Un’Asburgo Regina di Francia
La breve vita di Maria Antonietta d’Austria, Regina di Francia, nata a Vienna, il 2 novembre 1755 e ghigliottinata, a Parigi il 16 ottobre 1793, si dipana infatti in tre atti: l’infanzia imperiale a Vienna, gli anni felici di Versailles e la tragedia finale nelle prigioni del Tempio e della Conciergerie.
Ultima figlia dell’Imperatrice Maria Teresa d’Asburgo e di Francesco I di Lorena, educata alla rigida corte imperiale, allieva di maestri come il grande compositore Christoph Willibald Gluck, viene raffigurata ancora adolescente, attenta e aggraziata al clavicembalo, dal pittore boemo Franz Xaver Wagenschön.
Un altro noto artista dell’epoca, Joseph Ducreux, ce ne offre il primo ritratto ufficiale: il viso allungato, gli occhi celesti, la parrucca che la invecchia e che contrasta con il colorito fresco e roseo delle sue gote. La giovane arciduchessa d’Austria sposa a Versailles il 16 maggio 1770 l’erede al Trono di Francia, Luigi di Borbone, poi Re con il nome di Luigi XVI.
Il matrimonio era stato voluto dalla madre Maria Teresa, per rinsaldare l’alleanza politica tra le due grandi nazioni tradizionalmente rivali. Un quadro di Anton von Maron del 1773 ritrae Maria Teresa vestita a lutto, imponente, volitiva, perfettamente consapevole del suo ruolo di Imperatrice e di madre. «La sola vera felicità in questo mondo è un matrimonio felice», scrive la sovrana alla figlia il 4 maggio 1770, dieci giorni prima delle nozze.
Maria Antonietta sale al trono il 10 maggio 1774, ma mette al mondo il primo erede solo dopo 4 anni. Il volto di Luigi XVI in tutti i ritratti dell’epoca appare mite, sorridente, ma melanconico, quasi presago del suo destino.
Il sovrano offre alla moglie nel 1774 il “Petit Trianon”, un piccolo palazzo a Versailles, che diviene luogo di svaghi e di vita ingenuamente pastorale. Tra gli innumerevoli dipinti che ritraggono Maria Antonietta, quelli da lei più amati sono di Elisabeth Louise Vigée Le Brun, che la raffigura spesso in tenuta campestre o con una rosa in mano. Si tratta di una fuga dalla realtà che non può evitare la tragedia che avanza.
A corte esiste un partito anti-austriaco che affibbia a Maria Antonietta il nomignolo di Madame Deficit, Madame Veto o, più semplicemente, “l’austriaca”. La Francia, secondo la nota formula dello storico Pierre Gaxotte, è un Paese ricco con uno Stato povero. La causa della crisi finanziaria della Corona non è la fame del popolo, ma la cattiva gestione degli affari del Regno.
I giorni della tragedia
Sotto la spinta della situazione economica che si aggrava si aprono nel 1789 gli Stati Generali. La presa della Bastiglia, il 14 luglio, segna emblematicamente l’avvio della Rivoluzione, ma la data che suggella la sorte della famiglia reale è quella del 5 e del 6 ottobre, quando la folla invade il palazzo di Versailles e costringe i sovrani e la Corte a trasferirsi al castello delle Tuileries, nel cuore di Parigi, sotto il diretto controllo degli agitatori.
In quella stessa notte l’amica Elisabeth Vigée Le Brun abbandona la capitale, lasciandosi alle spalle il marito, i quadri, il successo. Avrebbe continuato a dipingere in tutte le Corti d’Europa, rifiutandosi di leggere i giornali per non sapere quali dei suoi amici erano stati ghigliottinati. Gli eventi si succedono ormai con una dinamica inarrestabile.
Il 10 agosto 1792 i sanculotti invadono le Tuileries e sfilano davanti alla Regina, insultandola. Il 13 agosto la famiglia reale è trasferita nella prigione del Tempio. I giacobini di Parigi chiedono che “si ponga il Terrore all’ordine del giorno” e chiedono la testa dei sovrani.
