La Serva di Dio nacque ad Ischia di Castro (VT) il 31 luglio 1788. A circa tre anni i genitori la collocarono come educanda presso il Monastero delle locali Terziarie Francescane. La giovane Fortunata desiderava restare nella vita monastica, ma trovò l’opposizione prima della zia e poi del padre (la madre nel frattempo era morta), per cui rientrò in famiglia per qualche tempo.
Avendo manifestato perseveranza nel suo proposito di consacrarsi al Signore, verso i 15 anni di età fece ingresso in qualità di novizia tra le suddette Monache; il 19 agosto 1804 emise la professione prendendo in religione il nome di Clotilde.
Nel 1807 l’allora abbadessa del Monastero, la Beata Maria Maddalena dell’Incaranazione (nel sec. Caterina Sordini), portò a termine un progetto da tempo coltivato, fondando un Istituto dedito all’Adorazione Perpetua del SS. Sacramento; la Serva di Dio fu tra quante, condividendone l’ideale di consacrazione al Signore, la aiutarono nell’attuazione di tale progetto.
Dopo lunghe trattative tra il Vescovo di Acquapendente e il Pontefice del tempo, il gruppo di religiose, accompagnato da P. Giovanni Antonio Baldeschi, direttore spirituale della Beata Maria Maddalena e zio di Suor Clotilde, partì alla volta di Roma il 31 maggio 1807.
La piccola comitiva trovò ospitalità presso il Monastero agostiniano di via Inselci, in Roma, e dopo un mese passò presso l’ex convento dei carmelitani scalzi spagnoli accanto al Palazzo del Quirinale.
Dovette poi affrontare le dure prove derivanti dalla persecuzione napoleonica. Dopo l’invasione dell’Italia e l’occupazione di Roma, il Papa fu deportato in esilio in Francia; i Monasteri e le case religiose vennero requisiti e la lotta contro il clero e la vita monastica esplose con grande forza.
Lo stesso P. Baldeschi fu imprigionato con accuse calunniose e poi rilasciato; la B. Maddalena e alcune compagne, tra cui la Serva di Dio, conobbero la via dell’esilio, prima a Porto S. Stefano e poi a Firenze. Nonostante la situazione di oggettiva difficoltà, nacquero nuove vocazioni che riempirono poi il Monastero di Roma e fecero estendere l’Istituto anche in altre città. Terminata la persecuzione l’approvazione definitiva da parte del Pontefice Pio VII.
Sotto la solida guida di Mons. Menocchio, Vescovo agostiniano e sacrista del S. Padre, affidato alle religiose dal Pontefice come guida spirituale, l’Adorazione Perpetua iniziò ad avere anche una sua fisionomia giuridica: Regola di S. Agostino e Costituzione legate al proprio carisma specifico. Le componenti della novella famiglia religiosa adottarono un abito proprio ed emisero la nuova professione monastica. La Serva di Dio mutò il suo nome in quello di Maria Giuseppa dei Sacri Cuori e collaborò alla stesura delle prime Costituzioni.
Nel 1824 morì la Fondatrice e sorsero alcune divisioni all’interno della Cominità di Roma. La Serva di Dio fu eletta Superiora di quella casa e la governò con saggezza e prudenza, riuscendo anche a completare le Regole, ancora incomplete nella precedente stesura.
Nell’ottobre 1828 si recò a Napoli per erigere una nuova Casa dell’Istituto. La fondazione, lungamente voluta e preparata da alcuni nobili di napoletani, trovò il suo pioniere nel cavalier Buonocore, ottenne la benedizione del Card. Ruffo Scilla e fu accompagnata anche dalla benevolenza del Re Francesco I e della Regina Madre.
Non mancarono tuttavia le difficoltà, causate da alcune divisioni interne. La stessa Serva di Dio venne fatta oggetto di rilevanti opposizioni e dovette superare non poche difficoltà. Per affrontare tali prove trovò forza nella preghiera fervorosa; spronò le consorelle a raggiungere un sempre maggiore livello di perfezione ed ella stessa costituì per loro un esempio attraverso l’esercizio della virtù cristiane.
Con amorevole sollecitudine assistette spiritualmente e materialmente alcune famiglie povere e mostrò particolare sollecitudine per le anime in pericolo. Divenne così modello di condotta virtuosa per quanti l’accostavano: re, regine, cardinali, vescovi, fedeli di ogni rango e sesso.
Nel 1836, su richiesta del Vescovo di Squillace, Mons. Rispoli, si recò a fondare un nuovo Monastero nella regione calabra. Dopo circa sei anni fece ritorno nel Monastero di Napoli. Al rientro si accentuarono le fazioni interne alla Comunità e la Serva di Dio dovette affrontare un periodo difficile anche dal punto di vista spirituale.
Chiamata in Roma dalla Sede Apostolica per porre fine alla profonda divisione presente in quella Comunità portò a termine il proprio compito con grande umiltà e cercando sempre di facilitare la pace reciproca.
Eletta Priora della Comunità romana, morì in concetto di santità la notte tra il 5 ed il 6 ottobre 1844 per gravi problemi cardiologici. Volle morire attaccata al suo crocifisso.
Nel 1898 il Papa Leone XIII, mediante la Bolla Pium Institutum estese tutto ciò che era stato previsto nella riforma redatta dalla Serva di Dio come stile di vita dell’intero Istituto della Adorazione Perpetua.
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