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Beato Wenceslao Pedernera Padre di famiglia, martire

Festa: 25 luglio

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Los Jagüeles, Argentina, 28 settembre 1936 - Chilechito, Argentina, 25 luglio 1976

Wenceslao Pedernera nacque il 28 settembre 1936 a Los Jagüeles, presso La Calera. Sposò, il 24 marzo 1962, Martha Ramona Cornejo, contadina come lui, ma, a differenza di lui, molto credente. Una missione popolare lo condusse a riscoprire la fede in maniera più convinta, ma fu l’influsso di monsignor Enrique Angelelli, vescovo di La Rioja, a condurlo a impegnarsi ancora di più a fianco dei suoi colleghi contadini. Nel 1973 si trasferì a La Rioja con la moglie e le tre figlie: avviò una cooperativa agricola, dove il lavoro era accompagnato dalla preghiera e dalla lettura del Vangelo. Il 25 luglio 1976, quattro incappucciati bussarono alla sua porta e lo uccisero a colpi di arma da fuoco. La moglie, che aveva assistito, lo trasportò in ospedale a Chilechito, dove Wenceslao morì perdonando i suoi aggressori. Prima di lui erano morti padre Carlos de Dios Murias, dei Frati Minori Conventuali, e don Gabriel Longueville, sacerdote “fidei donum”, rapiti e assassinati il 18 luglio 1976. Infine, il 4 agosto, in un simulato incidente automobilistico, trovò la morte anche monsignor Angelelli. La causa di padre Carlos, don Gabriel e Wenceslao si è svolta inizialmente nella diocesi di La Rioja dal 31 maggio 2011 al 15 maggio 2015. A essa è stata aggiunta la causa di monsignor Angelelli, la cui inchiesta diocesana si è svolta invece dal 13 ottobre 2015 al 15 settembre 2016, sempre a La Rioja. Wenceslao e i suoi compagni, informalmente già noti come i “martiri di El Chamical”, sono stati beatificati il 27 aprile 2019 presso il Parco Cittadino di La Rioja, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica cade il 17 luglio, il giorno prima di quello della nascita al Cielo di don Longueville e di padre Murias. I resti mortali di Wenceslao sono venerati dal 27 luglio 2018 nella cappella del Sacro Cuore a Sañogasta.



