Prete di Imola da vent’anni missionario in Brasile, Leo Commissari viene ucciso con tre colpi di arma da fuoco nella notte tra sabato 20 e domenica 21 giugno 1998 a Sao Bernardo, una “favela” alla periferia di Sao Paulo dove aveva scelto di vivere.
Don Leo è aggredito mentre torna a casa in auto dalla parrocchia. Ha 56 anni. Era stato ordinato nel 1967 e due anni dopo si era trasferito a Sao Bernardo, dove aveva costruito, con altri quattro sacerdoti, una ventina di cappelle e luoghi di culto, una scuola per artigiani e una mensa per bambini.
“La rapina – dice il vescovo di Imola Giuseppe Fabiani – potrebbe essere una messinscena per nascondere qualcos’altro. Don Leo era un personaggio scomodo in quella zona di favelas, dominata da alcol, droga e prostituzione”. Durante un rientro in Italia nel febbraio del 1998 il sacerdote aveva così descritto la situazione in cui viveva agli alunni della scuola media di Lavezzola: “Di fronte alla mia abitazione c’è una baracca dove durante la notte viene spacciata la droga. E proprio nelle favelas, che sono come la giungla, si nascondono alcuni banditi per spacciare le droghe più care”.
Per dare corpo all’opera che aveva avviato in Brasile, don Leo aveva coinvolto la diocesi e la città di Imola nel progetto “Chiese sorelle”, una specie di gemellaggio con la diocesi brasiliana di S. Andrè, nell’area metropolitana di Sao Paulo. Presentando quel progetto, così aveva narrato la propria avventura cristiana: “E’ tra gli ultimi, spogliati di tutto, persino della loro dignità umana, che ho imparato che solidarietà non significa solo spezzare un pezzo di pane, ma assumere la causa di tutti i poveri del mondo e soprattutto far conoscere loro la grandezza dell’amore di Dio”. E ancora: “Vorrei che ogni atto della mia vita fosse un dono, che ogni gesto fosse un segno di questo dono” (In memoria dei missionari martiri. Don Leo Commissari, su Settimana, 28 febbraio 1999, p. 12).
Nel febbraio del 2004 per il 25° del progetto “Chiese sorelle” una delegazione della diocesi di Imola fa visita ai propri missionari che continuano a San Bernardo nell’opera avviata da don Commissari che là è sepolto insieme a don Angelo Ceroni e a suor Rosa Mariani. “In quest’arco di tempo sono sorte due parrocchie di 150 mila abitanti, equivalenti all’intera nostra diocesi, con 29 cappelle, scuole per l’infanzia, case di riposo, centri per ragazzi e giovani e soprattutto il Centro professionale Don Leo Commissari”, dice di rientro a Imola il vescovo Tommaso Ghirelli all’Avvenire del 18 febbraio 2004.
Autore: Luigi Accattoli
Fonte: www.luigiaccattoli.it
Leo nasce il 19 aprile 1942 a Bubano, settimo figlio. La mamma lavorava in casa, prendendosi cura dei figli e della casa. Il papà partecipò alla guerra in Somalia e in Sardegna dal 1942 al 1945; furono anni duri per la famiglia, data l’incertezza del ritorno del papà dalla guerra.
Filippo, il fratello maggiore, entrò in seminario a 12 anni. gli altri fratelli davano il loro contributo alla famiglia con il loro lavoro presso i contadini vicini, dopo l’orario di scuola; le sorelle prestavano piccoli servizi presso le famiglie come bambinaie o con piccoli lavori che erano in grado di svolgere.
La famiglia viveva come la gran parte della gente: la vita era scandita dalle stagioni e dalla liturgia. Si pregava regolarmente ogni giorno davanti ad un altarino, segno della compagnia del Signore nella casa. La mattina, prima del lavoro, si dava spazio alla messa.
Nel 1950 la famiglia si trasferì ad Imola. Il papà e i fratelli più grandi andarono a lavorare chi in fabbrica, chi presso artigiani. Leo frequentò le scuole elementari, dopodiché, pur potendo proseguire gli studi in una scuola di avviamento al lavoro, preferì andare subito a lavorare come fattorino presso la Fiat. Stupiva i suoi capi questo ragazzino intelligente, sveglio, molto attento e sensibile; anche nel lavoro riportava la sensibilità si un animo profondamente religioso. Visse la sua infanzia e adolescenza con il desiderio di essere parte attiva della famiglia; sembrava soddisfatto del suo lavoro. Eppure nel cuore conservava grandi sogni e una grande nostalgia di seguire l’esempio del fratello missionario Filippo. Sentiva sempre più forte una Voce dentro il suo cuore innocente e generoso, in particolare quando, ogni giorno, serviva la messa in cattedrale e riceveva la comunione.
