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Gino Vignola Laico

Festa: Testimoni

Monticello d’Alba, Cuneo, 5 aprile 1923 - 11 dicembre 1962


Gino Vignola, nato il 5 aprile del 1923 a Monticello d’Alba (CN), riceve una salda educazione cristiana dal papà, postino del paese, retto e generoso, e dalla mamma, solita a specchiarsi nella Madonna per vivere la sua fede. Dopo le elementari continua gli studi. Cresce tra “gli aspiranti” dell’Azione Cattolica, con l’impegno di rassomigliare a Gesù nella preghiera, nella purezza e nel dono di sé agli altri. A 18 anni, mosso dal desiderio di servire ragazzi e famiglie, consegue il diploma di maestro elementare: ha dentro di sé il progetto di portare Cristo alla società, di essere apostolo del Signore. Guidato dai sacerdoti migliori di Alba, approfondisce la conoscenza del “Mistero cristiano” e un rapporto sempre più intenso e luminoso con Gesù vivo.

Una vita per la scuola

Il 1° ottobre 1941 Gino ottiene il primo incarico come maestro a Sant’Antonio di Monticello d’Alba. Si iscrive all’Associazione Maestri Cattolici, dove trova la possibilità di essere aiutato da uomini illustri della pedagogia e del pensiero cattolico. Nessuno lo ferma più, mobilitato dentro da Gesù e dal suo divino Spirito, che lo sostiene in un lavoro continuativo, una vita intensa al limite delle possibilità umane.
Gino si dedica ai suoi piccoli alunni con l’affezione di un fratello maggiore, li arricchisce di una vera preparazione alla vita, convinto che solo Gesù Cristo educa l’uomo alla pienezza e che senza di Lui non c’è né scuola né vera educazione.
A novembre del 1941, si iscrive alla Facoltà di Magistero (corso di lettere) a Torino. Sono anni durissimi di guerra, in mezzo a tante rovine egli guarda all’unico grandissimo faro di luce che splende nelle tenebre, il Santo Padre Pio XII: segue la sua azione, i suoi discorsi che chiamano all’intimità con Gesù, al dono totale a Lui e alla Chiesa, all’apostolato nel mondo, e preparano alla ricostruzione del dopo-guerra. Si sente spinto a lavorare per l’Italia e per la Chiesa, con un impegno religioso e civile nella luce di Cristo Re. Non era ancora diplomato e già andava a parlare ai ragazzi della sua parrocchia e nelle parrocchie dell’albese, facendosi ascoltare, simpatico e attraente: «Io stesso vi confesso – dice agli adolescenti – che da quando mi sono impegnato a ricevere la Comunione tutti i giorni, ho sentito una forza misteriosa che mi aiuta a procedere più sicuro nella vita. Facciamo ogni giorno il nostro programma e deponiamolo nel Cuore di Gesù, non aspettando che le cose determinino in noi lo stile da seguire».
Tra il 1945 e il ’46, con i giovani di Azione Cattolica, con i colleghi insegnanti, Gino partecipa a giornate di studio alla “casa” di Altavilla che diventa per lui l’oasi della sua anima: lassù porta i ragazzi e i giovani di Monticello, molti colleghi, ad arricchirsi di luce, a riempirsi di Gesù. Appassionato di Lui, percorre la diocesi da La Morra a Castagnole Lanze, chiamato dai parroci a parlare ai giovani. È invitato persino in Seminario a parlare ai chierici: «Continuerò – dice – a parlare di Gesù, con la consapevolezza della inutilità delle mie parole senza l’appoggio della Grazia. Ma noi, la Grazia che trasforma le anime, la chiediamo nella preghiera». Il 30 giugno 1949 si laurea in Lettere con 110 e lode. Nel 1950, primo tra 1800 candidati nella provincia di Cuneo, vince il primo concorso magistrale indetto nel dopo guerra. Ora ha il suo posto a Monticello paese e si sente un vero missionario nella scuola e tra le famiglie.
Ai ragazzi offre una formazione intensa, “alla statura di Gesù”, cercando la collaborazione con i genitori e la parrocchia. I suoi prediletti sono i ragazzi più difficili, ai quali spiega e rispiega, in modo che nessuno resti indietro. Nel 1951 dà vita al “centro di lettura”: lo dirigerà per dieci anni con un numero molto alto di partecipanti in tre sezioni: adolescenti, giovani e adulti, con lezioni sugli argomenti più vari. È stata un’opera di alta promozione umana alla luce di Gesù. Nel contempo partecipa a giornate e incontri a livello regionale e nazionale, in cui conosce personalità di primo piano nell’Italia del suo tempo, quali La Pira, don Giovanni Rossi, soprattutto Luigi Gedda; proposte diverse tra le quali Gino, conosciuto da costoro, cerca il suo posto nella vita e nella Chiesa.

