La casa come chiostro
Il 26 febbraio 1870 a Trino Vercellese (VC), da umile famiglia, nacque Maddalena Palazzo. Frequentò un anno di scuola elementare, poi rimase a casa ad accudire i fratellini più piccoli. Ancora bambina, era già giudiziosa, tutta preghiera e lavoro. A sei anni ricevette la 1ª Comunione dall’Arcivescovo di Vercelli: da quel giorno Gesù fu l’unico suo Amore, così la sua mamma diceva: «Abbiamo una santina in casa».
A 14 anni, tentò la vita religiosa tra le suore del Cottolengo, ma si ammalò e tornò a casa dopo pochi giorni. Illuminata da Gesù che le parlava al cuore, fece della sua casa il suo chiostro, della sua camera personale la sua “celletta” monastica. Vergine sorella nel mondo, per far vedere Gesù ai fratelli, senza allontanarsi da loro, ma tutta di Dio e di nessun altro.
Imparò cucito, ricamo, uncinetto. Iniziò a lavorare con una sorella per guadagnarsi di che vivere. Fino alla morte condurrà un’esistenza densa di lavoro e di preghiera, con piena libertà interiore, pronta a servire il suo prossimo. A Trino prese a frequentare «il bel S. Domenico», la chiesa dei Padri Domenicani: lì approfondì la sua conoscenza di Gesù, si innamorò a fondo di Lui, sognò di amarlo e di farlo amare. Conobbe l’avventura di S. Domenico di Guzman (1181-1221) che ai cristiani laici del suo tempo offrì di poter vivere la vita religiosa nel mondo, parlando con Dio nella preghiera e di Dio nella predicazione. Conobbe la storia singolare di S. Caterina da Siena la quale, neppur ventenne, era entrata nel Terz’Ordine Domenicano e, rimanendo in famiglia tra la gente, visse da vera religiosa.
Maddalena Palazzo – che tutti chiamavano Lena – entrò nel Terz’Ordine di Domenico il 13 ottobre 1889, a 19 anni, e cominciò a vivere nella sua casa come una religiosa, una consacrata nel mondo: la Messa e la Comunione ogni mattina, l’Ufficio della Madonna suddiviso lungo la giornata, il Rosario intero di 15 decine, la visita e l’adorazione a Gesù Eucaristico alla sera, la meditazione al mattino.
Predicatrice
Le sue giornate si riempirono di lavoro e furono santificate dalla preghiera appassionata e dalla presenza luminosa di Gesù. Traboccante di Lui, si fece apostola dei piccoli e dei giovani, serva dei più poveri. Prima di tutto, catechista, educò uomini e donne di fede, padri e madri di famiglia, davvero cristiani. Ed educò futuri sacerdoti. Un ragazzo di nome Andrea Gennaro che diventò Salesiano, dirà di Lena: «Bastava vederla per essere
sicuri che era santa».
A Trino c’erano anziani e malati, spesso bisognosi di aiuto. Lena, benché giovane, si dedicava anche a loro come una sorella per soccorrerli e assisterli. Così la sua vita: per anni, fino all’ultimo giorno. Anch’ella, come Caterina da Siena, come Angela Merici (1474-1540), come migliaia di altre donne meravigliose nella Chiesa, Lena fu la donna di un solo Amore – Gesù Cristo – e sorella e madre dei fratelli più bisognosi.
Le giovani che la vedevano si domandavano: «Perché quella è così?». Ella allora spiegava il suo “segreto”, il suo Amore, e quelle incontravano Gesù e vivevano con Lui in intimità: molte entreranno nel Terz’Ordine Domenicano, alcune si consacrarono a Dio in convento. Il nipotino Giovanni le domandava: «Tu, zia, Gesù lo vedi, vero?», Lena rispondeva: «Io gli parlo e Lui mi ascolta. Mi comprende». Giovannino diventò nell’Ordine di S. Domenico, Padre Benedetto Palazzo, e la zia lo accompagnò all’altare con Ie sue lettere e con preghiera ardente.
Mani di madre
Così sino alla morte che, giunta il 13 gennaio 1921, per Lena fu l’incontro radioso con Gesù Signore e Sposo. Il mondo d’oggi ha bisogno di creature così come Caterina da Siena... come Lena Palazzo, come quei giovani e ragazze che, nella confusione babelica del nostro tempo, anche oggi si consacrano a Gesù, vivendo nel mondo per irradiare Lui.
Anche tu, giovane e ragazza d’oggi, puoi essere così se ti apri a Gesù Cristo e comprendi che seguirlo, sino in fondo, senza trattenere nulla per te, amando Lui e il prossimo in offerta purissima, in dono totale, ti farà grande in modo singolare. Sarai anche tu padre o madre di una famiglia senza confini, non secondo la carne, ma secondo lo spirito. Ti capiterà come alla gentile protagonista del romanzo “Cani perduti senza collare” di G. Cesbron, tutta dedita a Gesù e ai ragazzi più soli: «Guardò le sue piccole mani nude, senza anello nuziale. ...Erano vuote, perché aveva dato tutto. E pure erano mani di madre».
Autore: Paolo Risso
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