Un prete unico, e per chi l’ha conosciuto indimenticabile. 1945: finita la guerra Don Corrado Fioravanti, nato a Montorio Romano nell’aprile 1919, ha 26 anni, è stato partigiano, ha partecipato alla nascita della Dc, ha conosciuto da vicino De Gasperi e Andreotti, da poco è prete e a Roma cerca la sua strada. Mons. Montini, allora in Segreteria di Stato, lo incoraggia a raccogliere i ragazzi orfani e figli di nessuno: Roma ne è piena.
Lui comincia dalle parti di San Paolo, accanto al Tevere, in baracche di lamiera e legno, instancabile, ma presto si ammala ai polmoni ed è ricoverato al Santo Spirito, dalle parti di San Pietro. Fa freddo e i ragazzi sulle rive del fiume sono soli. La sua stanza all’ospedale Santo Spirito è d’angolo, al primo piano, e sotto la finestra c’è – anche oggi – una fontana con una serie di lastre di travertino sporgenti, come una scala.
Lui a sera apre la finestra e la stanza si riempie di ragazzi, anche una ventina: dormono al caldo e via all’alba, dalla stessa finestra. E’ l’inizio di una vita avventurosa: tutto per gli altri, ma elettrico, inquieto, la lingua mai a freno, capace di parole dolci e invettive feroci contro i potenti e prepotenti, politici e ricconi, che in quegli anni iniziavano quello che fu detto “saccheggio” di Roma e dei suoi terreni per speculazioni e traffici.
Lui è tra quelli che per primi protestano, ed è allontanato da Roma. Va qualche tempo a Nomadelfia, accolto da un altro notissimo prete che inquieta i benpensanti, Don Zeno Saltini. Torna a Roma attorno al 1964, anche perché il suo amico “Don Battista” ora è Papa con il nome di Paolo VI, e per qualche tempo è quasi canonico a San Giovanni in Laterano, per l’esattezza col titolo ufficiale di “beneficiato” lateranense” ma non resiste: non sopporta – e lo dice – certi ecclesiastici tutti sussiego e distacco dalla gente…Torna a Milano, accompagnato dalla raccomandazione di Paolo VI al suo successore, cardinale Giovanni Colombo, che tuttavia è molto diverso da ambedue…Lui provvede da solo e mette su, sempre con i suoi ragazzi, anche una fabbrica di aceto e tante altre cose. Fonda cooperative e case di accoglienza: pensa a drogati e ex carcerati.
Per un caso il 12 dicembre 1969 è nel salone della Banca dell’Agricoltura, a Piazza Fontana, per depositare i soldi della cooperativa dell’aceto, quando esplode la bomba che fa strage: lo salva una colonna, e con la veste a brandelli si trova ad assolvere i morenti…Non cambia più: tutta la vita con gli ultimi e in nome di Gesù di Nazaret, con peripezie molteplici: nonostante la salute in bilico – ha un rene solo, supera un infarto e un tentativo di omicidio da parte di qualcuno che non gli perdona le sue imprese di carità verso gli ultimi – inventa fabbriche e cooperative a Pioltello e Cinisello Balsamo, fonda un Movimento, “Fraternità” e alla fine una “Università del Lavoro”, collabora per qualche tempo anche con le nuove “Leghe”, ma rompe presto con clamore polemico.
Battaglie di carta e di sopravvivenza per i suoi poveri, sequestri di locali, multe e processi: sempre in prima fila, sempre sudato, sempre inquieto, sopportato da certi Superiori, sfrattato ed anche emarginato, amatissimo da tanti, sensibile fino alle lacrime e ruvido fino alle invettive, dolcissimo e indisponente. Muore in ospedale dopo un’operazione disperata il 17 giugno 1998. Unico, forse, ma anche testimone di un amore di Dio che arriva ovunque, anche dove nessuno penserebbe: la fantasia di Cristo incarnata dai suoi, e in particolare dai preti. Certo è stato uno in cui l’odore delle pecore era fortissimo, talora al punto da non averne altro…Domanda: riposa in pace, Don Corrado, o anche in Paradiso farà lo sbarazzino? Quando ci andremo, lo scopriremo: lui si riconosce subito…
Autore: Gianni Gennari
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