Nascita e famiglia
Teresa Gabrieli nacque a Bergamo il 13 settembre 1837, da Arcangelo Giuseppe Gabrieli e Lucia Morelli. Venne battezzata il giorno seguente nella Parrocchia di Sant’Alessandro, nel cui territorio abitava la sua famiglia.
I genitori, gente religiosa e modesta, speravano di poter avere tanti figli e che almeno uno di essi scegliesse la via della consacrazione religiosa. Prima di Teresa erano nate Maria Annunciata, Giovanna Alessandra, Maria Luigia, Antonia, e nel 1833 Domenico, vissuto appena due giorni, e poi Maria Luigia e Antonia, morte rispettivamente a sei e quattro anni, a due settimane di distanza l’una dall’altra. Le uniche sopravvissute erano Maria Annunciata e Giovanna, che al momento della nascita di Teresa avevano diciassette e quindici anni. Nel 1936, prima di Teresa, era nata Maria Luigia, e dopo di lei, per ultime, Angela Maria e Maria Elisabetta. Il numero dei figli in totale fu quindi di nove.
La morte del padre
Papà Giuseppe era ortolano, un po’ più colto rispetto ai suoi colleghi perché aveva studiato per qualche tempo in Seminario, da dove era ritornato in famiglia presumibilmente per le difficoltà subentrate, prima tra di esse la morte della mamma. Nel 1852, quando si ammalò gravemente, chiamò la moglie e le disse: «Quando io sarò morto, abbi cura particolare di Teresa. Non so, ma ho come il presentimento che debba venire da lei qualche cosa di buono. Vendi la mucca, e coi denari che ne ricaverai metti Teresa in collegio e falla studiare. Ho sognato poco fa un giardino con tanti bei fiori… Alcuni belli e rigogliosi, altri più modesti e meno belli… Teresa passeggiava in mezzo ad essi, e quali innaffiava, quali ripuliva, ad altri sarchiava la terra intorno e strappava l’erbe cattive… Non so cosa pensare, ma se il Signore volesse da lei qualche cosa… Fa’ come ti ho detto».
Studente presso le Canossiane
Mamma Lucia, rimasta sola con le figlie, affrontò il dolore trovando sostegno nella fede e cercò di guadagnare il necessario da vivere, per sé e per loro, continuando a coltivare ortaggi.
Compiendo le ultime volontà del marito, iscrisse Teresa alla scuola delle Figlie della Carità Canossiane, in via Rocchetta a Bergamo. L’ambiente favoriva decisamente l’indole riflessiva e intelligente di Teresa, che sin da piccola si era mostrata assetata di conoscere e di sapere sempre qualcosa di più, anche per essere utile agli altri.
Maestra diplomata, commerciante provetta
Già durante gli anni dello studio Teresa meditava sul proprio futuro, intuendo che Dio la voleva tutta consacrata a Lui, e forse tra le Canossiane. Dopo aver conseguito, il 24 novembre 1854, il diploma di maestra di grado superiore, rientrò in famiglia. Per la giovane età non le era concesso di insegnare nella scuola pubblica ed inoltre le scarse risorse familiari esigevano la sua presenza.
Gli anni di studio le erano serviti per diventare in breve tempo una commerciante avveduta e attenta anche ai bisogni dei clienti, oltre che a quelli della sua famiglia: ogni giorno s’impegnava a ricavare dalla vendita non più del necessario per vivere.
Alla morte della madre, il 17 luglio 1863, assunse pienamente il governo della casa. Per le sue maniere decise e gentili al tempo stesso, ebbe qualche proposta di matrimonio, ma le rifiutò tutte con determinazione, avvertendo con chiarezza che il suo cuore era attratto verso un altro ideale.
Educatrice alla fede e insegnante
Oltre che dedicarsi agli impegni familiari e commerciali, Teresa insegnava catechismo in parrocchia. Accolse con molto interesse «La dichiarazione della Dottrina cristiana», un catechismo a domande e risposte, pubblicato nel 1855 dal Vescovo di Bergamo, Monsignor Pierluigi Speranza. Egli, convinto che si dovesse partire dalla gioventù per arginare i mali della società, compresi quelli che all’epoca mettevano seriamente a rischio anche la Chiesa, lanciò un appello alla Diocesi inviando una lettera pastorale, datata 4 aprile 1861: «Tutti quelli che hanno fede e sana mente si adoperino per far argine al male che minaccia la gioventù».
