Salvador Victor Emilio Moscoso Cárdenas nacque il 21 aprile 1846 a Cuenca, nella provincia di Azuzay in Ecuador. Fu battezzato il 27 aprile, sei giorni dopo la nascita, nella parrocchia del Santissimo Sacramento della stessa città. Emilio, come lo chiamavano amici e familiari, era il nono dei tredici figli di Juan Manuel Moscoso e María Antonia Cárdenas y Arciniegas.
Fu educato nell’ambiente domestico, dove i principi religiosi erano fondamentali. Nel corso dell’adolescenza maturò un carattere docile e modesto. Diventato studente delle scuole secondarie, fu affidato a un fratello già sposato, a cui obbedì come se fosse suo padre.
Dal 1840, però, Ecuador e Colombia erano in guerra. Il governo colombiano, di stampo liberale, aveva espulso i membri della Compagnia di Gesù, i quali si rifugiarono in Ecuador, da cui vennero però cacciati nel 1850.
Tornarono nel 1862, richiamati dal presidente Gabriel García Moreno. Tempo dopo, il presidente della Colombia invase l’Ecuador, arrivando fino a Ibarra. I gesuiti, per mettere al sicuro i loro membri in formazione, decisero d’inviarli a Riobamba e di stabilire il noviziato a Cuenca.
Emilio aveva all’epoca diciott’anni. Era studente di Giurisprudenza all’università di Cuenca, seguendo il desiderio dei genitori, quando riferì al padre di voler diventare gesuita. L’uomo gli suggerì di proseguire gli studi e di prendersi del tempo per riflettere. Il ragazzo tornò dai genitori qualche tempo dopo, ottenendo la loro benedizione.
Dopo due anni di noviziato, il 27 aprile 1866, professò i primi voti nella cappella della Beata (Santa dal 2008) Narcisa di Gesù, situata nella chiesa del noviziato, che era stato riportato a Quito. Nel 1867 fu inviato al Collegio San Filippo Neri di Riobamba per il Magistero, ossia la tappa formativa che prevede il lavoro apostolico: insegnò grammatica superiore e retorica.
Terminato l’anno scolastico, fu destinato come docente di filosofia a Guayaquil, dove rimase fino al 1872. Nel 1873 tornò a Riobamba per insegnare logica, metafisica ed etica. Alla fine del 1874, concluso il Magistero, ebbe un nuovo trasferimento, presso il Collegio San Luigi di Quito in Perù. Lì, oltre che negli studi di teologia, s’impegnò come segretario di facoltà.
Il 23 ottobre 1876 la casa di formazione dei gesuiti si trasferì nei pressi di Quito. Nello stesso periodo, Emilio fu nominato interlocutore tra i compagni e i superiori: svolse quell’incarico con soddisfazione di entrambe le parti.
Fu ordinato sacerdote il 1° novembre 1876 a Quito, al termine del terzo anno di teologia. Per proseguire la formazione teologica secondo l’uso della Compagnia di Gesù, partì per l’Europa. Studiò quindi a Poyanne in Francia e compì la “terza probazione”, ovvero il periodo finale della formazione, a Manresa in Spagna. In quello stesso luogo, dove il fondatore sant’Ignazio di Loyola aveva trascorso undici mesi e ricevuto particolari lumi spirituali, ebbe la grazia di compiere un mese di Esercizi Spirituali ignaziani.
Nel 1879 fu destinato a Lima, presso il Collegio dell’Immacolata. Lì insegnò grammatica, aritmetica, geografia, storia antica e storia universale. Nello stesso luogo emise la professione solenne l’8 settembre 1879.
Nel 1882 tornò in Ecuador e a Quito, come amministratore del Collegio San Luigi. Ebbe anche altri incarichi, come quello di confessore e direttore spirituale di molti gruppi delle Figlie di Maria, come anche degli studenti del Collegio.
S’impegnò a fondo in tutto, ma nel suo cuore sperava di tornare a casa. Fu accontentato nel 1889, quando fu destinato di nuovo al Collegio San Filippo di Riobamba. Fu ministro della comunità gesuitica, prefetto spirituale e di salute, direttore spirituale degli allievi e direttore dell’Apostolato della Preghiera.
Accettò solo per obbedienza l’incarico di rettore dello stesso Collegio, insieme a quelli di prefetto degli studi, decano della facoltà di filosofia e professore di logica e di metafisica: per indole, infatti, rifuggiva dagli onori e dagli elogi. Amava invece avere un contatto diretto con gli studenti, che ammiravano la sua bontà e semplicità e lo cercavano come direttore spirituale.