Il 3 settembre sotto le finestre della Regina viene issata su di una picca la testa di una delle sue amiche più intime, la principessa di Lamballe. Poco dopo inizia il processo a Luigi XVI, che viene condannato a morte e ghigliottinato il 21 gennaio 1793. Nell’agosto di quell’anno la Regina, con i figli, lascia il Tempio per la nuova prigione della Conciergerie, dove passerà le ultime settimane della sua vita.
Non volle vendetta
Il processo farsa davanti al Tribunale rivoluzionario, il 14 e il 16 ottobre 1793, la vede vittima di accuse infamanti. Edmund Burke, in quello che è forse il passo più celebre delle Riflessioni sulla Rivoluzione francese (1791) scrive: «Nella mia immaginazione vedevo diecimila spade levarsi subitamente dalle loro guaine a vendicare fors’anche uno sguardo che la minacciasse d’insulto: ma l’età della cavalleria è finita, spodestata da quella dei sofisti, degli economisti e dei contabili: e con essa estinta giace per sempre la gloria d’Europa».
L’ultima immagine della Regina è di un altro pittore celebre, Jacques-Louis David. Si tratta di uno schizzo tratteggiato a penna che la raffigura mentre viene portata al patibolo, le mani legate dietro la schiena, i capelli che spuntano sotto la cuffia.
Nella mostra è stata esposta, accanto al suo libro di preghiere, dove si leggono queste parole di Maria Antonietta, scritte all’alba del 16 ottobre, a Madame Elisabeth, sorella di Luigi XVI, poche ore prima di essere condotta al supplizio: «Che mio figlio non dimentichi mai le ultime parole di suo padre, che gli ripeto espressamente: che non cerchi mai di vendicare la nostra morte».
Un’immagine del pittore inglese William Hamilton raffigura Maria Antonietta con un vestito bianco immacolato, mentre esce dalla Conciergerie, circondata dalle “tricoteuses”, che chiedono nuovo sangue alla Rivoluzione.
Henry Sanson, figlio del boia di Parigi, racconta nelle sue Memorie che ella salì i gradini della ghigliottina con sorprendente maestà, come se fossero stati quelli della grande scala di Versailles.
Simbolo della regalità cristiana
L’Esposizione del Grand Palais ha fatto seguito al film di Sofia Coppola Marie Antoniette (2006), che ricalca l’ultima biografia a lei dedicata, quella di Antonia Fraser, La solitudine di una regina (Mondadori, Milano 2001).
Migliori, e non tradotte in italiano, sono La Chère Marie Antoniette (1988) di Jean Chalon e Marie Antoniette l’insoumise (2002) di Simone Bertière, due opere recenti che fanno giustizia dei clichés in cui la giovane sovrana è rappresentata come donna leggera e intrigante.
Molto si è scritto sulla frivolezza di Maria Antonietta, poco della sua pietà. Eppure lo spirito religioso della Regina che emerge negli ultimi giorni affonda le sue radici in un’educazione e in una concezione del mondo antitetica a quella illuministica.
La Rivoluzione Francese volle colpire in Luigi XVI e Maria Antonietta non i cattivi sovrani, ma i simboli stessi della regalità cristiana. Ciò appare evidente soprattutto nella morte di Maria Antonietta, che non era colpevole di nessun crimine se non quello di incarnare una grazia aristocratica incompatibile con l’egualitarismo rivoluzionario.
L’epiteto di martire, che Pio VI attribuì a Luigi XVI, con l’allocuzione Quare lacrymae del 17 giugno 1793, fu esteso alla Regina più controversa e calunniata, ma anche più amata, e persino venerata, della storia.
Autore: Giulio Ginnetti
Fonte:
|
|
Radici Cristiane, n.37 - ago/set 2008
|
|