Una breve sintesi della sua figura si ricava dalla passio di Santa Firmina, scritta forse nel VI secolo, ma rielaborata nei secoli successivi nell’ambiente del monastero di Farfa, che ne aveva curato il culto fin quando i monaci rimasero in possesso del luogo di sepoltura della santa.
Secondo questo racconto, Olimpiade era il magistrato (consularis) residente in Amelia, che condusse il primo processo contro Firmina. Olimpiade non riuscì a farla tornare alla religione dei padri; si invaghì addirittura di lei ma, al momento di tentare un approccio fisico, rimase paralizzato. Solo le preghiere di Firmina riuscirono a risanarlo. A quel punto anche Olimpiade si professò cristiano e subì addirittura il martirio ad opera del nuovo magistrato inviato in città: Megezio.
Il corpo del martire fu sepolto dalla stessa Firmina nella sua tenuta di Agoliano il 1° dicembre di un anno imprecisato (303-304?). La stessa Firmina, condannata pure da Megezio, subì il martirio il 24 novembre dell’anno successivo ed il suo corpo venne sepolto vicino a quello di Olimpiade.
È ipotizzabile che sulla tomba dei due martiri sorgesse ben presto, dopo l’editto costantiniano del 313, una memoria (martyrium) di cui rimase testimone la chiesa rurale di S. Fermina delle Valli, documentata ancora nel secolo XV. Da qui un vescovo Pasquale, nel secolo IX, come si racconta nell’inventio corporum, ma forse meglio nel secolo XI, traslò i due corpi santi e li ripose sotto l’altare maggiore della nuova cattedrale, dedicata appunto a Santa Firmina, che da allora divenne anche patrona della città.
Autore: Emilio Lucci, Archivio Diocesano
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