«La nostra situazione si fa ogni volta più pesante e difficile, la nostra attività pastorale viene segnalata come marxista e sovversiva. Presentano La Rioja come un covo di guerriglieri e Angelelli come il loro capo». È questa situazione politico-sociale, denunciata dalla diocesi argentina di La Rioja, il cui vescovo è monsignor Enrique Angelelli, a far da cornice alla vita e al martirio di Wenceslao Pedernera.
È nato il 28 settembre 1936 a Los Jagüeles, La Calera, provincia di San Luis. Ha solo la terza elementare, in compenso è un gran lavoratore dei campi altrui. Nei vigneti dell’italiano Gargantini, nei pressi di Mendoza, Wence, com’è soprannominato, a 25 anni conosce Martha Ramona Cornejo, detta Coca, ed è amore a prima vista.
Lei sogna un matrimonio in abito bianco, naturalmente in chiesa di cui è abituale frequentatrice, mentre lui ne farebbe volentieri a meno, non essendo praticante ed avendo inoltre poca simpatia per i preti. La spunta lei, sotto la minaccia di troncare il fidanzamento, e il 24 marzo 1962 si sposano, regolarmente in chiesa e in abito bianco.
Dopo sei anni di fede “dormiente”, Wenceslao, durante alcune missioni popolari, scopre che la Chiesa non è poi così male e che sui preti (almeno parte di essi) può anche ricredersi. Il cambiamento è così radicale che, finita la settimana di “missione”, si ritrova con la moglie a dirigere un gruppo del Vangelo tra le famiglie sue vicine di casa.
Semplicemente leggendo e commentando insieme quelle pagine, che prima non ha mai preso in mano, la sua fede comincia a crescere fino a diventare l’orientamento di tutta la sua vita. La moglie assiste, incredula e gioiosa, alla radicale trasformazione del suo sposo, arrivando ad affermare che, ad un certo punto, a lui altro più non interessa, se non Cristo e la Chiesa.
Naturalmente, continua ad impegnarsi nel lavoro, perché da questo gli deriva il necessario per vivere, ma è la fede a dare un tono a tutta la sua vita. Lo sperimenta impegnandosi nel sindacato dei braccianti agricoli, diventando il loro portavoce, prendendo le difese dei più deboli.
A incidere profondamente sulla sua vita di fede e sul suo impegno cristiano è il vescovo Angelelli, che a La Rioja sta giocando tutto il suo episcopato a favore dei più deboli. Wenceslao si riconosce profondamente nell’impegno che il vescovo sta portando avanti e ne subisce talmente l’influsso da voler a tutti i costi trasferirsi a La Rioja. Alla moglie che cerca di dissuaderlo, facendogli presente che anche a Mendoza c’è tanto bene da fare e che qui non gli mancheranno certo possibilità di impegnarsi, invariabilmente risponde che «a La Rioja è tutta un’altra cosa».
Nel 1973 riesce a soddisfare questo suo desiderio, trasferendosi con moglie e figlie in quella provincia. Prende casa nella cittadina di Anguinan, si mantiene con piccoli lavoretti, ma il ritmo di vita è duro e la povertà è tanta.
Alla fine la famiglia si trasferisce a Sañogasta, aderendo ad una piccola cooperativa agricola, dove il lavoro è intessuto di preghiera e la settimana termina sempre con il Vangelo in mano, perché ognuno vi possa confrontare la propria vita.
Insieme a Wenceslao ci sono tre giovani, che negli anni successivi entreranno in seminario e diventeranno sacerdoti.  Quella forma di vita comunitaria desta perplessità, qualcuno li scambia per comunisti o estremisti. Anche il vescovo Angelelli, con cui Wenceslao collabora, è in odore di marxismo. Così finiscono tutti nell’occhio del ciclone.
Il 18 luglio 1976, la Polizia Federale rapisce e uccide padre Carlos de Dios Murias, dei Frati Minori Conventuali, e don Gabriel Longueville, sacerdote “fidei donum”. All’alba del 25 luglio, qualcuno bussa alla porta di Wenceslao, che va ad aprire. Sotto gli occhi terrorizzati della moglie e delle tre figlie, la maggiore delle quali ha solo 12 anni, quattro incappucciati scaricano su di lui una raffica di proiettili.
Con la morte nel cuore, Coca riesce a caricarlo su un carro e a trasportarlo agonizzante all’ospedale di Chilecito, ma non c’è più nulla da fare. Un prete gli amministra gli ultimi sacramenti, mentre il contadino ha solo parole di perdono per i suoi assassini e raccomanda alla moglie di non portare rancore.
La diocesi di La Rioja ha sempre ritenuto Wence, il contadino che aiutava gli altri contadini e che si sforzava di vivere il Vangelo, un martire. Non solo lui, ma anche monsignor Angelelli, morto il 4 agosto 1976, e i due sacerdoti assassinati prima di loro.
La causa di Wenceslao, di don Gabriel e di padre Carlos si è quindi svolta, nella fase diocesana, dal 31 maggio 2011 al 15 maggio 2015. A essa è stata aggiunta la causa di monsignor Angelelli, la cui inchiesta diocesana si è svolta invece dal 13 ottobre 2015 al 15 settembre 2016, sempre a La Rioja.
L’8 maggio 2018, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui Wenceslao e i suoi compagni venivano dichiarati ufficialmente martiri, anche se, informalmente, erano già noti come i “martiri di El Chamical”. I resti mortali di Wenceslao, precedentemente sepolti nel cimitero di Sañogasta, sono stati traslati il 27 luglio 2018 nella cappella del Sacro Cuore, nella stessa cittadina.
La beatificazione dei quattro martiri si è svolta il 27 aprile 2019 presso il Parco Cittadino di La Rioja, nella celebrazione presieduta dal cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in qualità d’inviato del Santo Padre. La loro memoria liturgica cade il 17 luglio, il giorno prima di quello della nascita al Cielo di don Longueville e di padre Murias.


Autore:
Gianpiero Pettiti ed Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2019-04-24

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