Se c’è una frase, tra le tante, che mi ha colpito, di quelle dette e ridette in questi anni, ascoltate anche dalla sua viva voce, è questa: ''Se c’è una società in cui il demonio trionfa è la nostra''. Quando si tratta del ''demonio'' tanti fanno finta di non capire, cambiano o più semplicemente interrompono il discorso dicendo che queste sono cose storie medioevali, non adatte ai nostri tempi. Eppure ancora oggi "Barbablù" (come lo chiamava San Pio da Pietrelcina) continua ad incrostare, a restringere e ad imprigionare le anime. Ciò che «sta a cuore» al demonio è farci staccare da Dio, distrarci da Lui, renderci infedeli – Don Gabriele Amorth lo aveva compreso bene, molto bene! Aveva compreso che la fede è un'iniezione di coraggio. Essa, la fede, rende liberi: essa ci libera da quegli ostacoli interni ed esterni che rendono il cammino faticoso, incerto e titubante. Essa, la fede, ci fa muovere passi certi nella sequela del Cristo. La fede ci fa riconoscere il vuoto del nostro cuore e ci aiuta a colmare quel desiderio di vita piena. Don Amorth ha ricordato sovente che nei momenti oscuri della nostra vita, anche quando tante voci, nel mondo di oggi, vogliono allontanarci da Lui, Dio è sempre presente. Viviamo in un mondo che non è più ''mondo'' ma una discoteca sempre aperta, un mercato sempre pieno, un vociare spaventosamente ininterrotto. Gli uomini hanno cominciato a credere di essersi liberati finalmente di Dio, di essersi liberati da questo terribile inciampo, e invece si son fatti inciampo a loro stessi in un proliferare continuo di totalitarismi che hanno trasformato e trasformano la terra in un deserto; in un vuoto deserto ''senza parole, ne vita''. Sfiducia, pessimismo, razionalismo esasperato, paura, timidezza, spesso mettono a tacere quella fede che dovrebbe darci coraggio: una verità resta Dio è l'unico che libera e salva.
«Eminenza, io…?!», erano state queste le parole di Don Amorth allorquando il Vicario di Roma, Cardinale Ugo Poletti, lo nominava esorcista della diocesi di Roma, affiancandolo all’ormai Servo di Dio Candido Amantini che già esercitava il ministero di esorcista presso il Santuario della Scala Santa.
«Caro padre Gabriele, - queste le risposte di Poletti - non occorre che dica nulla. Così ho deciso e così deve essere. La chiesa ha un disperato bisogno di esorcisti. Roma soprattutto. Ci sono troppe persone che soffrono perché possedute e nessuno è incaricato di liberarle. Padre Candido da tempo mi ha chiesto un aiuto. Io ho sempre tergiversato. Non sapevo chi mandargli. Quando lei mi ha detto che lo conosceva ho capito che non potevo indugiare oltre. Lei farà bene. Non abbia paura. Padre Candido è un maestro speciale. Saprà come aiutarla». Una scelta lungimirante e profetica quella del Cardinal Poletti scegliendolo come assistente del sacerdote passionista, durante quella chiacchierata pomeridiana nel giugno 1986. Quella chiamata è stata «un’esperienza inaspettata, mi ha aperto un mondo totalmente nuovo che prima non conoscevo».
Don Gabriele Amorth nacque a Modena l’ 1 maggio del 1925 in una famiglia molto religiosa legata all'Azione Cattolica. Entra, appena diciottenne, tra le fila dei partigiani cattolici della Brigata Italia col soprannome «Alberto». I fascisti lo condannano a morte, ma riescì a scampare. «Mia madre - ha ricordato - era convinta che sia stata la Regina degli apostoli, a cui i Paolini sono devoti, ad aver salvato la vita a tutti noi». Successivamente divenne Vice Comandante di piazza a Modena e Comandante, a 20 anni, del III Battaglione della 2ᵃ Brigata Italia. L’impegno durante la guerra, poi, gli fece ottenere una Medaglia al Valor Militare. A 22 anni, nel 1947, fu nominato vice delegato nazionale dell'allora presidente dei Movimenti giovanili della Democrazia Cristiana, Giulio Andreotti.
