Aleksij Benemanskij naque il 6 gennaio 1881 nel villaggio Baran’ja, Gora governatorato di Tver. Il padre era sacerdote. Terminato gli studi teologici, per qualche anno insegnò nella scuola elementare del villaggio e nel 1904 fu ordinato sacerdote. Venne destinato a celebrare nel monastero femminile della Natività nella città di Tver. Nel 1918 il monastero venne chiuso dai comunisti e nel 1920 padre Aleksij venne arrestato e condannato a lavorare nelle retrovie dell’armata rossa durante la guerra civile. Nel 1922 l’ordinario della diocesi di Tver Serafin (Aleksandrov) affida a padre Aleksij il compito di organizzare la resistenza alla ‘Chiesa Viva’, la chiesa scismatica degli innovatori legata al regime comunista. Padre Aleksij riesce a convincere molti sacerdoti a rientrare nella chiesa ufficiale. Nello stesso anno il vescovo Serafin viene arrestato e gli succede il vicario Petr (Zverev). In più riprese padre Aleksij viene invitato dalla polizia a deporre sia contro l’arcivescovo Serafin che contro il vescovo Petr. Egli difende i vescovi e non teme condannare chiaramente gli innovatori.
La notte del 24 novembre 1922 padre Aleksij viene arrestato assieme al vescovo Petr ed altre sei persone. Viene condannato a due anni di confino. A casa lascia la moglie e cinque figli. Durante il tragitto, lungo e doloroso, scrive ad un figlio: “Se leggi le vite dei santi, in particolare dei santi dei primi anni del cristianesimo, soprattutto del periodo delle persecuzioni, e dei martiri, resteresti impressionato della somiglianza con i nostri giorni. I martiri erano circondati dall’amore dei fedeli. Naturalmente non oso assomigliarmi ai santi, intendo semplicemente sottolineare il buon atteggiamento cristiano dei nostri amici, affinché anche tu possa essere un buon cristiano, e per questo, mio caro, cerca di essere buono con tutti, a casa, a scuola, sulla strada.”
Il 26 novembre 1926 (nel frattempo la pena gli era stata raddoppiata) padre Aleksij viene liberato e ritorna a Tver. La situazione non è migliorata. I comunisti intendono chiudere la cattedrale. Per dare all’arbitrio una parvenza di legalità alla fine del 1928 riescono a raccogliere 3.500 firme di lavoratori che esigono la chiusura della chiesa. Padre Aleksij, assieme ad altri sacerdoti, raccoglie 10.000 firme in favore della chiesa che, almeno per il momento, rimane aperta.
Durante una predica padre Aleksij non teme di denunciare la persecuzione: “I primi martiri non ebbero paura ad affrontare la morte per la fede. Oggi avviene la stessa persecuzione contro la chiesa. Chiudono le chiese e incarcerano i sacerdoti con pretesti inventati”. Padre Aleksij non si limitava a condannare, la sua prima preoccupazione era missionaria. Eludendo la sorveglianza dei comunisti componeva e diffondeva testi in difesa e per la diffusione della fede. Propaganda indebita che non poteva a lungo svolgersi all’insaputa dei compagni. Il 15 marzo 1932 padre Aleksij Benemanskij venne arrestato assieme a sette suoi collaboratori. Atri tre sacerdoti suoi amici ebbero la stessa sorte dopo pochi giorni.
Tutti furono condannati a tre anni di confino con trasferimento ‘a tappe’, privilegio assai doloroso, normalmente riservato ai prigionieri politici. Evgenija Domozhirova, che faceva parte della compagnia morì di stenti, il 18 aprile 1933, durante una tappa.
Scontata la pena nel 1935 padre Aleksij ritornò a Tver dove visse con la sua famiglia fino all’ultimo e definitivo arresto. Il vescovo gli assegnò una parrocchia della città, ma le autorità civili non gli concessero la ‘registrazione’. Padre Aleksij fu costretto a ritirarsi e svolgere la sua attività sacerdotale clandestinamente.
Nell’autunno del 1937 padre Aleksij Benemanskij venne arrestato per la quarta volta. Dopo la farsa delle interrogazioni e del processo fu fucilato il 4 dicembre 1937 e sepolto in una sconosciuta fossa comune.
Autore: Padre Romano Scalfi
Fonte:
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