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Beato Giacomo Ortíz Alzueta Salesiano coadiutore, martire

Festa: 27 luglio

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Pamplona, Spagna, 24 maggio 1913 – Barcellona, Spagna, 27 luglio 1936

Jaime Ortíz Alzueta, spagnolo di Pamplona, nella sua fanciullezza fu turbolento e indisciplinato. A dodici anni fu ammesso nella scuola professionale gestita dai Salesiani di Don Bosco nella sua città, ma se ne andò da solo, di nuovo a causa del suo temperamento irrequieto. Mentre lavorava in un’officina meccanica, meditò a lungo sulla miseria in cui versavano i suoi colleghi: tornò dai Salesiani e domandò di essere ammesso come coadiutore, ossia religioso non sacerdote addetto all’istruzione tecnica dei giovani. Professò i voti nel 1932. Nell’estate del 1936 fu travolto dalla persecuzione religiosa che si accompagnava alla guerra civile spagnola: l’istituto di Sarriá presso Barcellona, dove prestava servizio, venne chiuso. Trovò rifugio nella locanda di una benefattrice insieme a Felipe Hernández Martínez, religioso in formazione verso il sacerdozio, ma il 27 luglio fu arrestato con lui e col confratello chierico Zacarías Abadía Buesa. Tutti e tre furono uccisi quella stessa notte; Jaime aveva 23 anni. Insieme ai suoi compagni di martirio, è stato incluso nel gruppo di 32 Salesiani dell’Ispettoria Tarragonense (circoscrizione regionale sotto cui ricade Valencia), beatificati l’11 marzo 2001 nella celebrazione in cui, in totale, furono elevati agli altari 233 martiri uccisi durante la guerra civile spagnola. La Famiglia Salesiana ricorda lui e gli altri suoi martiri della stessa persecuzione il 22 settembre.

Martirologio Romano: A Barcellona sempre in Spagna, beati Filippo Hernández Martínez, Zaccaria Abadía Buesa e Giacomo Ortíz Alzueta, religiosi della Società Salesiana e martiri, che patirono il martirio sempre nella stessa persecuzione.


Jaime Ortíz Alzueta, nato a Pamplona, nella provincia spagnola della Navarra, era il capobanda tra i ragazzi del quartiere in cui viveva. Era temuto e ammirato: ovunque passasse portava il terremoto. Trascorse la sua fanciullezza vagabondando continuamente tra istituti e collegi, che inesorabilmente lo rispedivano a casa dopo averne constatata la sua incorreggibile indisciplina.
Un giorno fece ritorno a casa con la faccia sporca e ustionata dal sole. Suo padre, sconvolto, si precipitò nella casa dei Maristi, dove Jaime avrebbe dovuto essere a scuola, ma si sentì rispondere che suo figlio non si presentava alle lezioni da oltre un mese.
Come ultima possibilità, il 24 maggio 1913, a soli dodici anni, entrò nella Scuola Professionale salesiana della città. Qui rimase miracolosamente incantato dalla figura di san Domenico Savio. Fu ammesso a far parte della banda musicale, ma il suo vivace ed irrequieto temperamento anche qui non tardò a manifestarsi ed in un momento di dispetto scassò il suo strumento musicale e tornò a casa affermando: «Prima che mi cacciassero anche i Salesiani, sono venuto via da solo».
All’età di 15 anni Jaime lavorava in un’officina meccanica. Questo duro lavoro era anche purtroppo spesso caratterizzato dalla miseria materiale e morale dei suoi colleghi.
Nonostante tutto, la sua apertura al mondo lo portò a ripensare alla sua vocazione e dopo averla covata a lungo dentro di sé, prese una decisione uguale ed inversa a quando aveva sbattuto la porta dei salesiani. Si recò dunque dal direttore chiedendogli: «Se non è troppo tardi, voglio tornare qui e diventare salesiano. Voglio diventare non prete ma maestro di officina, per insegnare ai giovani a lavorare senza perdere la fede e l’anima».
Messo subito alla prova, fu impressionante la radicale trasformazione manifestatasi in lui. Dopo quattro anni, dedicati alla formazione nell’arte meccanica e nella vita cristiana, poté essere ammesso al noviziato. Nel 1932 poté così offrire la sua vita a Dio emettendo i voti di castità, povertà ed obbedienza e divenendo coadiutore salesiano. Assunse come proposito: «Salvarmi l’anima e salvare quella di altri giovani: ecco la mia vocazione».
Studiò ancora a Torino e venne destinato come capomeccanico alla Scuola Professionale di Sarriá, nei pressi di Barcellona. Instancabile lavoratore, si rivelò presto uno splendido figlio di Don Bosco. Sempre pienò di vitalità, era solito raccogliersi in preghiera con i suoi ragazzi, e dopo averli fatti lavorare sodo esplodeva con loro nella tipica allegria del cortile.
Nell’estate del 1936 fu anch’egli sorpreso dalla sanguinosa guerra civile che travolse l’intera Spagna. La scuola venne chiusa. Insieme con il religioso studente Felipe Hernández Martínez trovò rifugio in una locanda di una benefattrice, che fu perquisita dai miliziani il 27 luglio: furono presi i due salesiani ed anche un terzo, il chierico Zacarías Abadía Buesa, che era venuto per cercarvi rifugio. Per la condanna a morte di Jaime fu addotta come scusa l’aver trovato delle medagliette della Madonna nella custodia del suo clarinetto.
Dopo essere stati torturati, i tre furono uccisi quella stessa notte. Jaime aveva soli 23 anni di età. Solo dopo alcuni mesi, nella sede dei miliziani, furono rinvenuti a testimonianza del suo martirio dei documenti e delle fotografie, in cui era raffigurato con il petto barbaramente ferito e la faccia deformata da colpi di bastone.
Jaime e i suoi compagni di martirio furono inclusi nella causa capeggiata da don José Calasanz Marqués, composta da 32 Salesiani dell’Ispettoria Tarragonense (circoscrizione regionale) sotto cui ricade Valencia, comprese due suore Figlie di Maria Ausiliatrice. Il loro processo informativo iniziò il 15 dicembre 1953 e si concluse il 10 ottobre 1955. Il decreto sugli scritti si ebbe il 15 novembre 1962.
La convalida del processo informativo avvenne il 28 febbraio 1992 e nel 1995 fu presentata la “Positio super martyrio”. I Consultori teologi la esaminarono il 23 febbraio 1999, mentre il 1° dicembre 1999 fu il turno dei Cardinali e dei Vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi.
Infine, il 20 dicembre 1999, il Papa san Giovanni Paolo II ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui i 32 Salesiani potevano essere dichiarati martiri. Lo stesso Pontefice li ha beatificati l’11 marzo 2001, in una celebrazione che comprendeva in tutto 233 vittime della medesima persecuzione.
La Famiglia Salesiana ricorda tutti i suoi martiri uccisi durante la guerra civile spagnola, ossia i 32 di Valencia e i 63 di Siviglia e Madrid (beatificati il 28 ottobre 2007) il 22 settembre.

