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Beato Isidro Fernández Cordero Padre di famiglia, martire

Festa: 21 ottobre

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Murias, Spagna, 15 maggio 1893 - Nembra, Spagna, 21 ottobre 1936

Isidro Fernández Cordero, prima commerciante, poi minatore, sposato con figli, venne prelevato da alcuni miliziani la sera del 24 luglio 1936, poco dopo l’inizio della guerra civile spagnola. Temporaneamente liberato, ma obbligato a ripresentarsi alle autorità quando richiesto, uscì dal suo nascondiglio perché non venisse fatto del male alla sua famiglia. Trasportato nella chiesa di San Giacomo apostolo a Nembra, la sua parrocchia, vi ritrovò il suo amico Segundo Alonso González; i due vennero raggiunti, la notte seguente, dal parroco don Genaro Fueyo Castañón. Tutti e tre furono quindi uccisi a colpi di coltello il 21 ottobre 2016; Isidro aveva 33 anni. Insieme ai suoi compagni e al giovane Antonio González Alonso, è stato beatificato nella cattedrale di Oviedo l’8 ottobre 2016. La sua memoria liturgica per la diocesi di Oviedo cade il 21 ottobre, giorno della sua nascita al Cielo.



Famiglia, lavoro e devozione
Isidro Fernández Cordero nacque a Murias, nella Comunità autonoma delle Asturie, in Spagna, il 15 maggio 1893. Era il terzo dei cinque figli (di cui due diventati Domenicani) di Buenaventura Fernández y Méndez e Florentina Cordero Suárez. Nel 1922, a 28 anni, sposò Celsa García, venticinquenne: ebbero sette figli, tre dei quali divennero religiosi.
Nei primi tempi del matrimonio gestì, insieme alla moglie, un’attività commerciale, vale a dire un negozio che comprendeva anche un bar. Tuttavia, con l’aumentare dei figli, si vide costretto a lavorare come minatore.
Fedele della parrocchia di San Giacomo apostolo a Nembra, partecipava frequentemente alla Messa ed era il tesoriere dell’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna, incentivata dal parroco don Genaro Fueyo Castañón.

Prima prigionia
La sera del 24 luglio 1936, poco dopo l’inizio della guerra civile spagnola, quattro miliziani piombarono a casa sua mentre stava cenando con la famiglia, dichiarando che Isidro doveva presentarsi di fronte al Comitato civile. Condotto lì, si vide accusare di essere «uno che pregava» («rezador» in spagnolo) e quindi tradotto direttamente in carcere, vale a dire nella Sala di Guardia dell’Adorazione Notturna, che si trovava al secondo piano di un edificio vicino alla casa parrocchiale.
Insieme ai suoi compagni di prigionia, venne liberato, ma provvisoriamente: i carcerieri li avvisarono che avrebbero dovuto presentarsi ogni volta che fosse loro richiesto, altrimenti le loro famiglie avrebbero pagato le conseguenze.

Il coraggio di non fuggire
I primi di agosto il carcere venne riaperto. Isidro, che intanto si era rifugiato in una casetta di montagna detta La Brañella, fu raggiunto da sua sorella Jesusa: avrebbe dovuto presentarsi al Comitato di Nembra, ma lei gli suggerì di non andare e di scappare a León.
Replicò: «Se non mi presento, si vendicheranno con la mia famiglia. Ci hanno sempre accusato di essere gente di preghiera e retrogradi, per cui l’unico delitto di cui siamo accusati è essere cattolici, e questo è un onore per noi. Non abbiamo alcun delitto, pertanto non possono farci nulla, così salviamo la nostra famiglia dai fastidi o dalle derisioni che vorranno fare. Dio sa perché ci mantiene qui e siamo nelle sue mani; se Lui lo permette, accadrà qualcos’altro».

Le sue parole di perdono
Rimase prigioniero due mesi e dieci giorni, durante i quali pregava il Rosario quotidianamente e poté ricevere alcune brevi visite dei suoi figli e della moglie. Un giorno una delle figlie gli domandò: «Perché non scappi?», e lui rispose: «Non posso, e comunque sono testimone di Gesù Cristo. Dovete perdonare tutti come io li perdono. Di cuore. Dillo a tua madre e ai tuoi fratelli».
La sera del 20 ottobre, disse al figlio Darío: «Dì a tua madre che, se volesse, vada a Gijón a parlare col Comitato Provinciale, perché non c’è nulla da fare. Segundo è stato fatto uscire due giorni fa e non sappiamo se sia vivo. Oggi spero che facciano uscire me. Questo bacio è per tua madre e anche per i tuoi fratelli. Non ci vedremo mai più. Dille pure che non pianga, perché siamo martiri, ci perseguitano e ci schiaffeggiano come Gesù Cristo. Pregate molto per noi. Ci rivedremo in cielo».

Il martirio
Proprio quella notte, Isidro venne condotto nella chiesa di San Giacomo, dove trovò Segundo Alonso González, l’amico per cui era preoccupato. Quando vennero costretti a scavare le loro stesse sepolture, scelsero il posto dove abitualmente partecipavano alla Messa, vicino all’altare dei Santi Martiri.
Non vollero che il parroco don Genaro, che di lì a poco fu trasportato anche lui in chiesa, preparasse la propria fossa, dato che era molto anziano: l’aprirono di fronte all’altare maggiore.
Isidro e Segundo furono confortati fino alla fine dal loro parroco, che aveva chiesto di essere l’ultimo a morire proprio per impartire agli altri l’ultima assoluzione. Infine, tutti e tre vennero uccisi a coltellate e gettati nelle loro fosse. Isidro aveva 33 anni.
Un anno dopo l’accaduto, i corpi dei tre furono recuperati e riconosciuti, perché praticamente incorrotti, dai rispettivi familiari.

La causa di beatificazione
La causa di beatificazione di Isidro e dei suoi due compagni, cui è stato unito il giovane Antonio González Alonso, ucciso l’11 settembre 1936, si è svolta nella diocesi di Oviedo, ottenuto il nulla osta da parte della Santa Sede l’11 marzo 1997. L’inchiesta diocesana è stata convalidata il 26 aprile 2002, mentre la “Positio super martyrio” è stata consegnata nel 2007.
Il 21 gennaio 2016, ricevendo in udienza il Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, il cardinal Angelo Amato, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui la morte di don Genaro e di Segundo, Isidro e Antonio era dichiarata martirio in odio alla fede cattolica.
La loro beatificazione si è svolta nella cattedrale di Oviedo l’8 ottobre 2016, prima celebrazione del genere nel territorio diocesano, presieduta dal cardinal Amato come delegato del Santo Padre. Tra i presenti, Enrique, figlio di Isidro, unico discendente diretto dei quattro martiri, ormai ottantacinquenne.
La loro memoria liturgica, per la diocesi di Oviedo, è stata fissata al 21 ottobre, giorno della nascita al Cielo della maggior parte di questi martiri.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2016-10-10

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