Brusimpiano, Varese, 9 maggio 1655 – Rho, Milano, 2 novembre 1727
Giorgio Maria Martinelli nacque a Brosino, oggi Brusimpiano, in provincia di Varese e diocesi di Milano, il 9 maggio 1655. Istruito da uno zio sacerdote, entrò quattordicenne nel Seminario diocesano, nella sede di Arona. Il 25 luglio 1679, conclusi gli studi teologici, chiese di entrare tra gli Oblati di San Carlo, sacerdoti alle dirette dipendenze dell’Arcivescovo di Milano. Sia prima sia dopo l’ordinazione presbiterale, avvenuta il 22 settembre 1680, rivestì incarichi di docente nelle varie sedi del Seminario diocesano, fino ad essere nominato Direttore spirituale del Seminario Maggiore a Milano. Intimamente persuaso che la formazione del clero fosse indispensabile per la maturità spirituale del popolo di Dio, ideò un Collegio Missionario diocesano, i cui aderenti, i Padri Oblati Missionari, s’impegnassero nelle missioni al popolo e nella predicazione degli Esercizi spirituali. Morì a Rho il 2 novembre 1727. Il Papa san Paolo VI lo ha dichiarato Venerabile con decreto del 10 luglio 1977. I suoi resti mortali riposano nel Santuario della Beata Vergine Addolorata a Rho, all’altare del Sacro Cuore.
|
Alla scuola di tre zii sacerdoti Giorgio Maria Martinelli nacque a Brosino (oggi Brusimpiano, in provincia di Varese e diocesi di Milano) il 9 maggio 1655, da una famiglia benestante. A contribuire alla sua formazione religiosa, insieme ai genitori, furono tre zii sacerdoti. Il primo era penitenziere nel Duomo di Milano e dottore della Biblioteca Ambrosiana: Giorgio imparò da lui l’amore per la scienza e la disponibilità all’ascolto della gente. Il secondo, figlio primogenito, aveva rinunciato alle ricchezze della famiglia per diventare sacerdote e poi anche al beneficio parrocchiale, per trasferirsi presso Lugano e assistere pastori e contadini: era membro degli Oblati, quei sacerdoti che san Carlo Borromeo aveva voluto come pienamente disponibili alle richieste dell’Arcivescovo di Milano. Il terzo, canonico della collegiata di Biasca, fu anche il suo primo insegnante.
La vocazione al sacerdozio Dopo aver imparato da lui le prime nozioni, Giorgio si trasferì a Milano per gli studi elementari. A quattordici anni, riconosciuta la vocazione al sacerdozio, venne ammesso nel Seminario diocesano, presso la sede di Arona. Già da quel periodo e quasi inconsapevolmente, prese ad apprezzare l’orazione mentale, come confidò molti anni dopo [le affermazioni di padre Martinelli verranno tradotte in italiano corrente, ndr]: «Anche io mi mettevo in ginocchio e spesso non sapevo neppure perché, ma mi sentivo portare in alto il cuore e come rapito. Mi sembrava che Gesù stesso mi istruisse. Così cominciai a sentire quanto fosse dolce stare con lui».
Tra gli Oblati di San Carlo Conclusi gli studi teologici, il 25 luglio 1679, a ventiquattro anni, chiese di entrare tra gli Oblati di San Carlo. Per un anno insegnò grammatica al seminario di Celana, poi ricevette gli Ordini sacri in rapidissima successione: il suddiaconato a Lodi nel settembre 1860, cinque giorni dopo, il diaconato; infine, l’indomani, 22 settembre 1680, il presbiterato.
Docente in Seminario e direttore spirituale al Seminario Maggiore Ebbe altri incarichi come docente in Seminario: a Monza, per due anni, insegnò Umanità; al Collegio Elvetico di Milano, dal 1682 al 1686, si occupò di Retorica. A soli trentun anni, di cui sei da sacerdote, venne destinato come direttore spirituale presso la sede del Seminario Maggiore, a Milano. Il suo primo pensiero fu di far praticare ai futuri sacerdoti l’orazione mentale e dare un nuovo metodo agli Esercizi spirituali, che san Carlo aveva voluto obbligatori in due occasioni all’anno. Era particolarmente esigente coi chierici, ma sapeva trattarli con delicatezza e rispetto quando ricorrevano a lui per la confessione o la direzione spirituale.
Ad Arona per costruire il “Sancarlone” e ridare vita alla fede del popolo Un nuovo impegno si prospettò per don Giorgio quando, nel 1692, venne mandato ad Arona per seguire i lavori di costruzione di una colossale statua di san Carlo, il cosiddetto Sancarlone. Fu per lui un’occasione per rendersi conto della vita della povera gente del luogo, per la quale celebrava la Messa tutte le mattine e che, la sera, radunava per il Rosario. Stando a contatto con essa, divenne ancora più persuaso di come la religiosità popolare necessitasse di essere spogliata dagli elementi più superstiziosi o abitudinari: ciò poteva accadere curando in primo luogo l’educazione dei sacerdoti, sia prima sia dopo l’ordinazione.