Autore: Don Fabio Arduino ed Emilia Flocchini

 



Nessun genitore, guardando alla vita del Beato Jaime Ortíz Alzueta, è autorizzato a disperarsi per il proprio figlio, per scavezzacollo e turbolento egli sia. E nessuno, proprio nessuno, può ritenere un fallimento la propria vita, perché davvero c’è una speranza per tutti.
Jaime, classe 1913, spagnolo di Pamplona, è l’esatto contrario di quello che normalmente si definisce un ragazzo modello: capobanda indiscusso dei ragazzi del suo quartiere, temuto ed ammirato per la sua forza e per la capacità di imporsi a cazzottate, porta il terremoto ovunque passa e si fa espellere dalle scuole di ogni ordine e grado, dopo che i professori hanno constatato la sua incorreggibile indisciplina. Un caso disperato, insomma.
A papà cascano le braccia quando anche dal Collegio dei Maristi gli comunicano che da mesi il figlio dodicenne marina la scuola per andare a scorazzare nelle strade di Pamplona. Lo porta, come tentativo estremo, dai Salesiani di Pamplona per fargli frequentare la scuola professionale.
Qui Jaime resta miracolosamente incantato dalla figura di Domenico Savio e comincia anche a suonare nella banda musicale dell’istituto, ma il “miracolo” ha breve durata: in uno dei suoi frequenti momenti di stizza scassa davanti a tutti il suo strumento musicale e se ne torna a casa, per evitare ai Salesiani il disturbo di cacciarlo dall’Istituto.
Inizia a lavorare in un’officina, un ambiente materialmente e moralmente degradato, e dove inaspettatamente avviene la sua trasformazione. A 15 anni decide di ritornare dai Salesiani, chiedendo con umiltà di essere riammesso nell’Istituto. Ha scoperto la sua vocazione: «Non voglio diventare prete ma maestro di officina, per insegnare ai giovani a lavorare senza perdere la fede e l’anima».
Trasforma la sua vita in modo impressionante, cambiando radicalmente stile e dedicandosi per quattro anni alla formazione nell’arte meccanica e nella vita cristiana. Nel 1932 diventa coadiutore salesiano, emettendo i voti religiosi e prendendo come proposito: «Salvarmi l’anima e salvare quella di altri giovani».
Viene a Torino per studiare, poi lo destinano come capomeccanico nella Scuola Professionale di Barcellona. È riuscito ad assorbire in pieno lo spirito di don Bosco: fa lavorare sodo i suoi ragazzi in officina, li fa pregare, ma poi esplode insieme a loro con la prorompente vitalità, propria del suo carattere, nell’allegria sfrenata del cortile secondo il più autentico stile salesiano.
Nell’estate del 1936, allo scoppio della guerra civile in Spagna che si trasforma in un’autentica persecuzione nei confronti della chiesa cattolica, la scuola salesiana viene chiusa, gli alunni si disperdono e Jaime, insieme a un religioso studente e a un chierico, trova rifugio nella locanda di una benefattrice.
Qui viene arrestato il 27 luglio: lo massacrano di botte, lo torturano e lo fucilano quella stessa notte con un unico capo di accusa: aver trovato medagliette della Madonna nella custodia del suo clarinetto. È solo un ragazzo di 23 anni, che da 8 appena è riuscito a dare un’inversione radicale alla sua vita.
Giovanni Paolo II ha beatificato Jaime Ortíz Alzueta nel 2001, insieme ad altri 232 martiri della guerra civile spagnola.


Autore:
Gianpiero Pettiti

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Aggiunto/modificato il 2018-04-02

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