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Huéscar, Spagna, 9 maggio 1861 - 17 febbraio 1937
Nata nel 1860 a Granada, Isabel era entrata a 17 anni nel convento delle Domenicane e aveva adottato il nome di Ascensione di San Giuseppe. Descritta da Vatican News come obbediente, silenziosa, lavoratrice e umile, non si lamentava neanche delle ferite che le coprivano il corpo a seguito di una rara malattia. Nel contesto della sanguinosa persecuzione religiosa perpetrata in Spagna durante la Guerra Civile, Isabel venne arrestata nel febbraio 1937, e nonostante l’età avanzata venne gettata in prigione dai miliziani repubblicani socialisti, che volevano che fosse blasfema. La religiosa venne portata con altri detenuti per essere fucilata in un cimitero. I miliziani non esitarono a gettarla brutalmente nella camionetta su cui non era riuscita a salire da sola a causa dell’età. Al cimitero la suora venne obbligata ad assistere all’assassinio dei suoi compagni di martirio, tra i quali il nipote Florencio. Non smise mai di pregare. Quando giunse il suo momento, non venne fucilata. I miliziani preferirono metterle una pietra sulla testa e colpirla con un’altra, rompendole il cranio. Papa Francesco ha riconosciuto il suo martirio in odio alla fede l'11 dicembre 2019.
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Isabel Aguilar Donis nacque il 9 maggio 1861 a Huéscar e fu battezzata il 12 dello stesso mese, nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore della sua città, allora appartenente alla diocesi di Toledo e alla provincia di Granada. Sei mesi dopo, l’11 novembre 1861, ricevette la Cresima nella chiesa parrocchiale di Santa Maria a Orce.
I suoi genitori si chiamavano Andrés e Josefa e possedevano una casa di campagna o “cortijo”, tra le città di Huéscar e Orce, presso Granada. Erano contadini benestanti, buoni cristiani, e davano ai loro otto figli, tre maschi e cinque femmine, dei quali Isabel era la penultima in assoluto, un'educazione attenta, soprattutto religiosa.
Nel maggio 1884, a ventitrè anni, iniziò il noviziato nel convento domenicano di Huéscar intorno al maggio 1884. A partire dalla vestizione religiosa aggiunse al secondo nome di Battesimo, Ascensión, l’appellativo religioso “di San Giuseppe”; per brevità, era chiamata “suor San Giuseppe”.
Era “religiosa di obbedienza”, ossia non seguiva la recita comunitaria dell’Ufficio Divino perché impegnata in vari servizi. Professò i voti all’inizio dell’ottobre 1885. Secondo la testimonianza della consorella suor Concezione Martínez Navas, era disponibile verso tutti, amichevole, paziente, equilibrata.
Le piaceva stare con le consorelle giovani, che non si stancavano mai della sua presenza; anzi, se non c’era, si sentiva la sua mancanza. La sua vita si svolgeva in un'atmosfera di semplicità infantile e d’innocenza che incantava tutti.
Suor San Giuseppe traeva la propria forza vivendo costantemente alla presenza di Dio, specialmente attraverso l’adorazione del Santissimo Sacramento e la recita del Rosario, che compiva con grande rispetto. Per molti anni ebbe il compito di addetta alla ruota, grazie alla sua prudenza e alla capacità di mantenere il silenzio.
Se era colta dagli scrupoli, manifestava totale obbedienza alle indicazioni della superiora e ritrovava la pace. Affetta da una grave malattia, che le causò piaghe dalla testa ai piedi, la sopportò con pazienza e talvolta con gioia, nascondendo le proprie sofferenze. Infine, conservava nel proprio cuore quello che sentiva nei discorsi o che leggeva.
Il 4 agosto 1936, a pochi mesi dallo scoppio della guerra civile spagnola, le monache dovettero lasciare il convento della Madre di Dio, che venne saccheggiato. Trovarono rifugio presso parenti e benefattori: fu lo stesso per suor San Giuseppe, ospitata dalla nipote Ascensión Reche, moglie di Alfredo Motos, nella stessa città di Huéscar. La sua priora continuò a interessarsi a lei.
A Huéscar, la persecuzione si intensificò all’inizio del febbraio 1937. Suor San Giuseppe, alle prime notizie, aveva avuto paura, perché non si sentiva sicura di sé; intensificò allora la propria preghiera. I familiari erano anche loro preoccupati, perché sapevano che si sarebbe scoperto presto che non era un’anziana laica.
In effetti, fu arrestata il 16 febbraio, in casa dei suoi ospiti, per la sola colpa di avere al collo un crocifisso. Imprigionata nelle cantine del municipio, fu obbligata a bestemmiare, ma rispose con brevi giaculatorie. I carcerieri la picchiarono duramente, lasciandola a terra, riversa nel proprio sangue.
Il giorno dopo le ordinarono di alzarsi, ma, vedendo che non ne aveva la forza, la caricarono su di un camion, dov’erano altri prigionieri. Arrivati alle porte del cimitero di Huéscar, fucilarono per primi i prigionieri, tra i quali era compreso Florencio, nipote della monaca, quindi si rivolsero a lei.
Di nuovo le ordinarono di bestemmiare, ricevendo un nuovo diniego. A quel punto, spinsero la sua testa contro una pietra, mentre con un’altra pietra gliela fracassarono. Intanto lei esclamava: «Viva Cristo Re!». Erano le prime ore del 17 febbraio 1937; suor San Giuseppe stava per compiere settantasei anni.
A fronte della perdurante fama di martirio che l’aveva circondata, fu aperta la sua causa di beatificazione e canonizzazione. Presso la diocesi di Guadix fu celebrata l’inchiesta diocesana, dal 5 dicembre 1995 al 18 marzo 1997, i cui atti furono convalidati il 19 febbraio 1999.
La “Positio super martyrio”, fu sottoposta il 10 giugno 2014 al giudizio dei Consultori Storici. Seguì la discussione sul martirio: il 23 ottobre 2018 il Congresso dei Consultori Teologi espresse parere favorevole, confermato, il 10 dicembre 2019, dalla Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi.
L’11 dicembre 2019, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio di suor San Giuseppe.
Fu beatificata il 18 giugno 2022 nella cattedrale di Siviglia, nella Messa presieduta dal cardinal Marcello Semeraro, Prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, come inviato del Santo Padre. Nella stessa celebrazione vennero elevati agli onori degli altari venti Domenicani di Almagro e cinque Domenicani di Almería, nella cui causa era compreso un Terziario domenicano.
Autore: Emilia Flocchini
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