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Chiara Borghi Giovane laica

Festa: Testimoni

Reggio Emilia, 14 gennaio 1981 – 15 novembre 2000

Chiara Borghi nacque il 14 gennaio 1981 a Reggio Emilia. Visse a Sant’Ilario d’Enza insieme ai genitori Paolo e Vanna, che oltre a lei ebbero tre figli. Nella parrocchia di Sant’Eulalia in Sant’Ilario fu catechista, delegata nell’Azione Cattolica, membro del coro e, per qualche tempo, maestra volontaria nella scuola materna parrocchiale. S’interrogò continuamente sul volere di Dio per la sua vita, sia quando dovette scegliere l’università, sia per comprendere quale fosse la sua vocazione. Alla fine scelse di studiare Scienze della Formazione Primaria, per dedicarsi ancora meglio ai bambini, e iniziò un cammino con un ragazzo. Il 15 novembre 2000, mentre tornava dall’università, fu investita da un’automobile, il cui conducente non si fermò a prestarle soccorso; di lì a poco, avrebbe compiuto vent’anni. Dopo il funerale, celebrato nella palestra dell’oratorio della sua parrocchia, il suo corpo fu sepolto nel cimitero di Sant’Ilario d’Enza.



Infanzia e famiglia
Chiara Borghi nacque a Reggio Emilia il 14 gennaio 1981. Era la primogenita di Paolo Borghi, insegnante, e Vanna Reggiani. Fu battezzata l’11 febbraio dello stesso anno a Sant’Ilario d’Enza, in provincia di Reggio Emilia e in diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, dove vivevano i suoi genitori.
Proprio in famiglia germogliò e fiorì la sua fede. Dopo di lei, nacquero Eulalia, Francesco e Agnese. Chiara amava profondamente la sua famiglia: la nascita di ognuno dei suoi fratelli la riempì di gioia.
Negli anni delle elementari era sincera ma riservata, tanto che Ernestina, la sua maestra, doveva stimolarla a parlare di più di sé nei temi.
Il 20 maggio 1990 ricevette la Prima Comunione e il 17 maggio 1992 la Cresima nella parrocchia di Sant’Eulalia in Sant’Ilario d’Enza. Per la Cresima la sua madrina di Battesimo, Gabriella Bigi, le chiese quale regalo volesse. Chiara rispose che voleva solo una custodia per la corona del Rosario.
Sempre la madrina, per festeggiare un anniversario del suo Battesimo, volle regalarle del denaro. Vanna brontolò perché riteneva esagerato il regalo, per cui Chiara con Gabriella decise di consegnare metà della somma al loro parroco don Pietro Margini.
Don Pietro (per il quale è in corso la causa di beatificazione) era anche il fondatore del Movimento Familiaris Consortio, a cui la famiglia Borghi apparteneva; precisamente, faceva parte di una delle piccole comunità di famiglie in cui esso si struttura, dedicata a Cristo Re. Seguendo i suoi insegnamenti, Paolo e Vanna avevano educato i figli nella fede, e alla preghiera. Per Chiara la preghiera era diventata il sostegno di ogni attività e di ogni scelta.

Adolescenza e prima giovinezza
Negli anni delle scuole medie, ma anche in quelli all’Istituto Magistrale, Chiara fu una studentessa diligente e accurata, anche se a volte un po’ perfezionista: da se stessa pretendeva sempre di più. In classe sapeva valorizzare il vero e il buono anche di quei compagni che negli interventi potevano sembrare inopportuni, fuori dalle righe o poco logici. Si diplomò brillantemente con 60/60 nel luglio 1999. In quell’occasione, portò una tesina in Educazione Artistica su «Lo spirituale nell’arte», facendo particolare riferimento all’opera di Vasilij Kandinskij.
Poco dopo, nell’anno propedeutico all’università, iniziò a prestare servizio volontario alla Scuola Materna San Giuseppe, quella della sua parrocchia; ne era stata una delle prime alunne. La sua aula era ordinata e colorata, segno del suo buon gusto e della sua finezza. I bambini la amavano perché era sempre gentile e paziente, sorridente e pronta a cogliere ogni loro esigenza.

All’università
Davanti all’esito dei test universitari, accolse con un sospiro di sollievo di non avere superato quelli per la Facoltà di Architettura. Inizialmente, infatti, era stata indecisa, ma dopo la bella esperienza di un anno di volontariato alla Scuola Materna Parrocchiale si iscrisse a Scienze della Formazione Primaria all’Università di Modena e Reggio Emilia. Tempo prima, alla madre di Caterina, una delle sue amiche, aveva assicurato che, qualsiasi cosa avrebbe scelto, l’avrebbe fatta al meglio.
Imparò anche come vincere la propria ritrosia, aprendosi agli altri. Al vedere una compagna, Sara Ghirardotti, entrata per la prima volta in un’aula universitaria con aria smarrita, esclamò: «Ciao! Se vuoi c’è un posto qui vicino a me. Io sono Chiara, e tu?». Sara l’aveva già notata qualche momento prima davanti all’università, e il sorriso con cui venne accolta confermò la prima impressione che aveva avuto di lei.