Teresa sentì quelle parole come rivolte particolarmente a lei. Pregò a lungo e chiese consiglio al suo confessore, Monsignor Della Giovanna, Parroco di Sant’Alessandro in Colonna: aveva deciso di aprire una scuola elementare privata, per le bambine e le ragazze povere. Appena ricevuta l’autorizzazione, a soli sei mesi dalla lettera di Monsignor Speranza, Teresa si trasferì in via Osio 24 (oggi via Moroni), in alcuni locali presi in affitto. Il 28 ottobre 1861 quindi aprì la scuola, che portava il suo nome ed era diretta da lei stessa.
Intuitiva, ferma, in cammino di conversione
Teresa sapeva come ottenere la fiducia delle sue allieve: ben riusciva a intuire le loro disposizioni d’animo, con la capacità di attenta osservazione che aveva maturato nella gestione del negozio di ortaggi. Cercava non solo di trasmettere loro nozioni scolastiche, ma di educarle al senso di responsabilità nelle azioni e nelle scelte. Il tutto senza trascurare naturalmente la religiosità, in modo che fosse poi vissuta in maniera serena e consapevole.
Dotata di fermezza, all’occorrenza sapeva anche alzare la voce fino ad impazientirsi; in effetti sapeva che l’impazienza era il suo difetto maggiore, e da sempre s’impegnò per diventare più mite.
Con il Palazzolo a favore delle ragazze povere
Teresa non era la sola ad aver raccolto l’appello di Monsignor Speranza. Anche don Luigi Maria Palazzolo da tempo aveva spontaneamente scelto di dedicarsi all’educazione dei ragazzi poveri, intraprendendo iniziative a loro favore ed aprendo un Oratorio.
Pur sentendo una certa ritrosia per le ragazze, la superò senza esitazione quando le fu rivolto l’invito sollecitante dallo stesso Vescovo. Il Palazzolo al riguardo fu poi favorito dalla presenza già diffusa, in gran parte del Nord Italia, della Pia Opera di Santa Dorotea, avviata in quegli anni dai fratelli don Marco e don Luca Passi (quest’ultimo beato dal 2013).
Il giorno dell’Epifania del 1864, nella parrocchia di S. Alessandro in Colonna, don Luigi diede inizio alla Pia Opera di S. Dorotea ponendo la sede nel suo Oratorio maschile.
La maestra Teresa Gabrieli, che aveva sentito parlare dell’iniziativa, vi aderì con entusiasmo; la prima domenica di settembre 1866 ebbe l’incarico di “Sorvegliatrice”, e il 9 febbraio 1868 ne divenne “Vice superiora”.
Il sogno per una presenza continua tra di loro
L’Oratorio femminile era aperto solo la domenica, mentre quello maschile tutti i giorni della settimana. Don Luigi era preoccupato per le ragazze, che nei giorni feriali non avevano alcun sostegno educativo e correvano anche rischi di tipo morale. Soffriva tra l’altro per una forma grave di malattia ad una gamba, e proprio in tale sosta forzata per le necessarie cure, iniziò a pensare che fosse necessaria una comunità femminile, che si prendesse cura in modo costante delle ragazze. Alcune maestre della Pia Opera, libere da impegni familiari, potevano fare al caso suo, ma serviva anche una persona adatta come guida sia alle consorelle, sia alle giovani che sarebbero state accolte: poteva essere la maestra Teresa!
Dello stesso parere era il suo amico e consigliere spirituale Monsignor Alessandro Valsecchi, il quale un giorno commentò: «Chissà che il Signore non voglia qualcosa di più da quelle maestre…»!
Un “regalo” inaspettato per la maestra Teresa
Una mattina di novembre don Luigi chiamò in casa sua la maestra Teresa, che, appena entrata nel suo studio, notò una bambina seduta sul divano, storpia, che maneggiava alcuni giocattoli. Il Sacerdote l’affidò alle cure di Teresa, presentandogliela come un “regalo”. Tornando verso casa, Teresa pensava come convincere le sorelle, che erano prossime al matrimonio; Mólgori, così si chiamava la piccola, non si poteva che tenere in casa, e alla fine Teresa riuscì nel suo intento. Quando Angela Maria ed Elisabetta giunsero al matrimonio, Teresa poteva finalmente realizzare il suo sogno di consacrarsi al Signore. Non però tra le Canossiane: fu proprio il “regalo” di don Luigi, a farle comprendere che il disegno di Dio poteva essere un altro. Come lui, don Luigi, si era impegnato a raccogliere – letteralmente – le persone rifiutate dalla società, anche lei, Teresa, avrebbe potuto dedicare la sua vita alle ragazze e giovani abbandonate.
22 maggio 1869: consacrata a Dio
Don Luigi parlò della sua proposta anche a don Alessandro Alessandri, Direttore spirituale di Teresa che, informata e consigliata da lui, obbedì alla richiesta. Ai primi di maggio del 1869 traslocò in via Foppa, sede dell’Oratorio fondato dal Palazzolo, portando poco per volta quanto le serviva, in modo da non destare sospetti.
