Il beato era nato in Selvena (Grosseto) intorno al 1220 e aveva vissuto gran parte della sua vita nel convento del Colombaio, presso il paese di Seggiano. Questo convento venne fondato da San Francesco nel 1220 quando ritornava da Viterbo, dove era stato a fare visita al papa Onofrio III. Il beato Guido, si aggregò alla dottrina di San Francesco, trascorrendo una vita piena di mortificazione, di rinuncia, di abnegazione, di fame, per l'amore di tutte le creature, del prossimo e soprattutto dell'Altissimo Onnipotente Buon Signore.
Tutti gli agiografi e i cronisti francescani antichi hanno scritto del nostro beato, ma colui che si è occupato maggiormente di lui è senza altro il Wadding.
Dopo infatti aver dato inizio alla ricostruzione della sua vita, sulla scorta delle cronache e delle tradizioni scritte, esistenti presso i diversi conventi, e dopo averci avvertito che il Beato Guido, ancora novizio, «meritò di parlare dolcissimamente con Cristo», ce ne dà un più preciso resoconto ed una più vasta notizia.
E più in là, dopo aver detto come, trascorrendo il tirocinio in Siena, fu condotto, insieme ad altri giovani, alla presenza del Beato Pettinaio, perché tutti ascoltassero la sua parola sulle cose spirituali, narra lo svolgimento dei primi colloqui con il Bambino Gesù.
Per la sua grande devozione a Dio si narra, che quando il santo uomo era già carico di anni ed infermo, Dio stesso provvide a mandargli un gatto di un'affezione e di un'attaccatura singolari: ogni giorno, strappava al bosco un uccello, così che frate Francesco da Montalcino, lo cucinasse e lo presentasse così preparato al suo compagno. Era in quel tempo l'unico suo cibo. Il giorno stesso in cui il beato morì, anche il gatto spirò ai suoi piedi. La data della morte non è sicura, si può stabilire che sia avvenuta o il 21 aprile 1287 oppure nel 1288.
Nell'antichissima chiesa di Selvena, che sorgeva a ridosso della rocca aldobrandesea di Belvedere, che fu poi demolita nel 1788, non mancò la mano intelligente, che volle affrescare l'atto del trapasso, il momento più bello e più solenne per ogni santo,a ricordo dell'umile frate di San Francesco. Sotto al pulpito, c'era infatti una pittura di m. 1,20x0,80 con rappresentate quattro figure vestite da frate, due delle quali in atto di piangere, le altre due in piedi in atto di compassione e di osservazione verso il morto, certo beato Guido da Selvena. Sotto la pittura vi erano le seguenti parole: "B.Guidus Silvenae", di mano recente, mentre l'affresco fu stimato essere di circa due secoli indietro.
La gente di Selvena, pur non vantando tradizioni di attaccamento liturgico nei confronti del loro Beato, lo rispetta e mantiene una certa venerazione. Sino a trenta, quaranta anni fa, era consuetudine, visitare il 4 o 5 dicembre, la zona in cui sorgeva la Chiesa di S. Bernardino del Colombaio, dove secondo il Gigli, il suo corpo sarebbe stato sepolto. Non si hanno testimonianze di miracoli e di grazie ricevute, anche se, i minatori che un tempo esistevano numerosi nella zona, non mancavano di osservare il pellegrinaggio annuale e di raccomandare la loro incolumità anche al Beato Guido.
Autore: Stefano Fontani - Paolo Pisani
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