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Alhama de Granada, Spagna, 7 marzo 1875 - Malaga, Spagna, 6/7 novembre 1936
José Becerra Sánchez nacque il 7 marzo 1875 ad Alhama de Granada in un’umile famiglia, che gli diede il permesso di studiare presso il Seminario di Granada. Fu ordinato sacerdote il 26 marzo 1902. Fu vicario coadiutore a Loja, a Padul e nella sua città natale. Arrestato dai miliziani il 6 o 7 novembre 1936, si propose per sostituire Eduardo Raya Mijoler, un ragazzo di quindici anni, che i prigionieri credevano fosse destinato alla fucilazione. Fu quindi condotto al Quartiere Militare di Málaga, dove ricevette vessazioni e maltrattamenti. Infine, con un cappio al collo, venne trascinato al porto e gettato in mare. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Fu incluso in un gruppo di sedici martiri della diocesi di Granada, beatificati nella cattedrale di Santa Maria dell’Incarnazione a Granada il 26 febbraio 2022, sotto il pontificato di papa Francesco.
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José Becerra Sánchez nacque il 7 marzo 1875 ad Alhama de Granada, figlio di un'umile famiglia di lavoratori a giornata. Da ragazzo ebbe il permesso dal padre per studiare nel Seminario di San Cecilio a Granada, dove si consolidò la sua vocazione al sacerdozio, e risiedette nel Collegio di San Ferdinando.
Fu ordinato sacerdote il 26 marzo 1902, a ventisette anni, a Guadix. Spese i primi due anni di ministero nelle parrocchie di Santa Caterina a Loja, poi a quella di Padul, in entrambi i casi come vicario coadiutore. Nel 1922 fu assegnato alla sua città natale.
La persecuzione collegata alla guerra civile spagnola, nell’estate del 1936, raggiunse anche Alhama: molte delle chiese parrocchiali furono devastate e vennero dati alle fiamme statue e dipinti. Vennero arrestati anche alcuni sacerdoti, compreso don José, il 6 o il 7 novembre.
Nello stesso periodo venne arrestato un ragazzo di quindici anni, Eduardo Raya Mijoler, catturato dai miliziani mentre si stava recando ad Alhama per ottenere rifornimenti da portare alla fattoria di famiglia. Dopo un interrogatorio, fu messo in prigione, a pochi metri da dove si trovava don José.
Il mattino dopo, all’alba, fu aperta la porta della cella del ragazzo. Solitamente era il segno della “passeggiata”, come i carcerieri definivano l’ultimo viaggio dei condannati a morte. Tutti i prigionieri pensarono che fosse così, in particolare don José, che gridò ai miliziani: «No, non prendete quel ragazzo, che è ancora molto giovane. Portate via me, che sono ormai un vecchio» (aveva sessantuno anni).
Venne preso in parola: insieme ad altri prigionieri, venne condotto nella città di Malaga, precisamente al convento della Mercede, già saccheggiato e incendiato alcuni anni prima, diventato sede del Quartiere Militare. Da lì venne condotto in un luogo di prostituzione: una delle donne presenti fu pagata per indurlo a violare il celibato sacerdotale, ma non ci riuscì.
I persecutori allora misero a terra una croce davanti a lui e gli ordinarono di calpestarla, così da ottenere la libertà. Don José rifiutò ancora una volta: «Piuttosto di farlo, preferisco mille volte la morte», replicò. Quindi, invece di una bestemmia, pronunciò una giaculatoria.
Dopo quella prova, con un cappio al collo, fu trascinato in uno dei moli del porto di Malaga e gettato in mare. Il suo corpo non è mai stato ritrovato.
Don José fu inserito nella causa che comprendeva altri tredici sacerdoti e due giovani laici (uno dei quali seminarista), tutti della diocesi di Granada, uccisi nel corso della persecuzione della guerra civile spagnola. La loro beatificazione si svolse nella cattedrale di Santa Maria dell’Incarnazione a Granada il 26 febbraio 2022, sotto il pontificato di papa Francesco.
Autore: Emilia Flocchini
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