Coloro che hanno trionfato nella tragica vicenda di Alfie sono stati proprio loro: Alfie, Thomas, Kate Evans. Una famiglia vittima dell’eugenetica “democratica”, come lo era stata quella di Charlie Gard (4 agosto 2016-28 luglio 2017), nella cui manina, nel tempo in cui si attendeva l’esecuzione della sua condanna a morte gli era stata posta nella manina un’immagine di san Giuda Taddeo. Molti cuori sono stati toccati profondamente dal calvario Evans, una storia che si ripete spesso negli ospedali di ultima generazione, ma quella di Alfie ha dimostrato, che, con il combattimento si possono piegare le coscienze delle persone e aprire le menti: il piccolo è rimasto in vita più volte, nonostante la volontà omicida dei medici dell’AlderHey Hospital d’Inghilterra e i genitori sono stati gli avvocati e gli assistenti più meravigliosi che il piccolo «gladiatore», come lo ha definito suo padre, potesse avere.
Il piccolo Alfie era nato a Liverpool il 9 maggio 2016 da Thomas Evans, elettricista di 20 anni, e Kate James, estetista di 19 anni. Nel dicembre, a 7 mesi, viene ricoverato nel reparto di terapia intensiva dell’AlderHeyChildren’s Hospital di Liverpool perché è affetto da una patologia neurologica degenerativa sconosciuta; la diagnosi, infatti, fino all’eutanasia del 28 aprile 2018, non sarà mai definitiva. Nel dicembre di un anno dopo, l'equipe medica stabilisce che la ventilazione artificiale che tiene in vita Alfie Evans deve essere sospesa poiché il bambino, sostiene, non ha alcuna possibilità di guarire, allo stesso tempo si oppone al desiderio dei genitori di trasferire il piccolo all'ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma per tentare nuove cure sperimentali.TuttaviaKate e Tom Evans non si arrendono alla volontà sanitaria che venga staccata la spina dei macchinari e subito si oppongono, fra la fine del 2017 e gli inizi del 2018, alla richiesta. Pertanto, senza accordo fra medici e famiglia, come prevede la legge inglese, interviene un giudice. Il casoapproda quindi all’Alta Corte inglese e il 20 febbraio 2018 il giudice Anthony Hayden, un’attivista Lgbt, una lobby chiaramente anticristiana, decide in favore dei medici dell’AlderHey, valutando che la sospensione della ventilazione sia nel migliore interesse del piccolo. Segue una durissima battaglia a colpi di ricorsi da parte della famiglia. Il 15 aprile Papa Francesco, che si era già interessato del caso, lancia un nuovo appello in favore di Alfie e pochi giorni dopo riceve in Vaticano suo padre; mentre l'ospedale Bambino Gesù di Roma ribadisce la propria disponibilità ad accogliere e assistere il piccolo. Il 20 aprile la Corte suprema britannica, a cui spetta l'ultima parola, rifiuta di riaprire il caso dopo che l’Alta Corte di giustizia, la Corte d’appello e la Corte suprema si erano già pronunciate a favore della scelta dell’ospedale di staccare i supporti vitali al piccino.
A questo punto i genitori tentano il tutto per tutto: il 23 aprile i genitori ricorrono alla Corte europea dei diritti umani, mentre il governo italiano concede la cittadinanza al bimbo inglese, sperando in un suo trasferimento in Italia. Il 24 aprile, intorno alle 22.30 (ora locale) vengono staccate le macchine per la respirazione. Dopo il distacco del ventilatore, i medici dell’AlderHey Hospital di Liverpool, visto che il bambino continuava a vivere, sono stati costretti dopo alcune ore a idratarlo nuovamente. Lo stesso giorno la Corte europea dei diritti umani rifiuta il ricorso dei genitori. Il 25 aprile 2018 la Corte d’appello di Londra rigetta la richiesta dei genitori di trasportare il bambino in Italia. Il 26 aprile Tom Evans incontra i medici con l'intento di chiedere di poter portare a casa suo figlio. Il 27 aprile l'Italia prega per Alfie in piazza a Roma, Milano e Torino. Il portavoce della Commissione europea, Christian Wigand annuncia che non c'è nessuna legge dell’Unione europea che possa essere invocata per consentire il trasferimento di Alfie in Italia. Il 28 aprile 2018, alle 02:30 viene ucciso Alfie Evans. Non è arrivato a due anni: li avrebbe compiuti il 9 maggio.
