Guglielmo è un cristiano dalla fede limpida e dalla schiena diritta. A Crevillent (provincia di Alicante, Spagna) lo conoscono così e, come tale, una parte dei concittadini lo rispetta e un’altra lo teme. Tra quelli che lo rispettano, o meglio ancora lo amano, ci sono sicuramente i poveracci e i disoccupati della città. Tutti sanno, infatti, che sostando alla porta di casa sua ogni mattina, quando ritorna con la famiglia da messa, si può ottenere una buona elemosina che permette a molti nullatenenti, per un altro giorno almeno, di tirare avanti. E non è cosa poco, nel clima di povertà dilagante in quel delicato momento della vita spagnola che sfocerà poi nella guerra civile. Per i disoccupati, poi, l’ingegner Guglielmo è la provvidenza in persona: per dare lavoro al maggior numero e per non lasciarli impigrire nell’ozio, si è inventato le cooperative in cui si realizzano semplici calzature, cioè un lavoro semplice e con materiale povero, alla portata di tutti. Altri disoccupati riesce poi ad impiegare nei vari cantieri per la costruzione dei tratti di ferrovia che progetta e dirige. Suoi momenti di svago sono le passeggiate in montagna, con gruppi di coetanei e anche di ragazzi, che lui trasforma in altrettante occasioni di evangelizzazione, di confronto, di preghiera. Grazie a tutto ciò, ma soprattutto in virtù della sua fede salda e adamantina, acquista un’autorevolezza in città, che gli permette anche di prendere posizione su due problematiche che per i praticanti (e per lui in particolare) sono in quegli anni turbolenti un’autentica spina nel fianco: la situazione politica, che si va attestando su posizioni sempre più marcate di un “ateismo di stato” e che di fatto di concretizzano in vere e proprie persecuzioni nei confronti dei cattolici, e l’abolizione dell’insegnamento religioso nelle scuole. Nel clima politico egli, che non ha mai aderito ad alcun partito, si vede costretto a scegliere il “male minore”, offrendo sostegno a quei partiti che si fanno garanti della libertà religiosa. Sul fronte scolastico è ancora più determinato, arrivando a fondare e sostenere una scuola privata in cui si garantisca agli alunni anche l’insegnamento religioso. Dato che il coraggio non gli manca, non ha paura a farsi vedere in processione a reggere il baldacchino; il giorno poi in cui le autorità vietano la processione del Corpus Domini, dal balcone di casa sua fa sventolare uno striscione inneggiante a Cristo Re. Sembra sia soprattutto quest’ultimo episodio a decretare la sua fine, ma forse altro non è che la classica goccia che fa traboccare il vaso: l’ingegnere già da tempo ha colmato ogni misura con le sue iniziative a sostegno della povera gente e della religione. Viene arrestato con l’accusa di ribellione e di tradimento e giudicato per direttissima dal Tribunale Popolare: contro di lui una montagna di false accuse, tra cui figura, oltre allo striscione religioso dal balcone di casa, soprattutto una presunta detenzione di armi, sostenuta da falsi testimoni che neppure riescono a mettersi d’accordo tra loro. Inutilmente l’avvocato difensore contesta la discordanza e la palese falsità dei testimoni, il che chiaramente dimostra che la sua condanna è già stata scritta da tempo. Per lui e gli altri sei compaesani, sotto processo per cospirazione e attentato all’ordine pubblico, viene emessa la condanna di morte mediante fucilazione. Riportato in carcere, utilizza i giorni che lo separano dall’esecuzione per prepararsi alla morte, pensando come sempre anche agli altri. Significativa la conversione in extremis di un compagno di prigionia, sempre dichiaratosi miscredente, che toccato dal suo esempio e dalla sua serenità si riavvicina alla fede e davanti al plotone di esecuzione ha il coraggio di gridare “Viva Cristo re”. Guglielmo (Guillermo Magro Espinosa) viene giustiziato il 30 settembre, esattamente trenta giorni dopo il parroco, Juan Bautista Mas Candela, prima orribilmente torturato, mentre due mesi dopo il sacrestano del paese Pascual Martínez Heredia verrà sepolto vivo nel cimitero di Crevillent. Ora i resti dei tre martiri riposano nella chiesa parrocchiale di Crevillent, in attesa che la Chiesa riconosca ufficialmente il loro martirio e li proclami beati.
Autore: Gianpiero Pettiti
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