I primi anni
Richard Henkes nacque a Ruppach, nei pressi di Limburgo in Germania (Land di Renania-Palatinato), il 26 maggio 1900, nono di tredici figli, quattro dei quali morirono in tenera età. Insieme ai fratelli, cominciò prestissimo ad aiutare in casa e nel lavoro dei campi. Suo padre Peter lavorava come scalpellino, per cui si allontanava spesso da casa.
L’educazione religiosa dei figli cadde tutta su sua madre Anna Katharina, che s’impegnò seriamente: ad esempio, prima che andassero a dormire, li aspergeva con l’acqua benedetta. Richard frequentò le scuole elementari nel suo paese, per sette anni, con ottimo profitto e voti alti.
Vocazione tra i Pallottini
Molto spesso arrivavano a Ruppach alcuni sacerdoti della Società dell’Apostolato Cattolico, detti anche Pallottini dal cognome del loro fondatore, don Vincenzo Pallotti (canonizzato nel 1963). Nel sentirli parlare delle loro missioni in Camerun, Richard si appassionò all’ideale missionario e domandò di diventare uno di loro. La sua richiesta fu accolta: quanto alla retta, i genitori s’impegnarono a pagare in natura, non in denaro.
Così, nel 1912, Richard entrò nello studentato dei Pallottini a Schoenstatt-Vallendar. Per i primi tempi ebbe nostalgia di casa, ma sentiva di dover perseverare. Era aiutato in questo anche dall’appartenenza alla Congregazione Mariana, ossia un gruppo di seminaristi uniti da una particolare devozione alla Madonna.
I suoi migliori amici in quel gruppo erano Josef Engling (per il quale è in corso la causa di beatificazione) e Karl Kubisch, nativo dell’Alta Slesia: Richard lo portava spesso a casa propria, durante le vacanze estive.
Servizio militare e proseguimento degli studi
Nel 1918 dovette prestare servizio militare a Griesheim e Darmstadt, durante la prima guerra mondiale. Prima di partire, affrontò e superò a Montabaur l’esame per diventare ufficiale. Alla fine dello stesso anno poté tornare a Vallendar, per concludere il liceo.
Nel 1919, dopo il diploma, si trasferì a Limburgo per il noviziato, gli studi filosofici e quelli teologici. Quello, per lui, fu un periodo di profonda crisi: avvertiva il peso dei propri limiti e la preoccupazione di non corrispondere pienamente agli ideali di cui si era infiammato da ragazzo. Nonostante quelle fatiche, cercò di essere disponibile a mettere la propria vita nelle mani di Dio.
Professione religiosa, ordinazione sacerdotale e malattia
Nel 1921 emise la prima professione religiosa e, il 25 settembre 1924, quella dei voti perpetui. Fu ordinato sacerdote il 6 giugno 1925 a Limburgo; l’indomani celebrò la Prima Messa a Ruppach. Nel 1926 divenne insegnante nello studentato di Schoenstatt-Vallendar. I suoi metodi non convenzionali infervoravano i giovani allievi, che si sentivano incoraggiati.
Tuttavia, meno di un anno dopo, don Richard cominciò ad accusare segni di spossatezza. Ricoverato all’ospedale Maria Hilf di Ahrweiler, non seguì le terapie prescritte, affaticandosi ancora di più. Di lì a poco, gli fu diagnosticata una forma avanzata di tubercolosi polmonare.
Perché si riprendesse, don Richard fu inviato nella Foresta Nera, dove si sottopose a tutte le prescrizioni. Nelle sue lettere, però, manifestava una certa insofferenza a stare in sanatorio. Il suo superiore provinciale, peraltro, aveva pensato di mandarlo in Sudafrica, dove il clima poteva essere ancora più favorevole. L’ipotesi cadde quando gli fu vietato di partire dal medico curante.
Nel 1928, don Richard poté tornare all’insegnamento. Dopo due anni a Schoenstatt, venne destinato a Katscher, in Alta Slesia. Continuò a insegnare e, in più, venne spesso chiamato per tenere ritiri e predicazioni in occasioni speciali.
