Afragola, Napoli, 24 agosto 1924 – Vico Equense, Napoli, 25 maggio 1942
Margherita Candia, nativa di Afragola, ebbe un’infanzia serena, guidata dall’esempio dei genitori e delle suore che furono sue maestre. Dopo aver visitato, nei primi mesi del 1942, un ospedale militare, rimase sconvolta dalle condizioni dei feriti di guerra e dichiarò di essere disposta a offrire la propria vita per ottenere la pace. Il 25 maggio 1942 si aggravò improvvisamente e morì tre ore dopo aver rivisto la madre per l’ultima volta; aveva poco meno di diciott’anni. I suoi resti mortali riposano nel cimitero di Vico Equense, nella tomba delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea, che l’ebbero come educanda.
|
Margherita, nata ad Afragola il 24 agosto del 1924, era figlia di Nicola Candia e Maria Ciaramella e crebbe in una famiglia profondamente cristiana. I genitori, infatti, erano Terziari francescani; il padre fu ministro della fraternità locale.
All’età di otto mesi la piccola fu colpita da una grave dissenteria e rimase bloccata nello sviluppo dei movimenti e, in seguito, si ammalò per tre volte di bronco-polmonite riducendosi in fin di vita. Il padre Nicola chiamò quattro medici e tutti non gli lasciarono speranze. Con fiducia si rivolse a sant’Antonio di Padova, venerato nel Santuario di Afragola a lui dedicato: al suono delle campane del mezzogiorno del giorno successivo, la bambina guarì.
All’età di quattro anni, Margherita fu portata a Roma per un’udienza privata dal Papa. In quell’ occasione Sua Santità Pio XI, benedicendola, disse: «Va’ a mangiare i tuoi buoni maccheroni e fatti santa».
Dopo aver trascorso serenamente i primi anni di vita, e aver frequentato le elementari presso la scuola che le Suore Compassioniste Serve di Maria avevano nel suo paese natio, i familiari, quando aveva tredici anni, decisero di affidarla alle cure delle Suore di Carità dell’Immacolata Concezione d’Ivrea nell’Istituto SS. Trinità e Paradiso di Vico Equense.
Desiderava imitare l’esempio dei genitori e seguire l’ideale francescano ma la mamma, ritenendo che non potesse partecipare con frequenza alle adunanze del sodalizio, preferì che s’iscrivesse all’Azione Cattolica Femminile del collegio. La sua vita non si espresse in doni straordinari ma fu esempio di ubbidienza e sacrificio ed era dotata di squisita sensibilità e delicata comprensione.
Nel corso dell’ultimo anno scolastico, con le altre educande e le suore, si recò, nei primi mesi del 1942, presso un ospedale militare. Sconvolta dall’aver visto e conosciuto un ufficiale che in guerra aveva perso braccia e gambe, iniziò a meditare sulla sofferenza. In quei giorni la sentirono affermare: «Se il Signore mi dicesse che farebbe finire la guerra ora e tornare la pace nelle famiglie, a condizione che io morissi, risponderei eccomi qui, sono pronta, prendimi anche in questo istante!».
Dopo alcuni giorni, il 25 maggio del 1942, inspiegabilmente le sue condizioni di salute si aggravarono. Raggiunta dalla mamma, le riferì che aveva promesso a Gesù Crocifisso altre tre ore di sofferenza in ricordo delle ore di agonia che ebbe sulla Croce e aggiunse: «Mammina tu sarai sola a soffrire, mentre tante mamme godranno».
Trascorse queste ultime ore pregando, con lo sguardo rivolto al Crocifisso e alla Madonnina di Lourdes che aveva al suo capezzale, e affidandosi a sant’Antonio, che l’aveva protetta fin da piccola. Prima di addormentarsi nel bacio del Signore per tre volte aveva invocato: «Regina Pacis ora pro nobis». L’orologio dell’educandato martellava undici rintocchi (erano le 23 di sera): Margherita non aveva ancora compiuto diciott’anni. Lasciava il mondo con il volto roseo e sorridente, velato da un pallido candore, e il corpo emanava un odore di fiori.
Ai suoi funerali partecipò tutta la cittadina di Vico Equense che la pianse come martire di carità. Le Suore d’Ivrea, contrariamente a quanto chiesto dalla giovane prima di morire, non vollero separarsi da lei e ottennero che i suoi piccoli e fragili resti riposassero, tra le altre consorelle, nel cimitero di Vico Equense. Numerosi sacerdoti, negli anni seguenti, scrissero diversi opuscoli e propagandarono la conoscenza della sua storia in tutta la Campania.
Autore: Padre Michele Giuliano ofm e Giovanni Russo
|