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Vassy, Francia, 20 settembre 1803 – Saenamteo, Corea del Sud, 21 settembre 1839
Pierre Philbert Maubant fu un sacerdote dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi. Dopo due anni di ministero in patria, entrò nel Seminario delle Missioni Estere e fu destinato in Cina, ma, col permesso dei superiori, cambiò destinazione, per accompagnare il Vicario Apostolico di Corea. Rimasto da solo, intraprese l’attività missionaria, affiancato in seguito dal confratello padre Jacques Chastan e dal nuovo Vicario di Corea, monsignor Laurent Imbert. A seguito dell’arresto di quest’ultimo e dei suoi numerosi appelli a consegnarsi alle autorità, per evitare la dispersione del loro gregge, i padri Maubant e Chastan obbedirono. Uniti al loro Vescovo, subirono il martirio per decapitazione il 21 settembre 1839. Beatificati il 5 maggio 1925, vennero canonizzati il 6 maggio 1984, nel gruppo dei 102 Martiri Coreani.
Martirologio Romano: Presso Sai-Nam-Hte in Corea, passione dei santi martiri Lorenzo Imbert, vescovo, Pietro Maubant e Giacomo Chastan, sacerdoti della Società per le Missioni Estere di Parigi, che per salvare la vita di altri cristiani si consegnarono ai soldati e furono trafitti con la spada.
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Pierre-Philbert Maubant nacque il 20 settembre 1803 nel villaggio di Vautirel, presso Vassy in Normandia, insieme alla sorella gemella Émélie, detta Mélie. Era l’unico figlio maschio, preceduto da Marie Catherine, Rose Françoise, Victoire, Marie Anne Catherine (queste ultime due morte all’età di cinque anni) e seguito, dopo la gemella, da una bambina nata morta. Ricevette il Battesimo lo stesso giorno della nascita, presso la chiesa di Vassy.
Orientato e preparato al sacerdozio dall’abbé Maupas, parroco di Vassy dal 1815 al 1865, compì i suoi studi secondari a Vire. Dopo aver studiato Filosofia e Teologia nel Seminario Maggiore di Bayeux, venne ordinato sacerdote il 13 giugno 1829.
La sua prima destinazione fu una località dal nome poco incoraggiante: Le Désèrt, di poco più di cento abitanti, con un unico sacerdote ormai anziano e quasi cieco. Incontrò alcune difficoltà e vi restò appena un anno, trasferendosi poi a Champ-du-Boult, dove si occupò di millequattrocentoottantanove anime.
Dopo aver saputo della fondazione dell’Opera per la Propagazione della Fede, nata in Francia nel 1822, l’impiantò in parrocchia. Tuttavia alcuni, che avevano aderito alle idee della rivoluzione del 1830, erano in palese disaccordo con lui e arrivarono perfino a far ricorso al sindaco. La polemica si chiuse il 2 agosto 1834, ma nel frattempo padre Maubant aveva preso una nuova strada: era entrato nel Seminario delle Missioni Estere di Parigi, a Rue du Bac.
Inizialmente, era stato inviato missionario in Cina, destinato alla regione del Sichuan. L’incontro con monsignor Barthélémy Bruguière, nominato Vicario Apostolico di Corea, gli fece cambiare idea: ottenuto il permesso dei superiori, decise di accompagnarlo per quanto possibile. Ma penetrare in quel Paese dopo aver attraversato la Tartaria (odierna Mongolia) risultò complicato, quindi decisero di separarsi.
Nel novembre 1835, proprio alla frontiera, monsignor Bruguière morì. Rimasto davvero solo, padre Maubant adottò uno stratagemma che gli servì anche in seguito: indossò un grande mantello e un cappello a tesa larga, il tipico abbigliamento coreano per un vedovo. Secondo l’usanza, nessuno doveva parlare con una persone vestita a lutto, per rispettare il suo dolore: in tal modo lui, che conosceva appena il cinese, non poteva incontrare incomprensioni linguistiche e neppure venire interrogato.
Iniziò quindi i suoi primi contatti coi più di seimila cristiani coreani, che da lungo attendevano un sacerdote. Dato che doveva ancora imparare la lingua del posto, per confessare le persone doveva farsi tradurre per iscritto o a voce la loro accusa dei peccati.
Dopo Pasqua arrivò, dalla diocesi di Digne, padre Jacques-Honoré Chastan, anche lui delle Missioni Estere, seguito, sul finire del 1837, dal nuovo Vicario di Corea, monsignor Laurent Imbert, proveniente dalla diocesi di Aix-en-Provence. Mediante il loro intenso lavoro e nonostante le minacce di persecuzioni, il novero dei cristiani toccò cifre inattese: novemila fedeli, tremila in più nel giro di tre anni.
