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Don Giovanni Gromis

Festa: Testimoni

Biella, 1450 circa - Vercelli, 3 novembre 1520


Suo padre era Pietro GromisSignore di Ternengo, Cerreto, Quaregna, Buronzo, Bastia e Balocco, discendente dell’antico casato De Capris, sua madre Giovanna Bertodano, figlia di Ludovico, Conte Palatino e Consignore di Tollegno, Miagliano e Gaglianico: Giovanni nacque a Biella, nel 1450 circa. Crebbe e fu educato nel palazzo di famiglia al Piazzo dove studiò Grammatica e Retorica, Lingue antiche e altre scienze. Successivamente si trasferì a Torino per frequentare l’Università, licenziandosi in Giurisprudenza, poi passò agli studi teologici e vestì l’abito clericale dietro suggerimento, probabilmente, delvescovo Ludovico di Romagnano.Mentre era a Torino, se non studiava, amava visitare tutte le chiese della città. Nella vocazione religiosa sua guida fu probabilmente lo zio Andrea, canonico della cattedrale di Vercelli. Terminati gli studi fu ordinato sacerdote e nominato arcidiacono della cattedrale torinese. Visse però anche a Vercelli, era ventenne quando ricevette la nomina a Canonico del Capitolo Eusebiano. Entrò in rapporto con la corte sabauda, Vercelli era infatti capitale del Ducato in cui viveva il b. Amedeo IX (m. 1472). I due uomini di Dio si conobbero e, nonostante la differenza d’età, strinsero un rapporto di amicizia, come pure fu con la Duchessa Iolanda. Giovanni divenne loro elemosiniere, cosa assai gradita al giovane sacerdote perché gli permetteva di fare la carità ai poveri della città. Furono pure apprezzate le sue conoscenze di Diritto Canonico, materia di cui fu insegnante. Iniziò a donare generosamente a chiese e comunità religiose, offerte ma anche arredi e sacre suppellettili. Don Giovanni di fatto svolgerà il suo apostolato in quattro diverse diocesi: Torino dove studiò, Vercelli, la sua Biella e Ivrea.
Il 27 maggio 1480 fu nominato Arcidiacono della diocesi di Ivrea, a Torino ricevette invece,negli anni 1483-84,il prestigioso incarico di Vicario Generale del cardinale Domenico della Rovere, il quale era prevalentemente residente a Roma presso la Corte Pontificia. Giovanni fu pure scelto come Arcicancelliere dell’Università di Torino, poi nuovamente Vicario Generale nel 1486. Nel duomo torinese fece erigere una cappella dedicata all’Addolorata.
Un giorno del 1492, mentre era a Vercelli in incognito per venerare le reliquie di S. Eusebio, Giovanni fu riconosciuto damons. Urbano Bonivardo- benedettino, arcivescovo dal 1469 al 1499 - il quale gli offrì, “imponendogli” di accettare per obbedienza, il posto vacante della arcipretura. Giovanni visse quindi, per qualche tempo, a Vercelli, fondando nella cattedrale eusebiana la cappella di S. Gregorio e un’altra dedicata alla Vergine Maria,in cui collocò il suo sepolcro con l’iscrizione: “Hoc VirginiSacellum et sibiSarcophagumJoannesGromisvivensposuit 1496”.Divenne inoltre confessore di Bianca di Monferrato, moglie di Carlo Inel 1485.Per suo tramite la duchessa costruì un convento annesso alla chiesadi S. Maria di Betlemme (Billiemme), presso le mura cittadine, affidato ai Minori Osservanti. A Giovanni si deve poi il restauro della chiesa di S. Bartolomeo,fuori le mura, dove favorì l’ingresso dei Gesuati. Inoltre, insieme al vescovo, fondò un collegio maschile di cantori della cattedrale, su modello degli “Innocenti Musici” della Cattedrale di Torino.Dotò i cantori di una casa che fece costruire dove poi sorgerà la Chiesa di S. Carlo. Conosceva bene la musica sacra e così, nel 1491,accettò l’incarico di Maestro di Cappella del Duomo. Tra il 1488 e il 1492 volle però tornare a Biella per assistere la madre e trovare un po’ di tranquillità, cominciò infatti ad anelare una vita ritirata, dedicata alla preghiera. Era uno studioso di ascetica e scrittore di opere devozionali, oggi purtroppo non più conservate.
