IV sec.
Vescovo di Emona (sede ignota), venerato a Cittanova fin dal XII secolo, è ritenuto il primo vescovo cittadino. Il suo martirio, sotto Decio o Diocleziano, rimane un enigma. Le sue reliquie, traslalate a Venezia nel 1451, furono oggetto di un furto e successivo recupero. La devozione a San Massimo, seppur con alterne vicende, è sopravvissuta nei secoli, alimentata da opere d'arte e ricognizioni delle reliquie. Ancora oggi è conteso tra Cittanova e Reggio Emilia.
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I dati certi della sua vita sono pochi: nelle sottoscrizioni del concilio di Aquileia del 381 figura anche un Maximus episcopu Emonensis, per quanto la collocazione topografica della sede sia difficile, fluttuando tra Aemonia (Lubiana), Aemona (Cittanova d’Istria) o Nona, presso Zara.
Nel quadro della storia del suo culto va collocata l’iscrizione in suo onore, posta nel 1146 dal vescovo Adamo di Cittanova nella cattedrale. In base a tale iscrizione, agiografi posteriori, ritenendo Aemona eguale a Cittanova, fecero di Massimo il protovescovo.
Secondo i dati della sua passio avrebbe patito sotto Decio oppure sotto Diocleziano in provincia Aviensi.
Quando nel 1443 la diocesi di Cittanova fu unita a quella di Parenzo, anche qui si diffuse il culto del santo. Dopo l’unione temporanea di Parenzo al patriarcato di Venezia nel 1451, si operò la traslazione delle reliquie del martire nella capitale della laguna, a cura di un patrizio di casa Badoer, che abitando nella parrocchia di S. Canciano, le volle collocare in codesta chiesa.
Nel 1477 il Manerbi, pur confondendolo con M. vescovo di Reggio Emilia, poteva già constatare la devozione dei fedeli, dando vita, con questa confusione ad una tradizione, in base alla quale, nel 1558, il corpo del martire fu rubato e trasportato a Reggio. Solo il 21 novembre dello stesso anno avvenne la restituzione dopo l’intervento del senato veneziano, che dapprima torturò il clero della parrocchia alla ricerca del ladro e poi, conosciuta la verità, incaricò i suoi oratori presso papa Sisto V di insistere per il ritorno delle reliquie nella città d’origine.
Nel 1638 la famiglia Widmann gli eresse una cappella, decorata con una statua del Moli; successive ricognizioni furono compiute nel 1879 e 1906.
La festa di Massimo nel Calendario veneziano del 1556 è indicata al 29 maggio, come già segnava il Kalendarium venetum del sec. XI, data derivante però dalla confusione con il vescovo di Verona; solo nei calendari del secolo XIX si spostò la festa al 24 ottobre; ora nel Proprium veneziano è stata riportata al 29 maggio.
Autore: Antonio Niero
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