“Operaio di Gesù”

«Come mai, si domanda qualcuno, Gino Vignola, maestro, dottore in lettere, non si sposa? È un buon partito!». Ma è Gesù che per Gino è diventato l’unico amore: «Tutto mi trascina – scrive – a questo dono totale di me a Lui... In cuore mi canta sempre lo stesso ideale, un’ansia di consacrazione totale, fino alla consumazione di tutto me stesso, come un’ostia – con Gesù Ostia – nell’umiltà più assoluta». Legge il libro Getsemani di Luigi Gedda e ne rimane affascinato: essere nel mondo, non del mondo, e diventare “operaio del Getsemani”, che non dorme mentre il Cristo è in agonia, “operaio di Gesù” per farLo conoscere, amare, e rimettere ogni cosa, le realtà umane tutte, in Gesù, che, unico, dà consistenza e salvezza. Nel novembre del 1951, alla “casa Getsemani” fondata dal prof. Gedda a Casale Corte Cerro (NO), matura nella preghiera la sua decisione. La sera del giovedì Santo, il 2 aprile 1952, nella cappella della casa di Altavilla (diocesi di Alba), Gino si consacra per sempre al Signore, entrando appunto nella “Società Operaia” fondata nel 1942 dal prof. Gedda. Così egli racconta: «Alle 23 e 30 ho fatto l’ingresso nella Società Operaia, deponendo nel calice dell’altar maggiore la mia domanda a Gesù con questa lettera: Gesù, divino Operaio del Getsemani, ti prego perché unito a Te, orante e sofferente, io ti possa testimoniare nel mondo della scuola e della cultura con umiltà di servizio, lealtà di intenti e generosità di consacrazione alla Verità e all’Amore, con fede ardente e purezza di offerta». Prega tutta la notte, chiedendo a Gesù luce ed energie per la sua missione. Fissa un regolamento semplice e austero di vita: «Messa, Comunione eucaristica, meditazione e rosario quotidiano, radicati in me. Studi, insegnamento, opere, tutto per Gesù». È sottinteso, ma è evidente che Gino ha offerto a Gesù il voto di castità per sempre: consacrato a Gesù solo e apostolo nel mondo, uomo tutto di Dio.
Nelle elezioni amministrative del 1956, Gino Vignola, a 33 anni, è eletto sindaco di Monticello e inizia subito una grande opera di rinnovamento-crescita del paese. Da quel giorno non si ferma più un istante, fino a quando Qualcuno lo fermerà per sempre, ma per porlo sul candelabro. Nel 1960 è rieletto sindaco per la seconda volta. In un discorso fa un primo bilancio della sua azione: «Ritengo che l’opera svolta con i colleghi e con coloro che hanno dato una mano abbia concorso in modo rilevante alla trasformazione in meglio dell’ambiente, a un umanesimo pieno, un umanesimo cristiano. Sono in atto forme di collaborazione scuola-famiglia, comune-parrocchia. È tutto un cantiere di iniziative culturali, formative, sociali: abbellimento del paese, sistemazione di strade, acquedotti rurali, discussioni su problemi amministrativi, sforzi per lo sviluppo industriale del paese».
Con la sua amministrazione, a Monticello d’Alba, sorgono locali scolastici adeguati, la scuola media, un’agricoltura più moderna... Lui stesso si impegna in pratiche snervanti là dove è necessario giungere fino a Roma, con una passione di servire che commuove, pagando spesso di persona, rimettendoci sul riposo (e sulle sue tasche), soffrendo per questo o per quello. Fa il sindaco con una visione cristiana dell’uomo e della società, con l’ideale del primato di Cristo nella cultura, nel lavoro, nella società, almeno il tentativo di realizzare nel suo pezzo di mondo, la “consecratio mundi” che era proposta dal Santo Padre Pio XII. Così attivo, nella scuola, nel Comune, in tutti i problemi della sua gente, prova una gioia immensa quando sotto il cielo stellato di Monticello, mentre tutti dormono, può passeggiare tutto solo a sgranare il Rosario alla Madonna per la sua gente che ama intensamente, per le difficoltà che non può risolvere, per i suoi alunni: «Ci resta solo il Signore, spiega, e quel pregare e soffrire per Lui e con Lui che è la gioia più bella che ci sia».
All’inizio dell’ottobre 1962, Gino comincia a insegnare come professore di lettere alla scuola media statale “Macrino” di Alba (CN). Ha un programma vasto e bello di lavoro che affascina colleghi e alunni, con la sua cultura, la sua competenza e il suo stile di vita. Qualcuno fa capire: «Nel prof. Vignola abbiamo sentito il Signore in mezzo a noi». Poche settimane così furono bruciate dalla carità, dalla vita come dono.
L’11 dicembre 1962, Gino si alza presto; come al solito va a Messa in parrocchia e riceve Gesù nella Comunione. Parte con la sua “Seicento” per Alba. Uno scontro sulla strada gelata, sangue sulla fronte: Gino muore a 39 anni. I giornali locali e nazionali subito parlano di lui “alla grande” come egli merita. Il Vescovo di Alba, Mons. Carlo Stoppa, il suo Vescovo, legge, rimane stupito e commenta con i suoi collaboratori: «Sì, conoscevo il suo nome, l’ho visto nelle visite a Monticello, ma non immaginavo che fosse così, sapevo quasi niente di lui». Gli viene risposto: «Vignola non si è servito della Chiesa per farsi strada. Operava in silenzio. Era solito dire: “Se faccio qualcosa di buono, sia per la gloria di Cristo e della Chiesa. Se sbaglio, il disonore solo a me”». Ai suoi funerali, cui partecipano uomini illustri anche da lontano, don Agostino Vigolungo dice: «È come un cristallo andato in pezzi. Raccogliamone ciascuno un frammento e lasciamo che passi anche attraverso di noi un raggio luminoso del Cristo». Molti giovani di allora, sul suo esempio (come lo scrivente), hanno scelto il suo stesso stile di vita: «Gesù solo... e ristabilire ogni cosa in Lui». Oh Dio dona all’Italia e al mondo dei cristalli così, che lascino passare, a cascate, la tua luce, il tuo amore, Te stesso!


Autore:
Paolo Risso

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Aggiunto/modificato il 2017-08-31

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