Suor Kinga della Trasfigurazione, monaca carmelitana del monastero di Magyarszek, nel sud dell’Ungheria, iniziò a scrivere il suo diario, su richiesta della sua Priora, la prima domenica di Avvento del 2008, nove mesi prima della sua morte, avvenuta il 24 agosto del 2009, quando suor Kinga aveva solo trentasei anni. Più che della cronaca di una vita, si tratta della rilettura di una storia di grazia fatta a partire dal suo punto più alto, dal quale si può contemplare l’intero percorso con grande lucidità e profonda pace.
La malattia ha tolto tutto a Kinga: i compiti che la occupavano, ma anche le preoccupazioni, le piccole rivalità, la paura del futuro. Ora, come lei scrive "può contemplare meglio le cose dal di fuori […] Il cielo della mia anima si è schiarito molto: il mistero della vita e della morte lo ha reso più luminoso, le piccole nuvole dei problemi quotidiani sono scomparse». Scorrendo le pagine del racconto è bene tenere presente che è con questo spirito e con questi occhi che Kinga ricorda e presenta i piccoli e grandi avvenimenti della sua vita. È come se il senso di essi le si fosse pian piano rivelato ed ora, nell’ultima pagina del diario, le fosse diventato perfettamente chiaro: «Vivere come chi ha visto la Risurrezione del Signore, essere testimone della Risurrezione del Signore. Che cosa intendo dire con questo? Parlo di una fede sicura. Irradiare speranza anche nelle situazioni più disperate, essere serena nell’angoscia e nella sofferenza. Non sento in me la forza per farlo, ma non vedo altro senso né altro scopo per sopportare questo tormento".
Certamente, Kinga parla di se stessa nel suo diario, ma in realtà non scrive per parlare di sé, bensì della presenza del Risorto nella sua vita. E così ci ricorda, meglio: ci ri-annuncia la verità più profonda, e insieme l’esperienza più concreta del mistero cristiano, e cioè che la luce della risurrezione si accende nel buio del sepolcro e il cammino verso l’alto passa attraverso l’abbassamento e la discesa agli inferi. Suor Kinga ha diviso il suo diario in due grandi parti: Entrata e vita al Carmelo e Storia della mia malattia.
Sono le due svolte fondamentali della sua vita. In realtà – e Kinga ne è ben consapevole – si è trattato dello stesso movimento, la cui direzione non è cambiata, ma si è soltanto approfondita. Il senso del suo essere al Carmelo era darsi senza riserve, offrirsi all’amore di Dio, mettendosi concretamente al servizio della propria comunità. La malattia non ha fatto altro che completare questo dono di sé, estendendolo dal fare a tutto l’essere della persona.
Nei termini di Teresa di Gesù Bambino: dare tutto e alla fine dare se stessi. Così Kinga è diventata fino in fondo se stessa, ha realizzato la sua vocazione. E così la giovane carmelitana ha ricevuto anche la sua missione, diventando messaggio e indicazione di cammino per noi suoi lettori, bisognosi di essere costantemente riportati all’essenziale del nostro essere uomini, pellegrini, mendicanti di luce.
Autore: Padre Saverio CannistrĂ OCD
|