Un brillante ufficiale
Godefroide Bélorgey fa parte della lunga schiera dei convertiti tra la fine del secolo XIX e l’inizio del secolo XX, schiera che poi continuò sotto i luminosi pontificati di Pio XI e del venerabile Pio XII, così da superare in numero, si dice, i convertiti della prima era cristiana.
Nato in una famiglia cattolica della Borgogna, si allontana da ogni pratica religiosa, durante i suoi studi alla scuola veterinaria di Lione, dove l’ambiente scientista e materialista predomina sotto l’influsso attivo della Massoneria.
Dopo gli studi universitari, entra nella Scuola militare di Saumur, poi è arruolato nei Corazzieri di Cambrai, dove si dedica alla sua passione per i cavalli. Tutto brillante all’esterno, ma l’illustre ufficiale presto sente dentro di sé il vuoto della vita mondana.
In mezzo alla sua indifferenza religiosa, ha conservato in spirito di fedeltà una promessa della sua fanciullezza: l’abitudine di dire ogni giorno una preghiera alla Madonna e un’altra a san Giuseppe suo castissimo Sposo.
Ed è così che Dio lo attende. Grazie all’influsso benefico di un compagno d’armi, fa conoscenza con il cappellano militare che è un prete retto e colto, che crede davvero in Gesù Cristo. Godefroide si confessa, ritorna alla Santa Messa e alla Comunione frequente. Gesù comincia a penetrarlo tutto. Allora decide di consacrarsi a Lui, nella vita austera dei monaci trappisti senza conoscere ancora alcun monastero.
L’orazione è essenziale
I suoi commilitoni, quando lo sanno, gli ridono di scherno in faccia o alle spalle. I suoi familiari in un primo tempo si oppongono alla sua decisione. Ma Dio è più forte e più affascinante. Nonostante tutto, il brillante ufficiale dell’esercito francese, nel 1910, a 30 anni, entra nell’abbazia di Scourmont in Belgio. Lì Dio forgia l’anima dell’ufficiale, prima postulante, poi novizio, attraverso una dura prova della fede, che gli permetterà più tardi di comprendere e di saper aiutare quelli che si imbattono nei dubbi di fede.
Fra’ Godefroide ha la grazia di poter beneficiare di un Padre maestro del noviziato che lo orienta verso una vita di intimità con Gesù, dove l’orazione è essenziale. È così anche oggi: nella vita cristiana, nella vita sacerdotale e religiosa, non basta fermarsi in superficie: occorre penetrare nell’intimità con Gesù, la “familiaritas stupenda nimis” di cui parla l’Imitazione di Cristo (2,1,1).
Monaco, sacerdote nel 1915, uomo tutto di Dio, amabile e forte, dom Godefroide è chiamato presto a essere maestro dei novizi, poi priore dell’abbazia. Nel 1932 è nominato abate di Citeaux, l’abbazia-madre di tutte le abbazie dei Cistercensi.
È un fatto provvidenziale per il suo Ordine, perché lui ha già iniziato il suo buon “certamen”, la buona battaglia per dare tutto il suo posto alla preghiera nella vita monastica.
Dal posto di vertice che ora occupa, il Padre può esercitare tutta la sua benefica autorevole influenza sulle anime che egli guida: subito aiuta i Trappisti a rivitalizzare la loro vita di preghiera e di lavoro («Ora et labora» di san Benedetto) per una vita di orazione e di intimità con il Signore, animata dalla carità teologale.
Gesù, vita del monaco e del cristiano
In realtà c’è sempre la tentazione di concentrarsi su ciò che uno fa esteriormente, sul lavoro e sulle osservanze piuttosto che su Gesù Cristo, lo Sposo divino che deve animare e vivificare tutte le nostre azioni. Questa tendenza prendeva certi monaci stornandoli da ciò che essi, con una qualche diffidenza, chiamavano “la mistica”.
Ma è proprio questa la vita del monaco e lo deve essere di ogni cristiano-cattolico, ovviamente al suo posto: Gesù Cristo, ideale, vita e gioia del monaco e di ogni credente in Lui (come ha illustrato il beato dom Columba Marmion nei suoi libri: Cristo vita dell’anima, Cristo ideale del monaco, e Cristo nei suoi misteri).
L’eredità di questo illustre “figlio di san Benedetto”, dom Godefroide Bélorgey, perdura attraverso i suoi scritti, che il padre Goutagny raccoglie in questo libro con il suo bel profilo di uomo di Dio: il quale era solito dire: «Cercate Gesù alla follia, perché Lui cerca ognuno di voi alla follia» (p. 195); «il nostro ideale cistercense: avere come modello la vita della Santissima Trinità».
Ma questo è pure l’ideale di ogni cristiano-cattolico, tanto più di ogni consacrato, di ogni sacerdote degno di questo nome: non basta andare alle periferie del mondo; è indispensabile stare al centro – che è soltanto Gesù Cristo – e con Lui salire alle altezze di Dio.
Autore: Paolo Risso
Fonte:
|
|
www.settimanaleppio.it
|
|