Don Luigi, dopo aver vegliato e pregato con la maestra Teresa in compagnia di altre due giovani, la notte del 22 maggio 1869 alle ore tre, celebrò la Messa nella chiesa dell’Oratorio maschile e al termine tutti si recarono nella casetta di via della Foppa: dinanzi ad un quadro dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria Teresa pronunciò i tre voti religiosi, cui aggiunse altre due promesse speciali: quella di fedeltà al Papa (erano gli anni della “questione romana”) e di incondizionata dedizione ai poveri, specialmente tra la gioventù.
Le prime Suore delle Poverelle
Entro breve tempo, a Suor Teresa si aggiunsero altre compagne, che ne condivisero la vita: Giuditta Broletti, il 21 novembre 1869, giorno in cui entrambe vestirono per la prima volta l’abito scuro che divenne la loro divisa, ed il 1° marzo 1970 Maria Esposita Flutti. Don Luigi nel frattempo si era già attivato per stendere le Prime Costituzioni. Quanto al nome, per qualche tempo continuò a chiamarle Dorotee, visto il rapporto pre-esistente con la Pia Opera di Santa Dorotea, ma poco dopo le chiamò «Benedette Figlie e Madri delle Poverelle», espressione ben presto trasformata in «Suore delle Poverelle». Significative le parole da don Luigi stesso usate per caratterizzarle: «Le Suore delle poverelle siano persuase che per questa vita dovranno avvolgersi continuamente tra i poveri, adoperarsi per i poveri, amare i poveri. Ogni Suora delle poverelle preghi Dio che le conceda spirito di madre verso i poveri».
La Famiglia religiosa cresce
Entro pochi anni altre giovani si sono aggiunte per condividere la vita e lo stile di consacrazione e di servizio ai poveri, previsti da don Luigi: Teresa, di fatto, divenne la Madre delle nuove Religiose, giunte al numero di 11 nel 1974.
Nelle sue lettere, scritte spesso di notte rubando ore al sonno, descriveva le situazioni reali e difficoltose che incontrava, ma lasciava anche trasparire la passione da cui era animata: «… un istante non mi sfugge dalla mente il bisogno di queste ragazze: il Signore lo sa; se accettasse l’offerta, offro la vita per la salvezza di una sola, perché sono certa che servirebbe il Signore meglio di me».
Quando invece le sue Suore erano tentate di confrontarsi con altre Istituzioni religiose, lei troncava decisamente con la concretezza che le era tipica: «…se altri lavorano in oro e voi in ferro nulla importa. Si ha sempre da desiderare che del bene se ne faccia. Noi cerchiamo di fare quel poco di bene che la Divina Provvidenza ci dà e che vuole sia fatto da noi e basta».
La morte di don Luigi
All’inizio del 1886 don Luigi rimase bloccato a letto: l’asma non gli dava tregua e, insieme ad essa, lo tormentava un’erisipela migrante, che gli intaccò prima le gambe, poi tutto il corpo. In più fu assalito da una sorta di depressione, motivata dai problemi economici e dalla paura di non riuscire a salvarsi l’anima. Madre Teresa soffriva con lui: per usare le sue stesse parole, si sentiva «inchiodare il cuore» per il peggioramento delle sue condizioni.
Una grande consolazione fu data ad entrambi dal Vescovo Monsignor Camillo Guindani, che il 12 maggio 1886 portò al Fondatore, ormai in fin di vita, approvate le Regole delle Suore. Il 15 giugno, all’1.20 del mattino, don Luigi morì.
In fedeltà al carisma, con il nuovo Superiore
Secondo le norme della Chiesa valide per ogni Istituto religioso femminile con approvazione diocesana, era necessario che le Suore delle Poverelle avessero come Superiore un Sacerdote indicato dal Vescovo. Fu designato al riguardo don Guglielmo Valsecchi, che Madre Teresa accolse in piena obbedienza, sottolineando alle comunità i suoi lati positivi, tra i quali la condivisione e fedeltà al carisma Ciò non toglie che talvolta sentiva la mancanza del Fondatore, con cui aveva portato le fatiche e le gioie dei primi decenni della fondazione. Per questo raccomandava continuamente alle consorelle di rifarsi all’esempio di lui: «Ti prego, guarda che le tue Suore siano umili, obbedienti, ma di quella umiltà e ubbidienza che ci ha dato esempio il nostro caro defunto Superiore: amore alla vita di sacrificio, come era lui, lavorava, pativa, si sacrificava, ma lo si vedeva sempre ilare e contento. Facciamo così noi?».
