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Searby, Regno Unito, circa 1572 – Tyburn, Londra, 27 febbraio 1601
Mark Barkworth nacque nel Lincolnshire, all’epoca della regina Elisabetta I, e frequentò l’università di Oxford. Dopo essersi convertito al cattolicesimo, studiò a Roma e al Real Collegio di Sant’Albano a Valladolid ed entrò nell’Ordine di San Benedetto come Oblato. Condannato a morte, venne impiccato e squartato a Londra il 27 febbraio 1601, prima del suo compagno di prigionia, il gesuita padre Roger Filcock. È stato beatificato da papa Pio XI il 15 dicembre 1929.
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, sant’Anna Line, vedova e martire, che, morto il marito in esilio per la fede cattolica, procurò in questa città una casa ai sacerdoti e per questo, sotto la regina Elisabetta I, a Tyburn fu impiccata. Insieme a lei patirono anche i beati sacerdoti e martiri Marco Barkworth, dell’Ordine di San Benedetto, e Ruggero Filcock, della Compagnia di Gesù, dilaniati con la spada mentre erano ancora vivi.
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Mark Barkworth nacque nel 1572 circa a Searby, nel Lincolnshire. Studiò per un periodo a Oxford, anche se non rimangono notizie della sua permanenza lì. Venne accolto nella Chiesa cattolica a Douai nel 1593 da parte di un gesuita fiammingo, padre George, ed entrò nel Collegio locale, dove i candidati al sacerdozio inglesi studiavano per tornare come missionari in patria.
A causa di un’epidemia di peste, venne inviato a Roma nel 1596 e da lì al Real Collegio di Sant’Albano a Valladolid, in Spagna, dove entrò il 28 dicembre 1596. Si racconta che, mentre era in viaggio, ebbe una visione di san Benedetto da Norcia, che gli profetizzò che sarebbe morto martire con l’abito benedettino.
Ordinato sacerdote nel Collegio prima del luglio 1599, tornò come missionario in Inghilterra, insieme a padre Thomas Garnet. Lungo il cammino soggiornò presso il monastero benedettino di Hyrache in Navarra, dove il suo desiderio di aggregarsi all’Ordine venne realizzato: divenne un Oblato benedettino, ottenendo il privilegio di emettere la propria professione al momento della morte.
Sfuggito agli Ugonotti, venne arrestato mentre raggiungeva il suo paese natale e gettato nel carcere di Newgate, dove rimase per sei mesi; di lì venne trasferito alla prigione di Bridewell. In quel luogo, scrisse un appello a Robert Cecil, firmandosi «George Barkworth».
Durante gli interrogatori, si comportò in maniera coraggiosa e lieta. Condannato con un verdetto formale, venne imprigionato nel cosiddetto “Limbo” di Newgate, ossia la prigione sotterranea. Anche lì rimase allegro, fino al momento dell’esecuzione. In prigione incontrò il gesuita Roger Filcock, che era stato suo compagno di studi a Valladolid.
La loro esecuzione fu fissata per il 27 febbraio 1601 a Londra, nel famigerato Tyburn. Lungo la strada, Barkworth intonò in latino il Salmo del giorno di Pasqua: «Questo è il giorno che ha fatto il Signore: rallegriamoci in esso ed esultiamo»; padre Filcock lo seguì nel canto.
Quando arrivò al patibolo, omaggiò insieme al gesuita il coraggio di Anne Line, un tempo sua penitente, martirizzata perché aveva accolto numerosi sacerdoti in appositi rifugi. Poi, rivolgendosi alla folla, disse: «Sono venuto qui per morire da cattolico, sacerdote e religioso, appartenente all’Ordine di San Benedetto; fu per mezzo di questo stesso ordine che l’Inghilterra venne convertita». Addosso portava l’abito benedettino, sotto il quale aveva un cilicio in forma di camicia di pelo.
Quando il suo corpo venne preso e squartato, si notò che le sue ginocchia, al pari di quelle di san Giacomo il Minore, erano incallite per l’assidua preghiera. Un apprendista presente tra la folla, nel prendere in mano le gambe dopo lo squartamento, gridò: «Chi di voi predicatori può mostrare un ginocchio simile?». Contrariamente all’uso consueto, i resti dei sacerdoti non vennero esposti, bensì seppelliti presso il patibolo; più tardi, alcuni cattolici li prelevarono.
L’8 dicembre 1929 venne promulgato il decreto sul martirio di padre Mark Barkworth e di altri centocinque martiri inglesi, seguito dalla beatificazione una settimana dopo, ad opera di papa Pio XI, il 15 dicembre.
Autore: Emilia Flocchini
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