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Giorgio Soubeyran Adolescente

Festa: Testimoni

19 marzo 1895 – Torino, 2 febbraio 1911

Giorgio Soubeyran fu allievo dei padri Gesuiti presso l’Istituto Sociale di Torino e, per un anno, dei Salesiani a Battersea, nel Regno Unito. A un carattere umile e brillante univa un’intensa devozione alla Vergine Maria e un grande amore a Gesù nel Santissimo Sacramento. La sua aspirazione maggiore era diventare sacerdote missionario tra i figli di don Bosco, ma fu interrotta da una peritonite fulminante, che lo portò alla morte nel giro di cinque giorni, dal 29 gennaio al 2 febbraio 1911. Aveva quindici anni.



Giorgio Soubeyran nacque il 19 marzo, probabilmente del 1895, in una famiglia benestante. Era stato preceduto da due sorelle, Etta e Maria.
Nella primissima infanzia non era molto capriccioso e riservava i suoi slanci d’affetto non alla nutrice, ma alla madre. Manifestava inoltre un grande affetto verso gli animali, tanto da rifiutarsi di mangiare un pollo dopo aver scoperto che, un tempo, era un pulcino.
Cresciuto, prese a ritenere la madre la sua miglior confidente, ma era molto affezionato ad entrambi i genitori, tanto da correggerli a volte, pur senza offenderli. Ad esempio, dopo aver udito la mamma criticare un ubriaco passato accanto a loro, le fece presente che Gesù è venuto a salvare non i giusti, ma i peccatori.
Frequentò come esterno, sin dalla più tenera età, l’Istituto Sociale di Torino, retto dai padri Gesuiti. Nella cappella dell’Istituto avvenne la sua Prima Comunione, inizio di un cammino particolarmente significativo.
Come infatti scrisse Etta nella sua biografia, riprendendo don Bosco, il fratello aveva chiaramente il cuore in cielo, ma i piedi per terra. Al cielo aspirava accostandosi frequentemente alla Comunione e visitando Gesù nel Tabernacolo, ma anche amando la Vergine Maria, quasi a riprendere le due colonne del noto sogno di don Bosco. Inoltre, cosa insolita per un ragazzo della sua età, spesso lo si sentiva pregare i Vespri, chiuso nella sua camera. Il suo vivissimo senso dell’umorismo, invece, si rivelava in battute mai offensive, in caricature dei suoi professori, ma anche in affermazioni autoironiche.
La svolta del suo percorso avvenne in seconda Ginnasio: durante gli Esercizi spirituali della scuola, predicati da padre Righini, si sentì chiamato a diventare sacerdote missionario. Terminato quell’anno di studi, la madre decise di mandarlo per un anno in Inghilterra, allo scopo di fargli imparare qualche sport per aiutare lo sviluppo del suo fisico (era alto più di un metro e ottanta). Giorgio chiese espressamente di essere mandato a Londra: dietro consiglio di una contessa piemontese, fu quindi iscritto alla scuola salesiana di Battersea, vicino Londra.
Nonostante fosse nella sezione degli stranieri, ruppe ogni barriera e si sentì fratello tra tanti fratelli. Il suo vivace ingegno gli consentì di svolgere da solo il programma di quarta Ginnasio, così, l’anno successivo, poté frequentare la quinta al Sociale.
Desiderava partire per il noviziato salesiano in Inghilterra appena conseguita la licenza ginnasiale, ma la mamma, consigliata dal suo direttore spirituale, gli suggerì di terminare il liceo. Giorgio, con tono deciso, rispose: «Mammina, rispetto il tuo confessore, ma questo riguarda me e il mio confessore». La donna non insistette, mentre il papà provò un compromesso, suggerendogli di aspettare di compiere ventun anni. Altrettanto seriamente, il ragazzo ribatté: «Papà, ricordati che se tu non mi dai a Dio, Dio potrebbe prendermi».
Il 23 gennaio 1911, i coniugi Soubeyran celebrarono le loro nozze d’argento nella cappella delle suore Ausiliatrici delle Anime del Purgatorio, in corso Re Umberto 26, e si accostarono alla Comunione insieme ai tre figli. Tornati a casa, Giorgio esclamò: «Se ci avessero dato un milione non avrebbero potuto farmi un piacere tanto grande».
Sei giorni dopo, alle 22 di sabato 29, la mamma tardava a tornare da una commissione improvvisa: Giorgio, che pure aveva già accusato un senso di freddo, decise di andare a prenderla. Nella notte seguente, venne colto da fortissimi dolori.
La malattia peggiorava di giorno in giorno. Il 1 febbraio, a letto da tre giorni, raccomandò alle sorelle e ai suoi di andare alla festa per il diciottesimo compleanno di un’amica e di non pensare a lui. Al ritorno, gli consegnarono una rosa da parte della festeggiata: lui la regalò al suo medico curante, lì presente, chiedendogli di accettarla per sua moglie.
Il 2 febbraio, alle 4 del mattino, il medico dichiarò che Giorgio stava morendo di peritonite diffusa fulminante, con perforazione dell’intestino. Alcune ore dopo, il padre spirituale del Sociale, padre Borsalino, gli amministrò gli ultimi sacramenti, che ricevette serenamente. In quella circostanza, il ragazzo gli rivelò una decisione che aveva preso a Londra: voleva farsi Salesiano, ma temeva di offendere lui che era Gesuita. Lo stesso giorno, gli vennero consegnati l’attestato e la medaglia della Congregazione Mariana del Sociale.
Trasportato nella camera delle sorelle e posato sul letto di Etta, venne visitato dai compagni di scuola (che però non poterono vederlo, per non affaticarlo), dal Prefetto agli studi del Sociale, padre Jans, e da un’amica di famiglia. Suo padre, contemplandolo in quelle condizioni, esclamò: «O figlio mio diletto!». Con l’abituale umorismo, Giorgio commentò: «Papà, puoi ben dire di-letto: son cinque giorni che ci sono».
Alle 16 chiese a Etta di portargli il quaderno per ripassare i verbi greci, ma desistette perché non ci vedeva abbastanza; di lì a poco, cominciò la crisi definitiva. Alla mamma, che gli rispondeva che sarebbe durata forse un’ora, rispose: «Ebbene oggi soffro, ma domani non soffrirò più». Poco dopo, entrò in uno stato pre-agonico, che però non gli impedì di scherzare con la sorella Maria: credeva, infatti, che lei profumasse di mimosa, ma in realtà adoperava solo l’acqua di colonia. Inoltre, in casa non c’erano quei fiori. Così, accompagnato da quel profumo, Giorgio si addormentò e morì nel sonno alle 19.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2013-09-01

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