Vivere intensamente, senza risparmiarsi
L’amore per i più piccoli era ben radicato in Chiara, tanto che lo esercitò anche come delegata di Azione Cattolica. Sorridente, comprensiva, capace d’indicare la strada giusta: così la ricordarono alcune delle bambine che seguiva.
Mise a disposizione il proprio gusto musicale – studiava pianoforte – come membro del coro della parrocchia, che qualche volta si trovò anche a dirigere. Teneva molto che la Messa fosse bella e che i canti avessero significato.
Una delle sue preoccupazioni era utilizzare bene il tempo: nello studio, nelle attività nel gruppo giovanile che frequentava, intitolato a Santa Teresa di Gesù Bambino. Con il suo gruppo partecipò a molti ritiri, pellegrinaggi ed Esercizi Spirituali, nonché alla Giornata Mondiale della Gioventù di Roma. Pregava anche utilizzando alcuni testi di meditazione. Le era molto caro il libro «La sapienza del Vangelo» di padre Francesco Bersini: dal capitolo sul sorriso stralciò un brano che regalò, con una piccola bomboniera di carta, alle amiche venute a festeggiarla per il suo diciottesimo compleanno. Con l’inizio dell’Università iniziò a partecipare alla Messa quotidiana della sera.

Il rapporto con gli amici
«Ti ringrazio Signore degli amici che mi hai dato. Fa che la nostra amicizia ci renda più bella la vita già bella e ci avvicini a Te che sei l’amico di tutti», scrisse in un biglietto a una delle delegate di Azione Cattolica, sua amica. Spesso, poi, ripeteva: «Non riesco ad immaginare il Paradiso senza i miei amici».
Cercava i modi più disparati per far sentire il proprio affetto: amava realizzare a mano i biglietti d’auguri, o era capace di stare alzata fino a tardi per preparare dei pensierini. In parrocchia era una presenza certa, prestava la sua disponibilità per qualsiasi attività, mettendo anche a disposizione le sue capacità artistiche.
Cercava sempre di comprendere le ragioni delle persone. I suoi familiari hanno attestato che la sera, quando si raccontavano i fatti della giornata, lei non commentava negativamente, anzi, scusava almeno le intenzioni.
Custodiva nella preghiera i problemi delle amiche, senza mai criticare, anzi cercava di aiutare. Spesso pregava per gli altri. Le amiche e le delegate fra i tanti ricordi riportano anche una sua frase: «Mi piace la preghiera del Rosario perché lo puoi dire dappertutto senza bisogno di un libro».

Un amore raggiante
Chiara era particolarmente ricercata, non solo dalle amiche, ma anche dai ragazzi. In tanti cercavano di farsi notare, proponendosi come fidanzati. Lei, invece, consapevole della preziosità di una scelta simile, ascoltava, prendeva tempo, si interrogava, si consigliava, pregava.
L’incontro con un ragazzo, Alessandro, con il quale inizia un cammino importante, la rese non solo più sicura di sé e serena, ma proprio raggiante, come testimoniano le amiche e le compagne delegate.

L’incidente
La sera di mercoledì 15 novembre 2000, Chiara stava attraversando a piedi via Kennedy, in corrispondenza dell’uscita dell’università di Reggio Emilia. Era una serata di maltempo, con forte pioggia.
Chiara aveva un appuntamento, a casa, con due coetanee, per programmare le attività con le bambine del loro gruppo. Un’automobile, che andava a velocità sostenuta, l’investì. Il conducente non si fermò a prestarle soccorso: morì poco dopo.
I familiari volevano allestire la camera ardente nella sala grande della loro abitazione, ma il parroco don Franco Ruffini, successore di don Pietro, suggerì di portarla in chiesa, che davvero fu la sua seconda casa. Nella palestra dell’oratorio di Sant’Ilario d’Enza, a causa della folla dei presenti, si svolsero invece i funerali.

Il ricordo
Chiara fu sepolta nel cimitero cittadino di Sant’Ilario d’Enza. Sulla sua lapide fu messa una frase di san Paolo, tratta dal sesto capitolo della seconda Lettera ai Corinzi: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza», a sottolineare come Chiara avesse vissuto intensamente il tempo che le era stato donato e come invito a tutti a cogliere la preziosità di ogni giornata.
Ogni anno la sua parrocchia ricorda il giorno della sua morte con una celebrazione, diventata ormai un’occasione di ringraziamento a Dio per quanto lei ha trasmesso a tutti coloro che l’hanno conosciuta.


Autore:
Emilia Flocchini

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Aggiunto/modificato il 2020-02-26

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