Intanto, la situazione in Ecuador era incandescente. Il 5 giugno 1895, Eloy Alfaro, comandante supremo e generale dell’Esercito ecuadoregno, pubblicò una risoluzione con cui veniva rigettata la Costituzione del 1883. Lo scontro tra i suoi uomini, gli alfaristi, e quelli fedeli alla Costituzione, ovvero i costituzionalisti, s’intensificò nella zona di Riobamba.
I primi a venirne coinvolti furono i membri del clero e i gesuiti, accusati di proteggere gli oppositori. Monsignor Arsenio Andrade, vescovo di Riobamba, fu fatto prigioniero, ma il popolo reclamò la sua liberazione. Fu concessa, ma non del tutto, dato che fu messo agli arresti domiciliari.
Il 2 maggio 1897, anche i gesuiti furono incarcerati. Padre Emilio, al momento dell’arresto, era fuori casa. Appena fu informato dell’accaduto, volle raggiungere i confratelli, per condividerne la sorte. Durante la notte, il suo abituale contegno riservato lasciò il posto a una gioia quasi estatica, come se presentisse di essere prossimo a morire.
Il mattino seguente, nelle strade della città, la folla gridava per ottenere la liberazione dei religiosi. La pressione fu tale che i soldati decisero di rilasciarli tutti tranne quattro, concedendo loro diciotto ore di libertà. Appena rientrato al Collegio, padre Emilio cercò in ogni modo di far rilasciare i confratelli, mala sua richiesta non fu accolta.
Il 4 maggio, alle prime ore del giorno, alcuni guerriglieri costituzionalisti, credendo che i gesuiti fossero ancora detenuti, decisero di attaccare le baracche situate nelle vicinanze del Collegio San Filippo, luogo della loro prigionia. I militari alfaristi ebbero la meglio, poi si diressero alla chiesa interna: sfondarono le porte, poi profanarono il Tabernacolo e dispersero le Ostie consacrate, sparando contro ogni possibile nascondiglio.
I gesuiti non si accorsero di nulla, almeno finché i soldati non arrivarono nell’area loro riservata. Alcuni vennero trovati nella cappella al terzo piano: furono picchiati, alcuni fino al sangue, e legati, poi condotti per strada.
Intorno alle sette del mattino, i capitani Santos Manzanilla e Luis Soto si diressero nella camera del rettore. Padre Emilio fu trovato a pregare sul suo inginocchiatoio, col crocifisso in una mano e la corona del Rosario nell’altra.
Gli spararono un colpo alla testa, seguito da un altro al petto. In seguito gli misero tra le mani il medesimo fucile con cui era stato ucciso. Il colonnello Luis Quirola trascinò poi il cadavere per le strade, finché il popolo e gli stessi soldati gli chiesero di smetterla.
Il corpo venne quindi portato all’ospedale locale, dove molti fedeli lo toccarono con dei fazzoletti, o tagliarono il suo vestito per farne reliquie. Cinquant’anni dopo, i suoi resti mortali vennero collocati in un apposito sepolcro nella sacrestia della chiesa del Collegio di San Filippo, appena restaurata.
Il 4 maggio 1997, dopo oltre cent’anni, l’Accademia Nazionale di Storia Ecclesiastica promosse l’apertura della causa di beatificazione e canonizzazione di padre Emilio, per accertarne l’effettivo martirio in odio alla fede.
Ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 22 ottobre 1999, si è svolto il processo diocesano a Cuenca, dal 4 maggio 2000 al 14 ottobre 2005. Gli atti del processo sono stati convalidati una prima volta il 2 dicembre 2011, poi il 23 marzo 2012, presumibilmente dopo un’inchiesta suppletiva.
Il 12 febbraio 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto con cui veniva riconosciuto il martirio di padre Emilio Moscoso Cárdenas.
La sua beatificazione è stata celebrata allo Stadio Olimpico di Riobamba il 16 novembre 2019, col rito presieduto dal cardinal Becciu come delegato del Santo Padre.
Preghiera (tradotta dall’originale spagnolo)
O Dio, che hai concesso al beato Emilio, sacerdote, un amore ammirevole al sacramento dell’Eucaristia fino allo spargimento del suo sangue, fa’ che, rafforzati dal suo esempio partecipiamo degnamente a questo divino banchetto e ti serviamo instancabilmente nei nostri fratelli.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo ed è Dio nei secoli dei secoli.
Amen.
Autore: Emilia Flocchini
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