Madre Teresa Gabrieli, instancabile nella dedizione
Nel giro di vent’anni, Madre Teresa aprì oltre trenta comunità, sempre a servizio dei più poveri, e non solo a Bergamo città e provincia, bensì anche nelle province di Brescia e Vicenza. Le Suore cercavano di intervenire dovunque ci fosse bisogno, per lenire sofferenze e rispondere a necessità non raggiunte da altri: tra anziani, malati o poveri raggiunti a domicilio nelle loro case, tra affetti di colera e di vaiolo, tra bambini negli asili d’infanzia, ragazzi e giovani educandoli e promuovendo sane iniziative per lo svago, negli Oratori e nella catechesi parrocchiale,
Nelle lettere incoraggiava continuamente le sue “Poverelle” a stare allegre pur nelle difficoltà, a vivere «in armonie e pace», da vere «spose di Gesù Cristo», condividendo il suo amore di dedizione totale e di preferenza per i fratelli più poveri e abbandonati.
La sua morte
Nell’estate del 1907 le “Poverelle” furono invitate a Padova per un’azione educativa e di formazione religiosa a favore di ragazzi/e durante la settimana e per l’Oratorio festivo con adeguate iniziative. Madre Teresa sulle prime non era d’accordo, con gran stupore delle consorelle, ma poi acconsentì e al tempo convenuto accompagnò lei stessa le Suore.
Arrivata a Padova, fu colpita da un ictus cerebrale. Tornata a Bergamo, si riprese, anche se solo parzialmente, anzi col passare dei giorni peggiorò. Morì verso il mezzogiorno del 6 febbraio 1908.
I suoi resti mortali nel 1934, sono stati traslati dal Cimitero monumentale di Bergamo alla Casa Madre delle Suore delle Poverelle, in via San Bernardino 56, in un loculo interno appositamente preparato, coperto all’esterno da una lastra marmorea significativa.
La Famiglia religiosa delle Poverelle
La Congregazione delle Poverelle, le cui Regole furono approvate dalla Santa Sede nel 1912, negli anni Sessanta del secolo scorso ha raggiunto circa la composizione di 1.400 membri; nel 2017 conta circa 650 membri, distribuite in 86 case. Le Suore sono presenti, oltre che in Italia, in Africa: Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo, Costa d'Avorio, Kenya, Malawi; in America Latina: Brasile e Perù. La loro attività si esplica nel campo socio-sanitario e assistenziale, educativo, religioso in collaborazione con le Chiese locali, e di fronte ad ogni bisogno scoperto, naturalmente nei limiti del possibile.
Cammini di santità
La beatificazione di don Luigi Maria Palazzolo, Fondatore delle “Poverelle”, è avvenuta a Roma il 19 marzo 1963, sotto il Pontificato di Giovanni XXIII, ora San Giovanni XXIII.
A motivo di diverse difficoltà, tra cui la prima e la seconda guerra mondiale, l’espansione delle opere dell’Istituto in alcuni stati dell’Europa e nelle Missioni in Africa, con le comprensibili fatiche degli inizi e del sostegno a varie e molteplici attività, solo dopo quasi cento anni dalla morte della Cofondatrice Madre Teresa Gabrieli si è intrapreso il cammino della Causa per la sua Beatificazione, con l’accertamento delle virtù eroiche.
Ottenuto il Nulla osta da parte della Santa Sede l’11 maggio 2006, l’Inchiesta diocesana si è svolta a Bergamo dal 13 settembre al 24 ottobre 2007. Gli Atti dell’inchiesta diocesana furono trasmessi alla Congregazione delle Cause dei Santi in Roma: con l’apertura dei loro sigilli, il 6 febbraio 2008, a cent’anni esatti dalla morte di madre Teresa, iniziò la fase romana della Causa.
Il decreto di validità dell’inchiesta diocesana porta la data del 4 luglio 2008; la “Positio super virtutibus”, conclusa nel 2012, è stata valutata positivamente dai Consultori storici il 26 giugno del medesimo anno. Il 19 marzo 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui madre Teresa Gabrieli veniva dichiarata Venerabile.
Due anni dopo sono state dichiarate Venerabili anche le sei Suore che nel 1995, mentre erano impegnate al servizio dei malati nella Repubblica Democratica del Congo, rimasero contagiate dal virus Ebola a Kikwit: Suor Floralba Rondi, Suor Clarangela Ghilardi, Suor Danielangela Sorti, Suor Dinarosa Belleri, Suor Annelvira Ossoli e Suor Vitarosa Zorza.
Autore: Emilia Flocchini e suor Linadele Canclini, Postulatrice generale delle Suore delle Poverelle
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