Nasce in Normandia nel 1906, terzo e ultimo figlio di modesta famiglia cattolica, padre alsaziano e madre creola. In casa riceve buona educazione cristiana, che con Gesù gli trasmette un coraggio e una gioia senza pari. Il ragazzo ha la certezza che Gesù non è noioso ma bello e affascinante.
A 20 anni Paul presta servizio militare in Algeria. Al suo ritorno da quella prova del fuoco non augurabile a nessuno, dice ai suoi genitori: «Io ora sarò Prete e missionario».
Da quel momento, sua madre non fa che pregare per lui che si prepara alla missione e presto sarà missionario in prima linea. Paul dirà di lei: «È stata più missionaria di me». E spiega: «Una vocazione sacerdotale affonda spesso, quasi sempre, le sue radici nel cuore di una madre».
“Cha Kim”
Studi serissimi con una grande passione per Gesù. Minato dalla tubercolosi, guarisce. Passato attraverso una dolorosa notte oscura dello spirito, ne esce più luminoso che mai. Nel 1937, 30enne, è ordinato Sacerdote delle Missioni estere, e parte subito per Hanoi, nel Tonchino, l’odierno Vietnam. È un paese allora sotto il protettorato francese e per la lingua non ha difficoltà, ma lui impara la lingua locale.
È così simpatico e suasivo che subito chi lo conosce, gli dà il soprannome di “Cha Kim” (= il Padre d’oro). Inforca la sua bici e percorre le povere vie fangose sul delta del Fiume Rosso, alla ricerca di anime da salvare: confermare i Cattolici nella loro Fede, convertire a Gesù nella Chiesa Cattolica chi non crede ancora.
È affascinato dalla partecipazione alla Messa festiva: dalle quattro del mattino di ogni domenica, le chiese sono piene e si succedono molte Messe affinché tutti possano parteciparvi, senza mancare mai. Padre Paul si fa amare da tutti gli onesti. I suoi incarichi si succedono e si moltiplicano con il passare del tempo: Viceparroco, poi Parroco della Cattedrale di Hanoi, professore di Religione cattolica al Liceo, assistente degli scout, cappellano delle carceri e direttore di un orfanotrofio che lui però attrezza stile casa-famiglia. Superiore delle Missioni estere di Indocina, viene elevato al rango di ufficiale della Legion d’onore.
La sua gloria, la sua passione è una sola: essere appassionato e fedele Sacerdote di Gesù Cristo. Il modello al quale guarda, sebbene ne sia così geograficamente lontano, è il Santo Padre Pio XII! Ancora di più, quando nel 1952, Pio XII lo eleva a diventare Vescovo di Kontum: ha 46 anni ed è un vero capo, un autentico pastore di anime.
Fino all’eroismo
Gli tocca lasciare tutto, per un borgo di 5.000 anime, con una Cattedrale di legno e una regione montagnosa di 70.000 km2, popolata in gran parte di primitivi. Ma che importa? L’altare, cui ogni mattina ascende, rende giovane il Sacerdote. Si rimette al lavoro, visitando la sua diocesi sulla jeep, in aereo, in piroga, anche a piedi, meravigliato delle realizzazioni dei Vescovi suoi predecessori, che definisce «santi, eroi, dei veri geni».
Dal 1940, con l’invasione dei giapponesi, la guerra non è più finita: i “Viet-minh” (comunisti) tessono la loro tela, lentamente ma senza fermarsi mai. Prima soccombe a loro la Francia, infine gli stessi americani dovranno capitolare davanti ai comunisti nel 1975. Mons. Paul Seitz svolge il suo ministero, spesso e sempre più braccato dai comunisti, che odiano Gesù e la sua Chiesa Cattolica. Ma non si scoraggia, non rinuncia, opera!
All’inizio degli anni ’60 partecipa al Concilio Vaticano II, ma il suo pensiero è sempre rivolto, soprattutto da Roma, al suo Vietnam in agonia. C’è chi vuole “dialogare” con i comunisti, ma questi non dialogano con nessuno, anzi pensano a intimidire, deportare, ammazzare, spiare, buttare la gente nella disperazione.
Il Vescovo rinfranca il morale a tutti: «Siamo come Gesù nel Getsemani e sulla via del Calvario, ma Gesù non fugge. Ama e si immola per un mondo di carità». «Dobbiamo pregare di più, perché non basta la solita preghiera». Nelle omelie e negli incontri, cita tutti i Martiri più significativi per il suo popolo: «Non siamo soli. Abbiamo loro, come amici, con noi».
Ciò che colpisce è il suo ottimismo, il suo coraggio contagioso, persino il suo buon umore. Suscita l’eroismo nei Preti, nei Seminaristi, nei Cattolici. Un giorno, a contatto con lui, un seminarista fuggito da un villaggio occupato dai comunisti, si ricorda di aver lasciato nella piccola chiesa Gesù Eucaristico. Guardando il suo Vescovo che un giorno gli ha detto: «Capita poche volte nella vita di essere eroi», torna sui suoi passi e va a “salvare Gesù” da quelle mani sacrileghe.