Dopo un comunicato politicamente corretto della Diocesi di Liverpool e scorretto nei confronti della famiglia Evans, dei diritti naturale e divino (comunicato stilato non per sostenere le ragioni della famiglia, ma per placare l’interesse della Santa Sede al caso in questione, dimostrato da Papa Francesco accogliendo in udienza Thomas Evans), il papà di Alfie ha scritto una supplica all’Arcivescovo di Liverpool, Malcolm Patrick McMahon, il cui contenuto è straordinario per fede, per logicità, per amore.
Si era appellato al pastore che non lo aveva riconosciuto come figlio implorante la vita della creatura sua e della sua sposa. Una missiva piena di dolore di un fedele che chiede pietà: «sono cattolico, sono stato battezzato e cresimato e guardo a Lei come mio pastore e al Santo Padre come vicario di Gesù Cristo sulla terra. Questo è il motivo per cui ho bussato alla porta della Chiesa per chiedere aiuto nella battaglia per salvare mio figlio dall’eutanasia! Sono consapevole che la morte di mio figlio è una possibilità reale e forse non è molto lontana. So che il Paradiso lo sta aspettando poiché non riesco a immaginare quale tipo di peccati possa aver commesso quell’anima innocente, inchiodata al suo letto come a una croce. Ma sono anche consapevole che la sua vita è preziosa davanti agli occhi di Dio e che Alfie stesso ha una missione da compiere. Forse la sua missione è mostrare al mondo intero la crudeltà che sta dietro le parole del giudice. Il giudice ha infatti dichiarato che la vita di Alfie è “futile”, sostenendo così la stessa posizione dell’ospedale che vuole che mio figlio muoia per soffocamento. Non sono un dottore, ma posso vedere che mio figlio è vivo e vedo anche che non viene curato. Per mesi ho chiesto all’ospedale e sto ancora chiedendo loro di permetterci di trasferire il nostro bambino, il figlio mio e di Kate, il figlio di Dio, all’ospedale del Papa che ha promesso di prendersi cura di lui, finché Nostro Signore lo permetterà e fino a quando Alfie avrà completato il suo viaggio.». Alfie ha avuto ed ha una missione speciale in questo mondo.
L’opinione pubblica mondiale ha subito uno scossone tellurico il 23 aprile 2018, nella festa di San Giorgio, l’oppositore del drago (Satana), protettore dell’Inghilterra, dei militi e dei martiri inglesi. L’ospedale è stato esternamente assediato dai manifestanti, si sono intrecciate trattative provenienti sia dalla Polonia che dall’Italia - nazioni dall’immenso patrimonio cattolico -, con la disponibilità dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma ad accogliere subito il bambino, fino ad arrivare alla cittadinanza italiana per Alfie.
Quel giorno migliaia e migliaia di persone hanno tenuto il fiato sospeso. Ma ogni sforzo è stato vano. Quella sera stessa, nell’ospedale degli orrori, hanno tolto il respiro all’ostaggio Alfie, staccando il supporto ventilatorio. I suoi genitori hanno così dato il proprio respiro al loro piccolo, bocca a bocca per ore ed ore… Il resto è cronaca nera.