Nel 1495 si recò a Milano per trattare alcuni affari ecclesiasticiper conto dei Savoia efu ospite del monastero dei Girolamini(Romiti di s. Girolamo). Fu tanto edificato dal loro stile di vita - per carità, umiltà e disciplina -che convinse il superiore a farsi affidare due monaci per una fondazione dell’Ordine in Biella. Si mise in viaggio portando con sé anche un architetto, Cristoforo Castellano, perché si edificasse il convento. Tornato in patria, invece,ebbe l’offerta di costruire il monastero presso la parrocchia di S. Maria di Chiavazza. A tale scopo Giovanni scambiò la titolarità,con don Guglielmo Bardini,della parrocchia di Piobesi (Torino) con quella di Chiavazza. A Torino, intanto, nel 1497 fu nuovamente Vicario del vescovo Giovanni Ludovico della Rovere, negli anni in cui si abbatterono le tre chiese (S. Giovanni, S. Maria e S. Salvatore) che costituivano la cattedrale per l’edificazione dell’attuale duomo cittadino dedicato al patrono S. Giovanni.
La chiesa di S. Maria a Chiavazza venne riedificata con dimensioni maggiori, insieme alla casa parrocchiale chedoveva quindi diventare un convento. La chiesa fu consacrata il 15 dicembre 1499 dal vescovo di Saluzzo mons. Bernardino Vacca, assistito dal vescovo di Vercelli mons. Giovanni Stefano Ferrero e dal fratello Ludovico Gromis che era canonico della cattedrale di Vercelli. Il beato Giovanni dotò il monastero di una ricca biblioteca. Sempre in territorio di Chiavazza fece ricostruire una chiesa dedicata ai Ss. Quirico e Giuditta, perché la precedente era pericolante. Nel 1501,per favorire l’indipendenza del costituendo monastero,ottenne da papa Alessandro VI l'unione dei beni della chiesa di S. Quirico, prima aggregata alla mensa capitolare di S. Stefano. All’inizio del ‘500 passarono a Chiavazza anche i benefici del Priorato di S. Pietro Levita di Salussola, che erano del card. Antonio Della Rovere, il quale vi rinunciò a favore dell’amico Nicolò Tarsi che a sua volta li cedette al Gromis. L’edificio fu concluso nel 1502, nel 1505 papa Giulio II elevò la parrocchia al rango di priorato, incorporandolo nell'Ordine dei Gerolamini, l'anno successivo i frati assunsero l’attività parrocchiale. In sua assenza i capomastri posero un’iscrizione, su marmo, in cui si diceva che era stato l’arciprete vercellese Giovanni Gromis a volere quel luogo di preghiera in onore di S. Girolamo, ma appena il Gromis la vide, la fece nascondere. Fu poi ritrovata molti anni dopo e collocata nella cripta. Il 2 luglio 1506 fece dono di tutti i suoi beni che erano in monastero, riservandosi l’uso di quanto poteva servirgli nei soggiorni a Chiavazza. Fu titolare della parrocchia fino a quell’anno, conobbe gli abitanti del posto e non mancava di visitarli quando erano malati. Condividendo la vita dei monaci si rese però anche conto che la parrocchia non garantiva la tranquillità di un cenobio, quindi pensò a un nuovo monastero.
