamo
95964 María Montserrat (Josefa Pilar) García Solanas e 8 compagne, religiose professe dell’Istituto delle Minime Scalze di San Francesco di Paola
Lucrecia García Solanas, vedova
95966 Melchora Adoración Cortés Bueno e 14 compagne, delle Figlie della Carità di San Vincenzo de Paoli
Decreto: 19 dicembre 2012
95778 Manuel Basulto Jimenez, vescovo di Jaén
Félix Pérez Portela, sacerdote della Diocesi di Jaén
Francisco Solís Pedrajas, sacerdote della Diocesi di Jaén
Francisco López Navarrete, sacerdote della Diocesi di Jaén
Manuel Aranda Espejo, seminarista della Diocesi di Jaén
96155 José María Poyatos Ruiz, giovane laico della Diocesi di Jaén
José Máximo Moro Briz e 4 compagni, sacerdoti della Diocesi di Ávila
96606 Joaquín Jovaní Marín e 14 compagni, della Società dei Sacerdoti Operai Diocesani
96607 Andrés de Palazuelo (Miguel Francisco González González) e 31 compagni, dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini
Decreto: 27 marzo 2013
96608 Mauro (Abel Angel) Palazuelos Maruri e 17 compagni, dell’Ordine di San Benedetto
96610 Juan de Jesús (Juan Vilarregud Farre) e 3 compagni, dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi
Pablo Segalá Solé, sacerdote della Diocesi di Urgell
96614 Crisanto (Casimiro González García) e 65 Compagni, dell’Istituto dei Fratelli Maristi delle Scuole
Ramón Emiliano Hortelano Gómez, laico sposato della Diocesi di Cuenca
Julián Aguilar Martín, laico dell’Arcidiocesi di Madrid
96081 Aurelia (Clementina) Arambarri Fuente e 3 compagne, Suore professe delle Serve di Maria Ministre degli Infermi
Decreto: 3 giugno 2013
96152 José Guardiet Pujol, sacerdote della Diocesi di Terrassa (Arcidiocesi di Barcellona)
96615 Mauricio Íñiguez de Heredia e 23 compagni, dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio
96198 Fortunato Velasco Tobar e 13 compagni, della Congregazione della Missione
96212 Maria Asumpta (Juliana González Trujillano) e 2 compagne, Religiose professe della Congregazione delle Suore Francescane Missionarie della Madre del Divin Pastore
Decreto: 5 luglio 2013
Autore: Emilia Flocchini
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