Alfie è stato e sarà un dono per l’umanità. Gratitudine immensa, quindi, a Nostro Signore, presente con i suoi gladiatori nel mondo, si chiamino Giorgio o si chiamino Alfie. Alfie è stato considerato dalle autorità inglesi non una persona, ma una “cosa”, tanto che la sua vita è stata giudicata futile. Ma lui è morto in piedi perché in grazia di Dio, affidato alle cure spirituali di don Gabriele Brusco, sacerdote dei Legionari di Cristo, cappellano di una parrocchia di Londra, il quale, alla vigilia di San Giorgio, ha preso un treno per Liverpool perché Thomas e Kate cercavano un sacerdote cattolico.
Così, seguendo il caso attraverso i social e i media, si è presentato nel lager sanitario e ha amministrato ad Alfie l’Unzione degli infermi e la Cresima, proponendo al personale sanitario, seppure invano, la possibilità dell’obiezione di coscienza. L’agghiacciante ideologia che attanaglia il pensiero del regime sanitario della Gran Bretagna è basata su un diabolico pragmatismo.
Nell’autunno del 2012 uno dei sottosegretari alla Sanità, il liberaldemocratico Norman Lamb, non esitò ad invitare i medici di base a compilare una lista dei loro pazienti la cui morte era presumibilmente prevista entro un anno. A questi malati, da allora, viene richiesto se vogliono scrivere o dettare un testamento biologico per dare il permesso ai medici di sospendere medicinali e nutrizione.
Ad Alfie non è stata eseguita neppure una diagnosi della sua patologia; mentre ai genitori è stata tolta la patria potestà e sul bambino sono stati commessi atti martirizzanti. Spiegò all’epoca il sottosegretario Lamb: «Un quarto dei letti negli ospedali sono occupati da malati terminali e tra loro quattro su dieci non richiedono cure mediche. Se queste persone fossero ammesse una volta in meno al pronto soccorso la Sanità risparmierebbe un miliardo e 350 milioni di sterline l’anno» (circa un miliardo e mezzo di euro).
Nelle “liste della morte” è finito anche Alfie. Questi pazienti sono stati destinati al Liverpool Care Pathway, un protocollo adottato per la prima volta negli anni Novanta proprio a Liverpool e che dal 2004, dopo essere stato raccomandato dal National Institute for Healt and ClinicalExcellence, è diventato pratica comune nelle istituzioni sanitarie della nazione.
Tale protocollo significa: sospensione di cure e nutrizione, somministrazione di forti sedativi a persone classificate «vicine alla morte». Ma vicino alla morte non significa dentro alla morte! Alfie è il portabandiera di tutti coloro che vengono soppressi secondo un disegno antiumano e anticristiano, tanto macabro quanto dilagante.
Il sacrificio di Alfie, sequestrato e ucciso in un ospedale degno della ricerca scientifica del dottor Mengele, sarà custodito prima di tutto dalla Provvidenza che agisce nella storia e poi dagli uomini di buona volontà, che in questi giorni di dolore e di battaglia hanno agito con la preghiera, privata e pubblica, e con la mobilitazione mediatica, scuotendo molti ambienti, laici e religiosi.
Alfie è stato un testimone della fede per la cui salvezza si sono inginocchiate in preghiera una moltitudine di persone ed è stato oggetto di persecuzione anche spirituale oltre che fisica, tanto che gli è stato impedito di continuare ad avere l’assistenza sacerdotale dopo l’intervento di don Gabriele Brusco, che è stato allontanato con la complicità della Diocesi di Liverpool.
«So che il Paradiso lo sta aspettando», ha scritto ancora Thomas nella sua lettera all’arcivescovo di Liverpool, «poiché non riesco a immaginare quale tipo di peccati possa aver commesso quell’anima innocente, inchiodata al suo letto come a una croce». Croce vincente nella redentiva Croce di Cristo. Il santo innocente, ucciso dai moderni Erode lascia il testimone in eredità: è lo scudo gladiatore di Thomas e di San Giorgio Martire.
Autore: Cristina Siccardi
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