Cagliari, 25 maggio 1914 - Capriate, Bergamo, 4 ottobre 1995
Germana Sommaruga, nata a Cagliari il 25 maggio 1914, rimane orfana di madre a diciassette mesi. Con il padre, la sua seconda moglie e il fratello, si trasferisce prima a Genova, poi a Milano. Per il suo diciassettesimo compleanno, riceve in regalo una biografia di san Camillo de Lellis: se ne appassiona all’istante. Nel 1935 inizia il noviziato tra le Figlie di San Camillo a Roma, ma il 6 gennaio 1936 ha un’intuizione: deve tornare nel mondo e dare vita a una comunità di laiche consacrate secondo lo spirito di san Camillo. Durante gli anni dell’università e i primi tempi come insegnante di scuola media, inizia ad attuare quel progetto, mantenendo i contatti con i padri Camilliani. Nel 1948, con le prime compagne, dà vita all’Istituto Secolare delle Missionarie degli Infermi, nome completato con l’aggiunta “Cristo Speranza”. Mentre continua il lavoro come insegnante, segue la formazione delle nuove aderenti e divulga, tramite conferenze e opere scritte, il pensiero e la vita di san Camillo. Ormai anziana, nel 1988 lascia la sua abitazione di Milano per andare in casa di riposo, prima a Rho poi a Capriate, dove muore il 4 ottobre 1995. La fase diocesana della sua causa di beatificazione si è svolta a Verona dal 28 giugno 2011 al 20 ottobre 2014.
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Innamorarsi a 17 anni è normale; un po’ meno, magari, se colui del quale ci si innamora è vissuto più di tre secoli prima. Eppure, a Germana Sommaruga, capita proprio così. Nel 1931, per il suo diciassettesimo compleanno, mamma le regala una biografia di san Camillo de Lellis, con il quale condivide la data di nascita, il 25 maggio. Ed è amore a prima vista.
Germana, cagliaritana di nascita trapiantata a Milano, è rimasta orfana di mamma a 17 mesi. Buon per lei che la seconda moglie di papà le faccia da mamma, premurosa e dolcissima, coltivando la sua tenerezza e la sua religiosità.
Il tenore di vita della famiglia è piuttosto elevato, ma lei non riesce ad adattarsi alla vita mondana che papà le propone, anche perché dall’età di nove anni coltiva il sogno di lavorare in mezzo ai lebbrosi.
Dopo che San Camillo è entrato nella sua vita, le sembra naturale, realizzare la sua vocazione tra le Figlie di San Camillo a Roma. Entra in noviziato nel 1935, ma ne esce dopo appena due mesi. Il 6 gennaio 1936, mentre la Madre generale sta benedicendo la mensa, viene folgorata da un’idea: «dar vita a un movimento di laiche consacrate, che nel mondo assistano i malati nello spirito di San Camillo, che penetrino in ogni ambiente, anche il più miserabile, e preparino la via al sacerdote, a Cristo».
Non un tradimento dell’ideale camilliano, dunque, piuttosto il tentativo di tradurlo nelle mutate esigenze dell’epoca in cui lei vive. Si tratta di un’alternativa all’ospedalizzazione, nell’ottica di mantenere l’anziano o il malato il più possibile a casa sua, circondato dagli affetti familiari. Il motto camilliano «Ovunque si soffre e si muore!» resterebbe per lei inalterato, anche se non vissuto nelle corsie di un ospedale.
Più facile a dirsi che a farsi, l’idea di Germana trova da subito, a cominciare dagli stessi vertici dei Camilliani, un sacco di consensi, almeno in quantità pari alle difficoltà. Perché dar concretezza alla “consacrazione nel mondo” nel 1936 significa precorrere i tempi, anticipare cioè quanto Pio XII sancirà solo nel 1947, con la Costituzione Apostolica «Provida Mater Ecclesia».
Germana ha l’audacia del profeta e l’umiltà del santo: con pazienza e tenacia ritorna nel “mondo”, riprende gli studi e consegue la laurea, naturalmente con una tesi su san Camillo. Si cerca anche un lavoro nel mondo della scuola, dove per 40 anni insegnerà materie letterarie.
Pur lacerata dal dubbio di aver compiuto la scelta giusta uscendo dalle Figlie di San Camillo, con l’incognita del futuro per quanto riguarda il suo progetto, raduna attorno a sé una “famiglietta” di amiche, unite soltanto dall’identica passione di portare Gesù a chi vive il calvario della malattia e della solitudine. Come d’obbligo, sono legate dal segreto, si riuniscono quasi in clandestinità, ma intanto la “famiglietta” cresce, come tutte le cose di Dio che prosperano da sole, checché ne pensino gli uomini.
Germana non incontra opposizioni, anzi riscuote l’incoraggiamento perfino di Pio XII, che la consiglia e l’indirizza a chi potrà aiutarla. Piuttosto deve esercitarsi nella pazienza e nell’umiltà, che nel 1948 producono i loro frutti: nascono ufficialmente le Missionarie degli Infermi “Cristo Speranza”. Perché è proprio la speranza, il carisma specifico del nuovo istituto secolare: «Solo in Cristo c’è la Speranza d’un amore che abbracci tutto il mondo», dice Germana. E alle amiche che condividono il suo ideale continua ad insegnare: «La nostra appartenenza alla Chiesa è stimolo a comunicare fede e speranza al mondo».
Le “sue” Missionarie si spargono per il mondo: dopo le fondazioni in Francia e Belgio, si esce dall’Europa e ci si apre all’America Latina, all’Asia e all’Africa; accanto ad esse, poi, si fanno strada gli “Associati”: le Collaboratrici, le Comunità Familiari (composte da coppie di sposi) e, più recentemente, anche gli Ausiliari.
L’amore di Germana per San Camillo si traduce in numerosi testi che scrive per diffonderne la spiritualità, fino allo sforzo degli ultimi suoi anni, quando già la malattia avanza, di tradurre in lingua corrente gli scritti del santo per renderli accessibili a tutti.
L’umiltà le consiglia anche di mettersi da parte a tempo debito, pur continuando a collaborare attivamente alla vita dell’Istituto e assumendo anche un ruolo importante come consultore della Congregazione per la Vita Consacrata.
Un’artrite reumatoide la sigilla pian piano nella completa immobilità, facendole provare anche la tentazione dell’aridità spirituale e del buio interiore. Incontra definitivamente Gesù il 4 ottobre 1995.
Ottenuto il nulla osta da parte della Santa Sede il 21 marzo 2011, è quindi partita la sua causa di beatificazione: l’inchiesta diocesana si è quindi svolta a Verona dal 28 giugno 2011 al 20 ottobre 2014.
Autore: Gianpiero Pettiti
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