Il Vangelo di Luca (Lc 2, 8-20) riferisce che i primi a ricevere la notizia della nascita di Gesù furono «alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge.». È accertato che i pastori, secondo la mentalità religiosa d’Israele, erano considerati quasi fuori dalla comunità: a motivo del loro lavoro, infatti, non potevano osservare i precetti religiosi e le norme di purità. Inoltre, non godevano di buona fama: dato che le greggi finivano con l’invadere spazi altrui, chi le guidava passava per essere un ladro.
Eppure è a loro per primi che è arrivato l’annuncio della gioia più grande: «Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un salvatore, che è il Cristo Signore». Li ha colti mentre badavano al loro gregge, ossia alla fonte di sostentamento per sé e per i propri cari.
Come faceva notare papa Francesco nell’omelia della Messa della Notte di Natale del 24 dicembre 2013, «I pastori sono stati i primi a vedere questa “tenda”, a ricevere l’annuncio della nascita di Gesù. Sono stati i primi perché erano tra gli ultimi, gli emarginati. E sono stati i primi perché vegliavano nella notte, facendo la guardia al loro gregge. È legge del pellegrino vegliare, e loro vegliavano. Con loro ci fermiamo davanti al Bambino, ci fermiamo in silenzio. Con loro ringraziamo il Signore di averci donato Gesù, e con loro lasciamo salire dal profondo del cuore la lode della sua fedeltà: Ti benediciamo, Signore Dio Altissimo, che ti sei abbassato per noi. Tu sei immenso, e ti sei fatto piccolo; sei ricco, e ti sei fatto povero; sei l’onnipotente, e ti sei fatto debole».
La memoria dell’annuncio ai pastori, in Terra Santa, venne conservata nel luogo detto Campo dei Pastori, poco fuori Betlemme, dove sant’Elena, madre dell’imperatore Costantino, fece costruire una basilica intitolata agli Angeli e ai Pastori, andata distrutta nel X secolo.
Le loro presunte reliquie vennero traslate in Spagna nel 960, precisamente a Ledesma, in diocesi di Salamanca, dove venne istituita una confraternita dedita al loro culto. Il 16 luglio 1864 il vescovo di Salamanca le collocò nell’altare maggiore della nuova chiesa dei SS. Pietro e Ferdinando, che sostituiva la precedente di San Pietro, distrutta da un incendio.
Per anni rimasero dimenticate finché, nel 1965, riapparvero durante alcuni lavori di restauro. Venne rinvenuta una cassa di legno in forma di feretro, rivestita di pelle e chiusa a chiave. All’interno, rivestito di seta bianca, vennero trovati alcuni ossi, tre crani, un badile, un cucchiaio di legno, un paio di forbici anch’esse in legno e alcuni lembi di cuoio. Ad essi era allegata una scritta, che attribuiva ai pastori i nomi di Josefo, Ysacio e Jacobo e rendendoli, quindi, eredi delle promesse rivolte ai patriarchi Giuseppe, Isacco e Giacobbe.
Nelle iconografie dei presepi, spesso i pastori sono in numero di tre, e a loro si applica quindi la medesima simbologia dei Magi, o di quattro: in questo caso, uno dorme ed è giovane (nel presepe napoletano si chiama Benino o Benito), un altro più anziano è seduto, mentre gli altri due vegliano.
Quanti fossero, in fondo, è una semplice curiosità. Conta molto di più vivere lo stupore che li prese, la santa fretta che li condusse a raccontare quanto avevano visto e riconoscere il segno che è il Bambino nella mangiatoia.
Autore: Emilia Flocchini
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