L’inizio della sua opposizione al nazismo
Intanto, in Germania stava prendendo sempre più piede il partito nazionalsocialista. La visione del mondo da esso propugnata era in aperto contrasto con quanto le Chiese cristiane insegnavano. Erano anche cominciate le soppressioni di disabili e le persecuzioni contro gli ebrei.
Don Richard, nelle sue omelie, iniziò a contestare apertamente il nascente regime, presentando l’alternativa dei valori cristiani. Nel santuario di Annaberg, popolare meta di pellegrinaggio in Slesia, affermò decisamente che l’ideologia razzista era dannosa.
Era perfettamente consapevole che, tra le panche, erano seduti anche agenti della polizia segreta, la Gestapo, che trascrivevano le sue omelie. Un giorno mentre predicava nella cittadina di Frankenstein, in cui divenne insegnante nel 1937, si accorse di uno di loro. Interruppe l’omelia e, accostandosi a uno dei presenti, disse: «Ecco il testo dell’omelia. Per favore, datelo a quel signore lì. Così, non deve prendere più appunti».
Fedele al Magistero del Papa e dei vescovi tedeschi
Don Richard era in perfetta consonanza con quanto papa Pio XI proclamò con l’enciclica «Mit brennender Sorge» («Con viva preoccupazione»), pubblicata il 14 marzo 1937. Una settimana dopo, il 21 marzo 1937, la lesse pubblicamente dal pulpito per tre volte: due a Hindenburg e una volta a Ratibor. Del resto, il Pontefice aveva voluto che il testo fosse scritto direttamente in tedesco, per facilitarne la diffusione e la lettura.
Seguiva con attenzione anche gli appelli pubblici del vescovo di Berlino, monsignor Konrad von Preysing, e le omelie di monsignor Clemens August von Galen, vescovo di Münster (beatificato nel 2005), il quale condannava l’uccisione dei disabili psichici e fisici.
Più volte denunciato
Ancora prima della «Mit brennender Sorge», don Richard aveva tenuto a Ruppach, il suo paese natale, un’omelia pesantemente critica. Il fatto fu riferito alla Gestapo, ma lui ebbe solo un avvertimento a non predicare più in quel tono.
Nello stesso 1937, però, fu citato in tribunale per oltraggio ad Adolf Hitler, il capo del governo tedesco, di fatto dittatore. Ancora una volta era avvenuto durante un’omelia, nella cittadina di Katscher. Rischiò di essere condannato da un tribunale speciale, ma l’annessione dell’Austria al Reich tedesco e la conseguente amnistia generale fecero annullare la sentenza.
A quel punto, il superiore provinciale tolse a don Richard l’incarico d’insegnante della scuola di Frankenstein, per non mettere in pericolo gli studenti. Continuava però a far parte della comunità pallottina del luogo. In questo modo, poté essere ancora più libero di visitare altre parrocchie e località in Slesia, così da continuare la sua opera.
Il suo ministero a Strandorf
Nel 1941 avrebbe dovuto prestare servizio militare, ma ne venne esentato perché nominato parroco a Strandorf, nel territorio dell’odierna Repubblica Ceca. Il suo ministero lì fu improntato a far superare le differenze tra gli abitanti tedeschi e i cecoslovacchi. Svolgeva anche le attività più ordinarie come la visita alle famiglie e l’amministrazione dei Sacramenti, prendendosi cura in pari tempo dei chierichetti, delle donne costrette a emigrare e delle famiglie che avevano avuto dei caduti in guerra.
Allo stesso tempo, continuava a predicare nel territorio della Slesia. Nonostante gli avvertimenti degli amici e dei confratelli, non pose alcuna cautela nelle sue omelie. Nell’aprile 1943 definì «omicidio» la deportazione dei malati della clinica neurologica di Branitz. A quel punto, i nazisti decisero di sospendere le operazioni, almeno finché non avrebbero tolto di mezzo quel sacerdote.