Senza lasciare il lavoro, riprese a studiare per poter dare l’esame di terza media, senza però dare chiare spiegazioni alla famiglia. Messo alle strette, spiegò al papà il motivo vero dello studio: il desiderio di diventare sacerdote. Il padre, lasciando da parte tutte le preoccupazioni economiche,consigliò a Leo di abbandonare il lavoro e di entrare in seminario. Per Leo la vita in seminario non fu facile, soprattutto il vivere - lui quindicenne con esperienza di lavoro in officina - con degli undicenni; ma il desiderio di diventare sacerdote e missionario gli dava la forza di proseguire accettando ogni difficoltà con pazienza e amore. Dopo i primi studi a Imola, Leo fu mandato dal vescovo a Roma per lo studio della filosofia e della teologia; dalla capitale passò al seminario “Fidei Donum” per l’America Latina a Verona. Questi spostamenti furono vissuti da Leo con grande sofferenza e gli causarono anche una terribile crisi vocazionale, superata grazie all’amicizia con alcuni sacerdoti imolesi che ben lo conoscevano. Confida al fratello don Filippo: «Ora non sento più alcuna fretta ad essere ordinato prete… Intanto studio, prego, esercito la carità… immedesimandomi sempre di più in Gesù. Quando Lui lo vorrà, io sono disponibile per la grande ordinazione. Già da ora io sono suo e mi considero come tale, una sua proprietà. Gli chiedo che mi dia la forza di essergli fedele. Non ho mai sentito come in questo tempo la necessità di diventare santo.»
Leo viene ordinato sacerdote il 24 giugno 1967 e destinato da mons. Aldo Gobbi, vescovo ausiliare di Imola, alla parrocchia di Santa Maria in Lugo, in attesa della partenza per il Brasile. Nel novembre 1970 don Leo parte per Itapetinga, la sua prima missione brasiliana, dove rimarrà fino al 1976. In questa città di 35.000 abitanti don Leo sceglie di svolgere il suo ministero pastorale nella periferia, abitata da poveri e diseredati, per condividerne la vita e comprenderne i bisogni.
Nei mesi di febbraio e marzo 1979 ha inizio il progetto “Chiese Sorelle” tra la diocesi di Imola e quella di Santo Andrè. Insieme ad altri due sacerdoti e ad alcune religiose, don Leo riprende il suo servizio pastorale in terra brasiliana. Nel 1982 viene fondata la parrocchia di Gesù di Nazaret e viene affidata alla cura pastorale di don Leo (parrocchia affidata proprio oggi, 25 marzo 2007, al nipote don Francesco Commissari).
Nel settembre del 1989 parte il progetto di solidarietà Imola-Sao Bernardo, sviluppo del progetto Chiese Sorelle, sostenuto da forze laiche e religiose della città, a cui si aggiungeranno anche quelle di Lugo e di altre città della diocesi. Nel 1996 don Leo va ad abitare nel mezzo della favela, acquistando un barraco nell’Oleoduto; il 24 novembre viene inaugurata la scuola professionale a Sao Bernardo.
Il 21 giugno 1998, don Leo, responsabile pastorale della diocesi di Santo André e direttore della scuola professionale, sostenitore della dignità e libertà umana, viene assassinato nella favela dove risiedeva.
Dagli «Scritti» di don Leo Commissari
Quando ero seminarista avevo molti dubbi ed ho vissuto un’esperienza molto sofferta, ma il Signor e mi ha sostenuto ed ora sono tanto contento delle scelte fatte. Sento la mia vita una cosa meravigliosa e scopro ogni giorno la grandezza della vocazione che ho ricevuto. Io stesso ogni giorno apro gli occhi pieno di stupore pensando al grande amore di Gesù che mi ha chiamato a collaborare nella costruzione del suo Regno. E il mio desiderio più grande è di essere un discepolo fedele e docile per dilatare il suo Regno di amore.
Ritrovo sempre più chiaramente il significato del mio sacerdozio e il valore unico di una vita consacrata al Regno di Dio. Il mondo è fatto per il Signore e l’umanità, redenta da Lui, ha un senso solo se si unisce a Lui. In mezzo a questo popolo, impegnati a costruire insieme al sua libertà piena alla luce del Vangelo, ci sentiamo contenti e troviamo la forza per affrontare tutte le difficoltà, compresa la paura di affrontare i pericoli a cui il Vangelo ci espone. Qui troviamo la bellezza della povertà, il conforto della fraternità, il gusto per la giustizia, la pace dell’obbedienza. Di tutto ringraziamo il Signore.
Mi accorgo che quando più penso alla vita eterna tanto più do valore a questa vita e la percepisco come un grande dono non solo per me, ma anche per gli altri. La nostra vita il Signore ce la dà perché la doniamo agli altri. Vorrei fare tante cose, ma mi accorgo che sono tanto limitato. Allora mi rendo conto che la cosa più bella e più importante è amare davvero, senza pensare a cose grandi, ma alle piccole cose di tutti i giorni vissute intensamente nell’amore.
È proprio così: la vita nuova passa attraverso la morte: «Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi», «beati quelli che soffrono per la giustizia»… Ci sono altri segni di resurrezione presenti nella vita sofferta del nostro popolo… e tutto acquista significato nel Mistero Pasquale. Questo Mistero è il centro e il fine di tutta la storia.
Fonte:
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www.seminariodiocesanoimola.it
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Note:
Per approfondire: www.padreleo.org.br
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