Donna laboriosa, chiamata dai vescovi leccesi “Pia mulier”, Maria Manca visse tra passioni e afflizioni, malattie e anche ossessioni. Riuscì però a superare prove e tribolazioni col sostegno della fede, anzi esse furono motivo per avvicinarsi sempre più a Dio. Quanti la conobbero ne testimoniarono virtù e opere, alcuni ne scrissero la biografia. In particolare Mauro Paticchio si avvalse di “alcuni manoscritti e zibaldoni pervenuti nelle [mie] mani, formati parte dal suo direttore e parte altresì da uomini saggi e degni di tutta fede, che ebbero la lieta e gioconda sorte di vivere in tempo di Maria ed essere anche consapevoli e felicissimi spettatori di tutto il bello da essa lei operato”.
Maria nacque a Squinzano, poco distante da Lecce, nel 1571. I suoi genitori, Antonio e Margherita, di buona estrazione sociale, le trasmisero una fede profonda. Era una “fanciulla tutta bontà e tutta gioia”, amava la vita ritirata, costruire piccoli altarini e cantare lodi sacre. Sostava a lungo in chiesa, distinguendosi per l’attenzione che aveva verso il prossimo. Si privava perfino della colazione per darla ai poveri. Ancora adolescente pianse la morte del papà e la madre, per paura di lasciarla sola, la convinse a sposarsi con un ricco giovane del paese, Teodoro Manca. Anche da sposa dette prova di singolare bontà, ebbe due figli che educò cristianamente. Ma l’ora della prova non era lontana, in poco tempo morì la madre e dopo quattro anni appena di matrimonio rimase vedova. Pensò allora che doveva essere “tutta di Gesù Cristo”, ma poi cedette alle insistenze di un uomo di Soleto, Lupo Crisostomo, e convolò a seconde nozze. Era appena ventiquattrenne, a soli due giorni dal matrimonio morì il figlio Antonio. Maria cadde in una cupa depressione e si sentì posseduta dal demonio. Si fece più volte esorcizzare nella chiesa greca di Lecce dall’arcivescovo Spina. Rispondeva in latino, lingua a lei ignota. Il presule poi la visitò anche a Squinzano.
Maria nel frattempo ebbe altri figli, ma nel 1616 perse pure il secondo marito. Nonostante queste terribili sofferenze, sopportò tutto con pazienza e umiltà. Tali esemplari virtù fecero sì che i concittadini iniziassero a chiamarla “la Santa”. Si distingueva per lo spirito di preghiera, suoi patroni erano S. Elisabetta, S. Francesco Saverio, S. Antonio di Padova, le anime del Purgatorio e in modo speciale la Madonna che invocava dicendo: “Vergine cara, liberatemi da questi maligni spiriti, se è volontà del vostro figliuolo, altrimenti fategli restare per sempre in questo mio corpo ch’io son contenta”.
La Madonna accolse la sua preghiera, era il 21 ottobre 1618. Mentre si trovava in un suo podere per raccogliere le olive, Maria vide una giovane donna “dai capelli increspati con fili d'oro”, la quale porgendole un garofano rosso disse che doveva offrirlo, il giorno seguente, a suo Figlio presso l'immagine del SS. Crocefisso della Pietà di Galàtone. Maria vide piegarsi gli ulivi al passaggio della Santissima Vergine, mentre il garofano rimase tra le sue mani. Il giorno seguente percorse in devoto raccoglimento quaranta chilometri per raggiungere Galàtone e già all’altezza di Copertino vinse contro il demonio una prima battaglia. Giunta davanti al Crocifisso, offrì il garofano e ottenne la liberazione. Si sentì un odore persistente e il disegno del fiore rimase impresso nella sua mano. Il Crocifisso di Galàtone - dipinto da un anonimo pittore all’inizio del XIV secolo sul muro di una stalla, ma divenuto in poco tempo oggetto di culto - tre anni più tardi, la sera del 2 luglio 1621, fu protagonista, davanti ad alcuni pellegrini, di un fatto straordinario. Videro Cristo spostare con la mano sinistra il velo della nicchia e guardare intensamente i fedeli che sbalorditi si avvicinarono. Scoprirono così che Cristo non aveva più le mani davanti, come era stato dipinto, ma stavano dietro le spalle. Il miracolo ebbe vasta eco, confermato, tra gli altri, da un pittore che pochi giorni prima aveva a lungo osservato l’affresco per farne una copia.
Maria volle che il suo ringraziamento per l’avvenuta guarigione fosse tangibile. Decise così di promuovere la costruzione, nella sua Squinzano, di una Chiesa dedicata all’Annunziata. Diede l’incarico al noto costruttore Marcello Ricciardi che mise mano all’opera il 12 novembre 1618. Tutta la popolazione prese parte alla posa della prima pietra, fatta dall’arciprete Alessandro Agostini. Un primo progetto risultò modesto e la Manca, dopo aver nuovamente visto in sogno la Madonna, diede disposizioni precise su come il tempio doveva essere eretto. Anche durante i lavori si verificarono diversi prodigi: un giorno mancò l’acqua, ma poi scaturì copiosa per le preghiere di Maria. Portate a termine le fondamenta, venne a mancare il denaro, tanto che si licenziarono le maestranze, ma la donna insistette a far proseguire i lavori e la fiducia venne premiata perché grazie ad un anziano giunse una grossa somma di denaro. Erano in molti a fare offerte a seguito di grazie ricevute. Maria, infaticabile, chiedeva denaro anche ai passanti e nei paesi vicini, accettando, all’occorrenza, materiale da costruzione. La tradizione tramanda un altro aneddoto: per la realizzazione delle porte si rivolse ad una persona, cui chiese in dono due bellissimi pini, ma questi rifiutò. Durante la notte un violento temporale sradicò gli alberi, tanto che poi l’uomo gliene fece omaggio. Ancora: un giorno un muratore cadde dall’alto della facciata, fu soccorso, ma non dava segni di vita. Maria accorse subito e invece constatò che l’uomo era in salute. Del fatto si parlò in tutto il paese. La costruzione, elegante esempio di barocco leccese, fu ultimata nel 1627.