L’arresto
L’8 aprile 1943, don Richard fu arrestato dalla Gestapo di Ratibor, con l’accusa di “abuso del pulpito”. Incarcerato a Ratibor, scrisse in segreto a una collaboratrice della parrocchia di Strandorf: «Fino ad oggi sono in isolamento che affligge tanto i nervi, ma sono mentalmente e fisicamente sano. Tranne due volte a settimana posso ogni giorno ricevere la Santissima Comunione e questo è un grande conforto per me […] All’inizio ho ancora pregato per la mia libertà ma poi ho lottato con me stesso e se dovessi anche andare nel campo di concentramento direi lo stesso “Deo gratias” come l’ho detto quando sono stato arrestato. Infine, devo davvero mettere in pratica ciò che ho predicato agli altri nei ritiri. Fino ad oggi il Signore mi ha ovviamente protetto, quindi non ho paura del futuro. Dio mi darà sicuramente la sua grazia […] Infatti, nel tempo che stiamo vivendo oggi, noi sacerdoti dobbiamo seguire il Salvatore nel Getsemani e forse anche sul Golgota».
In un’altra missiva, datata 1° luglio 1943, si rivolse a sua madre: «Fino ad ora ho percorso il cammino del Rosario Gaudioso. Se finora stavo sul pulpito o nella sala conferenze, si trattava sempre di un’attività sacerdotale piena di gioia. E se adesso voi, cara mamma, davanti al crocifisso pregate spesso il Rosario Doloroso, dovete pensare che faccio questo cammino insieme al Redentore, e questa non è una vergogna per un sacerdote. Se vivrò il Rosario Glorioso ancora qui in terra o già in cielo è una cosa che lascio decidere al buon Dio. Vi ringrazio molto per tutto il vostro amore. Non vi dimenticherò mai e ci ritroveremo sempre nella preghiera. [...] In nome di Dio e cordiali saluti. Il vostro grato figlio Richard».
A Dachau
Ormai, però, don Richard era in viaggio verso il campo di concentramento di Dachau. Arrivò il 10 luglio 1943: fu registrato col numero 49642. A Dachau erano stati raggruppati, a partire dal 1941, tutti i sacerdoti europei arrestati dalla Gestapo, provenienti dagli altri campi. Le baracche loro destinate erano le numero 26, 28 e 30.
Come gli altri detenuti, fu obbligato ai lavori forzati, inizialmente nella piantagione delle SS. In seguito lavorò nell’ufficio postale, quindi al comando disinfezione e, dalla seconda metà del 1944, come custode della mensa all’ingresso nel blocco 17. I parrocchiani di Strandorf, probabilmente coordinati dalla sua domestica, Paula Miketta, poterono almeno per qualche tempo mandargli dei pacchi di viveri, che lui condivideva.
Sacerdote anche nel campo di concentramento
Nello stesso campo erano prigionieri altri sacerdoti e un seminarista che, come don Richard, vivevano la spiritualità del Movimento di Schoenstatt fondato da don Josef Kentenich, il suo padre spirituale allo studentato (per il quale è in corso la causa di beatificazione). Erano don Alois Andritzki (beatificato 13 giugno 2001), don Gerhard Hirschfelder (beatificato il 19 settembre 2010) e il diacono Karl Leisner (beatificato il 23 giugno 1996). Quest’ultimo fu poi ordinato sacerdote clandestinamente, all’interno del campo.
Conobbe anche un sacerdote cecoslovacco, Josef Beran, che successivamente divenne arcivescovo di Praga e cardinale (anche per lui la causa di beatificazione è in corso). Con la speranza di tornare in Slesia, riprese a studiare con lui la lingua ceca, che aveva già cominciato ad apprendere. I sacerdoti non dovevano esercitare il ministero apertamente, ma lui e tanti altri continuavano a portare i Sacramenti a chi ne avesse bisogno.
La morte
Proprio per non lasciare sprovvisti di assistenza spirituale i prigionieri malati di tifo petecchiale, nel novembre 1944 don Richard si offrì volontario per andare alla baracca 17, dov’erano rinchiusi alcuni cecoslovacchi. Si dedicò a curarli anche dal punto di vista infermieristico, finché lui stesso, dopo circa dieci settimane, non contrasse la malattia. Morì il 22 febbraio 1945.