Il giovane Gabriele cresce, entra prima in Azione cattolica, poi nella Fuci, terminato il conflitto si laurea in giurisprudenza (il padre e il nonno erano, infatti, entrambi avvocati), infine, milita nella Democrazia cristiana, dove conosce Alcide De Gasperi ed altri. Desidera diventare sacerdote. I segni della vocazione erano maturati già da tempo in parrocchia durante i duri anni del fascismo. Si consolidò l’idea di diventare sacerdote, non diocesano ma religioso. Anche se era orientato verso i Passionisti, per una sua particolare devozione verso San Gabriele dell’Addolorata. L’incontro con Don Giacomo Alberione, oggi beato, e con San Pio da Pietrelcina fu determinante per la sua vita. Entra a far parte, così, della Società San Paolo e viene ordinato presbitero Fu consacrato sacerdote a Roma il 24 gennaio 1951 dall’allora vescovo di Norcia, Monsignor Ilario Roatta. Don Gabriele Amorth ha svolto numerosi incarichi in seno alla sua congregazione: è stato professore liceale, delegato della Provincia, formatore dei giovani aspiranti Paolini, animatore spirituale di diversi istituti laicali della famiglia pallina. Inoltre, dotato di una penna brillante, per molti anni ricoprì il ruolo di direttore del mensile Madre di Dio e collaboratore di Famiglia Cristiana, Credere, Telenova e Radio Maria.
Fin dall’inizio della sua missione sacerdotale si è dedicato alla diffusione della “devozione mariana” con articoli, prediche, conferenze e libri. Fu lui, infatti, a promuovere e organizzare, nel 1950, la Consacrazione dell’Italia al Cuore Immacolato di Maria. Fu il primo studioso, tra i sacerdoti italiani, a studiare il fenomeno Medjugorje.
Nel 1990 fonda l'Associazione internazionale degli esorcisti, di cui è stato presidente fino al 2000. Attualmente ne è Presidente onorario.
Ha ricordato: «All’inizio eravamo in 18, quando nel 2000 ho lasciato l’incarico di presidente eravamo trecento». Fu proprio grazie a Don Gabriele Amorth che, due anni fa, gli esorcisti di tutto il mondo furono formalmente riconosciuti in Associazione dalla Santa Sede. L’Aie, l’Associazione italiana esorcisti, costituita per poter scambiare esperienze e riflessioni tra gli esorcisti, attualmente è diretta da Padre Francesco Bamonte.
Don Amorth ha condotto, per diverso tempo, una seguitissima trasmissione radiofonica legata alla sua attività di esorcista su Radio Maria, con cadenza mensile ogni secondo mercoledì del mese alle ore 18.00.
Lo scorso 8 settembre don Amorth è stato insignito della «Medaglia della Liberazione»dal Prefetto di Roma, Paola Basilone, alla presenza del ministro della Difesa Roberta Pinotti per aver aderito alla lotta partigiana, in Emilia, dopo l’8 settembre 1943 - gli costò, come è stato ricordato in precedenza, anche una condanna a morte dalla quale scampò miracolosamente. Si spegne dopo una vita impegnata nella guerra contro il maligno, il 16 settembre 2016, all’età di 91 anni, presso l’ospedale Fondazione Santa Lucia, in Roma. Ha vissuto gli ultimi anni della sua esistenza a Roma nella Casa Generalizia della Società di San Paolo, ricevendo alcune persone avevano bisogno del suo aiuto e occupandosi, inoltre, di un piccolo gruppo di preghiera. Nella sua esperienza ebbe un’importanza notevole la figura del Servo di Dio Candido Amantini il quale trasmise a Don Amorth, nei circa 6 anni di collaborazione, la sua lunga esperienza rendendolo idoneo per quel delicato e difficile ministero. Don Amorth ha combattuto con il diavolo a viso aperto per tanti anni compiendo circa 70.000 esorcismi (cifra molto indicativa). Questo delicato ministero lo ha resto celebre in tutto il mondo, anche se il sacerdote paolino non ha smesso mai di ribadire che sentiva «un grande senso di gratitudine verso Gesù e Maria. Non ho fatto niente di ciò che mi sarei aspettato e mi sono sempre trovato bene dappertutto».
Quest’uomo mite ha cercato di scuotere la nostra vita cristiana alle volte fiacca, abitudinaria, incapace di incidere seriamente nella società. Non ha mai smesso di ricordarci che la santità è vivere dentro la storia: essa, non è una evasione dal mondo, dalla vita o dalla realtà! Probabilmente anche per questo Georges Bernanos scriveva nel 1937 che «sono i santi che mantengono quella vita interiore senza la quale l’umanità si degraderà fino a morire». Ed in questo mondo dove sembra stiano crescendo uomini poveri, ma non di povertà materiale, bensì di esperienza; uomini ingenerosi ed avari, chiusi nel loro egoismo; uomini svuotati ed esauriti nella loro essenza profonda, incapaci di comprendere la bellezza e di coinvolgersi con la storia e col mondo, di smascherarsi, mostrando chi realmente sono guardare a questi testimoni della fede ci stimola ad entrare nell'ottica del Vangelo e della Croce per restare stupefatti ed entusiasti da un amore che va oltre ogni logica ed aspettativa.
Autore: Andrea Maniglia
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