L’impegno di padre Maubant fu incentrato anche sulla ricerca di vocazioni al sacerdozio, con la speranza di formare un clero autoctono. Due sono i casi più noti: Andrea Kim Taegon, del quale disse: «Quel ragazzo mi sembrò essere un eletto da Dio» e fu, in effetti, il primo sacerdote di nazionalità coreana. L’altro caso fu quello di Tommaso Yang-up, figlio di Francesco Ch’oe Kyong-hwan, catechista (e martire nella persecuzione del 1839), che acconsentì volentieri alla partenza per Macao del suo unico figlio maschio.
Improvvisamente, nella notte tra il 10 e l’11 agosto 1839, monsignor Imbert venne arrestato. Un suo collaboratore, Andrea Chong Hwagyŏng, aveva ingenuamente dato retta a un delatore, Kim Yo-sang, il quale gli aveva riferito che le autorità avevano deciso di accettare il cattolicesimo come religione e di farsi battezzare. Andrea, tenute a distanza le guardie, corse dal vescovo e gli riferì quanto aveva appreso: lui, intuito che si trattava di una trappola, si dispose a farsi catturare.
Se in un primo tempo monsignor Imbert fu persuaso di dover difendere i missionari, di fronte all’orrore della prigione e alle torture che subivano alcuni suoi collaboratori laici, si vide costretto a ordinare l’estrema ubbidienza ai suoi sacerdoti: consegnarsi alle autorità.
Il 23 agosto, padre Maubant ricevette un secondo messaggio dal vescovo: «Bonus pastor ponit animam suam pro ovibus suis. Si nondum estis profecti per cymbam, venite cum misso Son Kie Tsong» («Il buon pastore dà la vita per le sue pecore. Se non siete ancora partiti in barca, venite con l’inviato Son Kie Tsong»).
Nella notte tra il 5 e il 6 settembre, venne raggiunto da padre Chastan, insieme ad un ultimo appello: «In extremis bonus pastor dat vitam pro ovibus; unde si non-dum profecti estis, venite cum præfecto Son Kie Tsong, sed nullus christianus vos sequatur» («In casi disperati, il buon pastore dà la vita per le pecore: dunque, se non siete ancora partiti, venite col mandarino Son Kie Tsong, ma nessun cristiano vi segua»).
Padre Maubant, a quel punto, scrisse numerose lettere, di cui una con destinatari multipli: la sua famiglia, i suoi confratelli e il parroco di Vassy. Consapevole di ciò che l’aspettava, scrisse: «Andiamo a una festa troppo grande perché ci sia permesso di lasciar entrare nei nostri cuori sentimenti di tristezza».
Alcuni giorni più tardi, tutti e tre comparvero insieme di fronte al giudice e vennero interrogati per tre giorni, allo scopo di sapere i nomi e i nascondigli dei loro convertiti. Dato che le torture non li abbattevano, vennero condotti in un’altra prigione e, infine, condannati alla decapitazione.
L’esecuzione avvenne il 21 settembre 1839 a Saenamteo (o Sai-Nam-Hte), non lontano da Seul. I due sacerdoti avevano trentasei anni, il vescovo quarantasette. I loro corpi rimasero esposti per tre giorni; in seguito, vennero seppelliti alla meglio nella sabbia del luogo dell’esecuzione.
Verso la metà di ottobre, vennero portati via da alcuni cristiani e seppelliti sul monte Nogu, dove venivano posti quelli che non avevano delle proprietà. Più tardi, per evitare che venissero confusi tra migliaia di altre tombe, vennero traslati sul monte Samseongsan, che significa “dei tre santi”, denominazione che esisteva già da prima del diciottesimo secolo.
Il 21 ottobre 1901, la tomba fu aperta, ma i resti del vescovo Imbert erano confusi con quelli di Maubant e Chastan. Portati al seminario di Ryong-san, vennero traslati definitivamente, il 2 novembre 1901, presso la Cattedrale di Seul, nella cui cripta sono stati collocati dal maggio 1903.
Padre Pierre Maubant e i suoi compagni vennero inclusi nei settantanove cristiani beatificati il 9 maggio 1925 e nei centodue canonizzati da papa Giovanni Paolo II il 6 maggio 1984, in piazza Youido a Seul, nell’ambito del viaggio apostolico in Corea, Papua Nuova Guinea, Isole Salomone e Thailandia.
La parrocchia natale di san Pierre Maubant lo ricorda ogni anno il 22 settembre e custodisce, oltre a una sua statua, una sua insigne reliquia, esposta annualmente nel giorno della sua festa.
Autore: Emilia Flocchini
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