Uno dei sacerdoti prigionieri riuscì a ottenere che il suo corpo venisse bruciato nel forno crematorio separatamente dagli altri cadaveri. Fece quindi in modo che le sue ceneri venissero conservate. Il 7 giugno 1945, a guerra finita, l’urna che le conteneva venne tumulata nel cimitero pallottino di Limburgo. Nel 1990 è stata traslata in un’altra tomba nel medesimo cimitero.
I tentativi di avviare la causa
Già due anni dopo la morte di don Richard, il Capitolo Generale dei Pallottini decise di appoggiare l’avvio delle cause di beatificazione dei confratelli polacchi e tedeschi morti sotto il nazismo, lui compreso. Tuttavia, la beatificazione (22 gennaio 1950) e la canonizzazione (20 gennaio 1963) del fondatore fecero accantonare quel progetto.
Nel 1980, alcuni sacerdoti sopravvissuti al campo di Dachau incontrarono a Fulda il Papa san Giovanni Paolo II e gli parlarono di lui. Lo stesso gruppo, cinque anni dopo, avanzò una richiesta più formale al vescovo di Limburgo.
L’impulso più forte per l’avvio della causa venne però da monsignor František Radkovský, vescovo di Plzen: il 17 gennaio 2001 scrisse al superiore provinciale dei Pallottini di Limburgo, a nome della Conferenza Episcopale Ceca, ribadendo quanto aveva affermato nella commemorazione del cinquantesimo anniversario della morte di don Richard, nel 1995. L’Assemblea della Provincia votò a favore, a larga maggioranza.
La causa di beatificazione
Ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 4 settembre 2002, il processo diocesano per l’accertamento del martirio in odio alla fede di don Richard si è svolto nella diocesi di Limburgo dal 22 maggio 2003 (ma il 25 maggio sono cominciati effettivamente i lavori del Tribunale ecclesiastico) al 23 gennaio 2007. Gli atti dell’inchiesta sono stati convalidati il 13 marzo 2009.
Il 3 dicembre 2013, i Consultori storici della Congregazione delle Cause dei Santi hanno esaminato la “Positio super martyrio”, presentata nello stesso anno, esprimendo parere favorevole al riconoscimento del martirio. Nonostante fosse morto di malattia, infatti, il Servo di Dio si trovava prigioniero per amore verso il prossimo e per la verità, per aver annunciato la fede cristiana in contrapposizione al neopaganesimo nazista e per aver vissuto il sacerdozio pienamente.
Il 18 maggio 2017, lo stesso parere positivo è stato emesso dai Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi. L’11 dicembre 2018, anche i cardinali e i vescovi della stessa Congregazione si sono pronunciati a favore della dichiarazione di martirio.
Il 22 dicembre 2018, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui l’uccisione di don Richard Henkes era riconosciuta ufficialmente come martirio in odio alla fede.
La beatificazione
La sua beatificazione si è svolta il 15 settembre 2019 nella cattedrale di San Giorgio a Limburgo. A presiedere il rito, come inviato del Santo Padre, il cardinal Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani.
La sua memoria liturgica, nel calendario liturgico proprio della Società dell’Apostolato Cattolico, è stata fissata al 21 febbraio, giorno precedente quello della sua nascita al Cielo, nel quale si commemora, nel Calendario Romano generale, la Cattedra di San Pietro.
Quanto alle sue reliquie, il 30 aprile 2019 ha avuto luogo la loro ricognizione canonica. Da quel momento sono passate alla custodia del vescovo di Limburgo, monsignor Georg Bätzing.
Preghiera (con approvazione ecclesiastica)
Dio della verità e dell’amore,
hai chiamato padre Richard Henkes,
a fidarsi di te per tutta la vita,
per sostenere la verità
e riconciliare le persone.
Gli hai dato la forza
di essere portatore della Croce
e di dare la sua vita per gli altri.
Aiutaci ad essere vigili e risoluti
per seguire la nostra vocazione oggi,
in modo che le persone possano vivere nella dignità,
che hai dato a tutti.
Questo te lo chiediamo per Gesù Cristo,
nostro fratello e maestro.
Amen.
Autore: Emilia Flocchini
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