La prima missione popolare Tornato a Milano, non soffocò le sue intuizioni, ma attese il momento giusto per concretizzarle. Avvenne nel 1702, durante le vacanze, quando prese a radunare altri Oblati per un corso di Esercizi. L’iniziativa ebbe un tale successo da spingerlo a replicarla con cadenza annuale. Nel medesimo anno, l’Arcivescovo cardinal Giuseppe Archinto gli chiese di preparargli la strada, per la visita pastorale nella pieve di Arcisate, con una missione popolare: la cosa si ripeté in molte altre occasioni.
La scelta della predicazione e della missione Nel 1707 rassegnò le dimissioni da direttore spirituale. Il motivo era chiaro: voleva dedicarsi interamente alla predicazione e alla missione, per la salvezza di tutti i fratelli. Già sei anni prima, nelle sue ultime vacanze libere da impegni, aveva compiuto la propria offerta in tal senso: «Offrii tutto me stesso a Dio e lo pregai di darmi lo spirito necessario, e a darmene molto e a darmelo buono, unendo il mio piccolo cuore con il Suo». Si ritirò quindi presso la chiesa di San Sepolcro a Milano, preparandosi intensamente alla sua nuova vita con la preghiera e lo studio. Pubblicò anche alcuni testi: «Risposta d’un sacerdote ad un altro di sua confidenza intorno al tempo necessario a dire divotamente la Messa» e «Il cammino della salute agevolato a’ sacerdoti con le meditazioni d’un mese bastevoli per anni».
Nascita del Collegio degli Oblati Missionari Dopo otto anni, don Giorgio cominciò a progettare qualcosa che desse continuità al suo pensiero: presentò dapprima al Preposito generale degli Oblati, poi all’Arcivescovo cardinal Benedetto Erba Odescalchi, il progetto di un Collegio Missionario diocesano, con sede presso il Santuario della Beata Vergine Addolorata a Rho. Ottenuta risposta dall’Arcivescovo il 22 luglio 1714, si stabilì definitivamente a Rho il 3 gennaio 1715. Insieme alla crescita dei compagni e ai progressi missionari, arrivarono inevitabilmente anche le critiche e le calunnie. Per questo motivo don Giorgio, ormai Padre fondatore, decise di rinunciare perfino alle giuste retribuzioni per il suo operato e per quello degli altri missionari, vivendo solo di offerte. Infine, il 4 aprile 1721, avvenne la formale erezione del Collegio degli Oblati Missionari. La data era particolarmente significativa, perché cadeva nell’anniversario del transito di sant’Ambrogio, che gli Oblati avevano come speciale patrono insieme a san Carlo.
Padre Giorgio, tra i primi divulgatori del Sacro Cuore di Gesù Padre Giorgio continuò a predicare e a consigliare, con la parola scritta e con l’esempio, in pievi, parrocchie, conventi. La sua convinzione principale era che «Bisognerebbe avere una vita che non possa morire per molti e molti anni, solo per poter operare, accettando fatiche e prove dolorose e anche il martirio, per salvare tutti, perché tutti siamo fratelli, tutti figli di Adamo, tutti figli di Dio, anime immortali, redente dalla Croce di Cristo». S’inseriva pienamente, quindi, nelle scuole di spiritualità sacerdotale sorte in Francia mediante l’Oratorio del cardinal Pierre de Bérulle e i Preti della Missione di san Vincenzo De’ Paoli. Inoltre, attingeva largamente a opere di autori gesuiti, come Jean Croiset, del quale aveva tradotto, nel 1698, l’opera «La dévotion au Sacré Coeur de Jésus»: si può quindi considerare il primo divulgatore in Italia di questa devozione, sulla scia delle rivelazioni di Paray-Le-Monial.
La morte e la sua eredità Benché anziano e malato, padre Giorgio continuò a progettare missioni fino alla morte, sopraggiunta tra un ciclo e l’altro di predicazioni, il 2 novembre 1727. Gli Oblati Missionari di Rho ereditarono da subito i suoi insegnamenti e li concretizzarono in un testo definito “Norma”, dove descrissero il modo tenuto dal loro Fondatore e dai suoi compagni di applicare la regola degli Oblati di San Carlo, dalla quale differivano in alcuni punti. Oggi gli Oblati Missionari di Rho continuano il loro impegno anzitutto nella predicazione e nel ministero della Confessione, quindi nelle missioni parrocchiali, nella formazione permanente del clero e nel sostegno alle difficoltà dei tempi moderni.
La causa di beatificazione La sua causa di beatificazione, tuttavia, venne avviata solo nel ventesimo secolo, assumendo quindi valore di “causa antica” o “storica”. Il processo informativo, svolto nella diocesi di Milano, venne aperto nel 1924 e chiuso nel 1927. A seguito del decreto sull’approvazione degli scritti, promulgato il 4 maggio 1954, venne introdotta la causa il 20 luglio 1960. Con decreto del 7 luglio 1977 il Papa san Paolo VI dichiarò che effettivamente padre Giorgio aveva vissuto in grado eroico le virtù cristiane. Padre Giorgio, che è sepolto all’altare del Sacro Cuore nel Santuario dell’Addolorata a Rho, non è l’unico Oblato per il quale è stata aperta la causa di beatificazione: del loro Collegio faceva parte anche padre Angelo Ramazzotti, iniziatore del Pontificio Istituto Missioni Estere, poi Vescovo di Pavia e Patriarca di Venezia; è Venerabile dal 2015.
Autore: Emilia Flocchini
|