Nel 1506 Gromisfu nominato arciprete della cattedrale di s. Eusebio di Vercelli, al posto del cugino monsignor Agostino Ferrero che era diventato vescovo di Nizza. Nel frattempo individuò una località solitaria per i suoi Gerolamini, presso un’altura sotto cui scorreva il fiume Cervo, un luogo impervio con una brutta fama perché vi giustiziavano i malfattori. La collina era denominata 'Monte Bethlem', poi detta 'San Gerolamo', nella zona settentrionale di Biella. Molti abitanti del posto si offrirono per concorrere all’impresa della nuova costruzione, la chiesa fu realizzata in forme eleganti. Costantemente preoccupato dell’indipendenza economica dei monaci, cedette loro il priorato di S. Michele di Bellino e un podere di cinquanta “giornate” presso Valdengo. I lavori iniziarono nel 1512, l'abbazia fu consacrata nel 1517. I Girolamini lasciarono Chiavazza, conservandone la cura parrocchiale. Quell’anno Giovanni Gromis fu ancora vicario a Torino del vescovo Claudio Seyssel, suo amico. Era però giunto alla fine della sua vita.
Era nella sua Biella e,sentendosi prossimo alla morte, si recò a salutare i Girolamini, di cui era sempre rimasto un “aggregato”. Volle ricevere gli ultimi sacramenti, donò quello che poteva e si preoccupò ancora del loro futuro, incaricando i fratelli che, dopo la sua dipartita, provvedessero alle necessità del monastero. Poi si accomiatò dall’anziana madre cui disse che il giorno seguente avrebbe raggiunto la Patria Celeste, come alcuni in seguito testimoniarono. Chiese la sua benedizione e si mise in viaggio per Vercelli, a dorso di una mula, in compagnia di alcuni famigliari. Lungo il viaggio pregò sempre, in particolare i salmi. Giunto presso la città, vicino a Porta S. Andrea, chiese di essere posto a terra, e spirò esclamando “In manustuas, Domine, commendo spiritummeum”. Era il 3 novembre 1520 o 1517 (più probabilmente la prima data, secondo i riscontri di alcuni studiosi locali). Pareva addormentato, il corpo fu condotto nella vicina chiesa di S. Andrea, vestito dei paramenti sacerdotalicon una corona d’alloro e mirto sul capo. Con solennità furono celebrate le esequie in cattedrale, poi fu sepolto nella cappella della Madonna dello Schiaffo. Si cominciò a parlare delle sue virtù, si disse che era magrissimo, che passava molte ore della notte in “sacre veglie”. Fin dai primi anni di ministero spese ogni rendita e benefizio per il culto del Signore – a tante chiese donò preziosi reliquiari, calici, croci, pissidi - e per le elemosine ai poveri. Dopo sessant’anni fu riesumato il corpo, dagli ecclesiastici di Biella fu sempre detto “beato”, modello sacerdotale di carità, amante della preghiera, quando poté in forma contemplativa. Si ottennero per sua intercessione grazie e miracoli, una delle miracolate ne fece dipingere l’immagine nella chiesa di S. Maria del Piano (attuale cattedrale) non più esistente. Una sua immagine fu anche realizzata nel coro della chiesa di S. Girolamo.Non è poi mai stato istituito il processo ufficiale di beatificazione.
Non esiste su Giovanni Gromis uno studio critico, fonti per conoscere la sua vita sono un manoscritto cinquecentesco(di proprietà dei Conti Gromis), visionato da PiergiacintoGallizia che scrisse gli “Atti de' santi, che fiorirono ne' dominj della reale Casa di Savoja”, pubblicati nel 1756; molte notizie sono contenute nel “Ragionamento” di Carlo Antonio Coda (1614-1670), pubblicato da M. Coda nel 1986, in cui sono raccontati diversi miracoli operati dal Gromis. Un apostolato tanto complesso non è esaurientemente descritto in tali opere e purtroppo anche le date della vita sono, in parte, discordanti.


Autore:
Daniele Bolognini

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Aggiunto/modificato il 2020-04-16

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