Monsignore ha una predilezione speciale per i bambini che sono il futuro della Nazione, della Chiesa e del mondo. Con audacia, senza un soldo in tasca, fidando nella Provvidenza, crea per loro diverse belle opere: un centro educativo che ospita 400 ragazzi; l’orfanotrofio (una casa-famiglia!) con il titolo di “città di santa Teresa”, che accoglie 350 bambini, con scuola e lavoratori. Ma questo non basta. La sua carità lo pone a servizio di tutti in tutte le circostanze: ha fatto anche il cappellano volontario dei soldati che resistono all’invasione giapponese. Organizza la fuga e poi la vita dei Cristiani che scappano dal regime comunista.
L’apostolato per Gesù è la sua occupazione continua: sviluppa la scuola dei catechisti, la quale per sei anni forma dei giovani, che tornati ai loro villaggi assicurano la perseveranza nella fede tra i due passaggi annuali del Sacerdote. Si occupa con cura speciale della popolazione che vive sulle montagne, spesso nella povertà più aspra, però è ricca di fede.
Ma con l’avanzata dei comunisti, tutto diventa più difficile, ai limiti della sopravvivenza. Imboscate, assassinii, violenze: Clero e fedeli sono malmenati dal regime che prende possesso del paese. Il Vescovo li sostiene e li incoraggia, sfidando pericoli e minacce. Un villaggio è distrutto? Lo si ricostruisce! Un Prete è liberato dal carcere? Ebbene, ritorna alla sua missione!
Nonostante il clima incandescente, il Cattolicesimo è in piena vitalità. La gente di montagna si converte a Gesù, sono tribù intere. Mancano i Preti? Monsignore li fa venire dall’Europa e suscita vocazioni locali, chiamando giovani e adulti celibi che ha già sperimentato validi nell’apostolato. Può fare loro solo una promessa: «Voi condividerete con il Cristo – e il vostro Vescovo – la tribolazione e la croce!». «Ma non temete: anche la gioia unica di prolungare Gesù Cristo, oggi!». «Lui è il Maestro e il Signore dell’impossibile!».
Il bilancio di più di 20 anni di episcopato è impressionante. Ma riconosce che resta ancora molto da fare. Tuttavia: «Nonostante tutto, voglio ancora essere un santo, un santo Vescovo!». All’inizio degli anni ’70 scrive la sua ultima lettera pastorale in cui mette in guardia contro i lupi (in Vietnam non sono neri, ma... “rossi”) travestiti da pecore: «Siate degli apostoli ardenti e intrepidi davanti al marxismo ateo e omicida!». «Né paura né servilismo né scoraggiamento. Gesù Cristo ha già vinto il mondo».
Ora i “rossi” non lo tollerano più e lo espellono dal Vietnam. All’aeroporto domanda ai poliziotti comunisti: «Non avete paura di quanto potrei dire di voi in Francia?». «Noi non temiamo nulla – gli rispondono –, i vostri compatrioti non vi crederanno».
Il tempo dei cani muti
Infatti, purtroppo sarà così. Il rientro in Francia per Mons. Paul Seitz è come una doccia fredda: nel momento in cui il Vescovo di Saigon è arrestato e poi passerà 13 anni in carcere, la Francia è un paese muto, addormentato, indifferente. La desistenza di certe autorità gli ispira un libro incisivo, Il tempo dei cani muti. “I cani del Signore” dovrebbero latrare quando arrivano i lupi, ma ora molti sono accucciati e tacciono. Purtroppo è la Verità taciuta, la complicità di fatto con l’errore.
Nelle conferenze che tiene, nelle comparse in Tv, nelle udienze ai Papi, Mons. Seitz ripete che Cattolicesimo e comunismo sono incompatibili. Ma nel tempo delle “novità”, egli trova autorità piuttosto intimorite dal suo discorso. È la sua ultima missione: «Impiego tutte le mie ultime forze a gridare la Verità in Francia e in Europa».
Alla denuncia della situazione in Vietnam, unisce il soccorso generoso portato agli esuli in Francia e la preghiera per il suo Clero e i suoi fedeli, lasciati sotto la dittatura dei “rossi”. Va incontro a Dio a 78 anni, il 26 febbraio 1984. Alle sue esequie il Card. Lusitger, Arcivescovo di Parigi, due giorni dopo, dichiarò: «Affidandosi a Gesù, il Maestro dell’impossibile, Mons. Paul Seitz è stato uno dei più grandi missionari del secolo XX e ha vissuto la sua missione con lo stile di san Paolo: “Hilarem datorem diligit Deus”. Dio ama chi dona con gioia». Una guida anche per oggi.
Autore: Paolo Risso
|