E’ una bella storia di pietà popolare, quella che riguarda il santuario mariano di Galatone, nel Salento. Lì è custodita una icona della Madonna, davvero particolare con una storia miracolosa alle spalle, quella della Chiesa di Santa Maria della Grazia.
La cronaca risale al 1586, diversi documenti e la cronaca del canonico Francesco Antonio Core lo confermerebbero, ed in quell’anno che sarebbe avvenuto questo episodio di oltraggio all’icona mariana da parte di un personaggio locale, Antonio Ciuccoli, accanito giocatore d’azzardo, che persa l’ennesima scommessa e di umore nero trovò rifugio per la notte nella cappellina che ospitava l’immagine:
Quella sera, complice qualche bicchiere di troppo, a pagare le spese di tanta miseria umana fu l’immagine della Vergine. La lampada votiva, che ardeva giorno e notte dinanzi alla Madonna, non si spegneva, nonostante i rabbiosi tentativi dell’uomo che cercava di prendere sonno.
Fu la fatidica goccia che fa traboccare il vaso. Esasperato da quel fioco bagliore e fortemente infastidito dal viso della Vergine, che sembrava rimproverarlo silenziosamente, Antonio Ciuccoli perse la pazienza. Così, tra una bestemmia e l’altra, lanciò una pietra contro la sacra immagine, colpendo la Madonna in pieno volto, all’altezza dell’orbita destra. Immediatamente, intorno all’occhio oltraggiato comparve una evidente lividura, tuttora visibile, che (con l’accezione medica moderna) si direbbe un ematoma. Confuso e spaventato, il Ciuccoli fuggì via dal luogo del misfatto e per lungo tempo vi si tenne alla larga. Intanto, la gente che frequentava la cappellina si era accorta della strana macchia sull’occhio, ma non sapeva darsene una spiegazione. Lo strano fenomeno, come spesso avviene, iniziò a richiamare l’attenzione dei fedeli e a suscitare segni di devozione e pietà popolare. A distanza di diverso tempo, Antonio Ciuccoli capitò di nuovo nei pressi della sacra edicola. Era buio e, mentre si stava allontanando dalla cappella, inciampò nel cadavere di un uomo, assassinato da chissà chi pochi istanti prima. Senza quasi rendersene conto, si ritrovò ammanettato e condotto alle carceri cittadine. Due gendarmi che si trovavano a pattugliare la zona, infatti, lo avevano acciuffato sul luogo del delitto, ritenendolo l’autore dell’omicidio. A nulla valsero le giustificazioni e l’autodifesa dell’uomo che, dopo un processo sommario, fu condotto in breve tempo al patibolo.
Il giorno fissato per l’esecuzione, giunto il macabro corteo in piazza S. Sebastiano (dove era allestita la forca), il confessore si accostò al condannato per le ultime raccomandazioni e l’assoluzione in articulo mortis. In quel momento il Ciuccoli, gridando a gran voce, informò gli spettatori di non essere colpevole dell’omicidio di cui era stato ingiustamente accusato. Al contrario, si assunse la responsabilità di un crimine, a suo dire ancor più grave, dichiarandosi pubblicamente come il sacrilego autore dell’oltraggio all’immagine della Madonna della Grazia. Il popolo, muto fino a quel momento, si sciolse in un unico rabbioso grido: “Alla forca!”. E il boia portò a termine il suo lavoro.
Autore: Lucandrea Massaro
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