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Saleem Masih Giovane laico

Festa: Testimoni

+ Pakistan, 28 febbraio 2020

Saleem Masih, ragazzo cristiano di 22 anni, vittima del terrore religioso in Pakistan, è stato prelevato dal campo in cui lavorava, mentre si stava lavando, accusato di inquinare l'acqua perché "sporco cristiano" è stato ucciso a bastonate da aggressori musulmani.



Saleem Masih, un ragazzo cristiano di 22 anni è deceduto in Pakistan il 28 febbraio dopo essere stato selvaggiamente picchiato da Sher Dovar, un latifondista suo datore di lavoro, e da altre quattro persone. È successo il 25 febbraio a Baguyana, un villaggio del Punjab. Il ragazzo, dopo aver finito di spargere delle stoppie nei campi del suo padrone, si stava lavando nell’acqua di un pozzo quando i suoi aggressori lo hanno visto, sono accorsi, lo hanno afferrato e trascinato fuori dall’acqua e hanno incominciato a picchiarlo gridando che aveva inquinato l’acqua e chiamandolo “sporco cristiano”. Poi lo hanno portato a casa del padrone dove gli hanno legato mani e piedi e hanno continuato a picchiarlo con bastoni e grosse sbarre di ferro causandogli fratture multiple e lesioni interne.
A raccontare i particolari dell’aggressione mortale è il padre di Saleem, Ghafoor Masih. L’uomo ha spiegato all’organizzazione non governativa Pakistan Center for Law and Justice, Pclj, che la polizia ha informato la famiglia di quanto era successo solo quattro ore dopo che suo figlio era stato sequestrato e torturato: “quando siamo arrivati – ha raccontato – abbiamo trovato Saleem per terra, svenuto, la faccia e il corpo coperti di sangue e i suoi carnefici ci hanno detto che Saleem aveva commesso il reato di sporcare il loro pozzo e che la punizione che gli avevano inflitto era giustificata”.
Solo dopo molte insistenze alla famiglia è stato consentito di portare il ragazzo all’ospedale generale di Lahore, dove pochi giorni dopo è deceduto, mentre i poliziotti presenti assistevano senza intervenire. Il presidente del Pclj, Napolean Qayyum, ha accusato la polizia locale di stare dalla parte degli aggressori e di averli aiutati a ottenere la libertà su cauzione dopo averli tenuti in custodia per poco tempo.
Secondo Napolean Qayyum, i governi susseguitisi in Pakistan non sono riusciti a riformare le forze di polizia che sono estremamente corrotte e spesso hanno pregiudizi religiosi nei confronti delle minoranze e delle comunità emarginate. “Il comportamento della polizia – spiega il presidente del Pclj – è spesso prevenuto e parziale quando si tratta di questioni che hanno a che vedere con blasfemia, conversioni e matrimoni forzati di ragazze appartenenti alle minoranze religiose e controversie minori. In questo caso, ad esempio, la polizia ha favorito gli imputati e li ha aiutati a ottenere la libertà su cauzione anche se la vita di un ragazzo era in pericolo”.
Commentando l’accaduto, il ministro per i diritti umani e per le minoranze del Punjab, Ejaz Alam Augustine, ha detto di essere a conoscenza dell’incidente e che nei confronti dei responsabili e degli agenti di polizia saranno prese severe misure. “La nostra priorità – ha dichiarato – era salvare la vita del ragazzo. Io personalmente ho ordinato alle autorità sanitarie dell’ospedale in cui è stato ricoverato di prestargli le migliori cure possibili. Con la sua morte il caso è cambiato. Gli indagati saranno accusati di omicidio”.
A proposito delle dichiarazioni della famiglia, secondo cui l’omicidio di Saleem ha motivazioni religiose, il ministro ha detto che l’incidente è conseguenza della mentalità prevalente nella società pakistana: “non c’è legge che possa cambiare questa mentalità – ha commentato – il governo sta cercando di promuovere la tolleranza nei confronti delle altre fedi (diverse da quella islamica, condivisa dalla maggior parte della popolazione, n.d.A.), ma è una impresa ardua che non si può realizzare da un giorno all’altro”.
Pakistan today, il quotidiano che per primo ha riportato la notizia il 28 febbraio, ha ricordato che il Kasur, il distretto in cui si trova il villaggio di Baguyana, è lo stesso in cui nel 2014 due giovani sposi cristiani, analfabeti sono stati picchiati per due giorni e poi bruciati vivi da una folla inferocita dopo che si era sparsa la voce che avessero commesso un atto blasfemo. Shahzad e Shama Masih, rispettivamente di 26 e 24 anni, con quattro figli e uno in arrivo, erano stati accusati di aver profanato delle pagine del Corano bruciandole insieme alla spazzatura. All’annuncio dato da una moschea con altoparlanti, erano accorse 500-600 persone. I poveretti erano stati presi a bastonate e sassate e poi chiusi ancora vivi in una fornace sotto gli occhi di agenti della polizia che avevano assistito senza intervenire. In seguito si era scoperto che la coppia era stata accusata ingiustamente perché avevano solo bruciato dei documenti personali.
Nei giorni successivi la polizia aveva fermato 400 persone accusate di aver partecipato all’omicidio. Ma alla fine del 2016 un tribunale di Lahore ne ha scagionate un centinaio. Cinque sono state condannate a morte e otto a due anni di carcere, ma le condanne non sono ancora state eseguite. Nell’aprile del 2018 una nuova sentenza ha assolto altre 20 persone.


Autore:
Anna Bono


Fonte:
www.lanuovabq.it

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Aggiunto/modificato il 2020-03-05

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