Nel 1625 fu inaugurato a Squinzano il convento dei Frati Minori Riformati, presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie, su interessamento del signore del luogo Giovanni Enriquez. In quegli anni, inoltre, passò da Squinzano san Giuseppe da Copertino - tra il 1628 e il 1638 abitava presso il convento della Grottella – e celebrò la Messa all’Annunziata durante la quale ebbe una delle sue estasi.
L’infaticabile Maria Manca si prodigò perché anche l’interno della chiesa fosse degno della Madre di Dio e non mancarono nuovi fatti straordinari. Uno interessò i coniugi Lisgara di Lecce, di cui si conserva memoria manoscritta nel messale che poi donarono. La moglie, venuta a conoscenza della “santità” di Maria, si rivolse a lei per essere liberata da dolori acuti. Maria non solo la “liberò” dal male, ma predisse la nascita di un figlio che sarebbe stato un gran servo di Dio. Fece questa predizione nell’ottobre del 1666 e dopo dieci anni di sterilità la donna partorì felicemente l’11 giugno 1667. Il bimbo fu poi portato a Squinzano ed offerto alla Vergine. In segno di ringraziamento fu donato un messale dove si annotò, a perpetua memoria, la grazia. Quel bambino, unico figlio maschio, divenne poi sacerdote.
La chiesa, appena fuori dal paese, si presentava bella, con tre porte e sei altari barocchi tutti dedicati alla Madonna: all’Immacolata Concezione, alla Natività, alla Visitazione, alla Purificazione, all’Assunzione e alla Presentazione al Tempio. Sull’altare maggiore fu collocato l’affresco che era nella cappellina delle apparizioni. Il numero dei visitatori andò crescendo e fu necessario costruire alcuni vani, un cortile con cisterna e un bel loggiato. Venivano accolte persone semplici, ma anche personaggi illustri che sovente portavano in dono ricchi paramenti, calici e pissidi. Tra i nobili ricordiamo la Marchesa di Campi, moglie di Don Giovanni Enriquez, che liberata dagli acuti dolori del parto per le preghiere di Maria, diede alla luce il primogenito Gabriele Agostino, primo Principe di Squinzano. La nobildonna, grata, fece dono di alcuni paliotti damascati in lamine d’argento e altre sacre suppellettili.
La fama della Manca andò ben oltre i confini del suo paese. Ricevette in visita Monsignor Pappacoda che dopo aver ammirato il tempio della SS. Annunziata scrisse: “Oltre le chiese esistenti in paese, in questi ultimi anni è stato eretto un magnifico tempio dedicato alla SS. Annunziata, con elemosine raccolte per l’intera provincia da una pia devota donna, chiamata Maria Manca. Dall’illustrissimo monsignor D. Scipione Spina fu concessa al Capitolo di Squinzano, con gli oneri di alcune processioni e di cantare i primi ed i secondi vespri nelle quattro principali festività della B. Vergine”. Anche monsignor Antonio Pignatelli, vescovo di Lecce e in seguito eletto pontefice col nome di Innocenzo XII, visitò Squinzano e lodò Maria per la chiesa eretta. Il culto e la devozione alla SS. Annunziata crebbe in modo considerevole, anche per merito della fama conquistata dalla veggente di Squinzano. Maria Manca, ricca di meriti e rimpianta da molti, morì all’età di 97 anni il 6 gennaio 1668 e fu sepolta in chiesa, vicino all’altare della Presentazione. In due tele furono poi rappresentati i momenti importanti della sua vita: mentre ricevette dalla SS. Vergine il garofano e l’atto di consegna al Crocifisso Galàtone.
Negli anni a venire furono concesse indulgenze ai fedeli in visita alla SS. Annunziata in occasione di alcune festività, confermate poi da Benedetto XIV nel 1755 e da altri successori. Si celebrarono sempre, solennemente, le feste dell’Annunziata, dell’Assunta e il lunedì dopo Pasqua. San Pio X, nel 1906, decretò che l’altare maggiore fosse privilegiato in perpetuo. Il 21 ottobre, giorno dell’apparizione, si usava andare sul luogo del prodigio, dove si costruì una piccola cappella. Dal 1918 la Congregazione delle “Anime e dell’Annunziata”, ogni anno il 25 Marzo, provvede ai festeggiamenti, anche civili, tra i quali una importante fiera. Il 25 Marzo 1971 la chiesa è stata elevata alla dignità di Santuario.
Autore: Daniele Bolognini
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