Nato a Carrara il 24 maggio 1878, ben presto manifestò chiari segni di vocazione al sacerdozio. Entrato nel seminario Vescovile di Massa, con l’aiuto di un benefattore riuscì a perseverare nella strada intrapresa, finché all’età di 24 anni fu ordinato sacerdote. Suo primo campo di apostolato fu Colonnata, dove operò per oltre venticinque anni, donando a quella parrocchia ogni sua energia. I bimbi ed i giovani furono i principali destinatari del suo impegno educativo. Il Vescovo mons. Giuseppe Bertazzoni, al quale erano note le sue rare capacità, trasferì Don Arturo all’importante parrocchia di San Francesco in Carrara. Qui per sedici anni fu parroco, accompagnando sin da piccoli nel cammino vocazionale alcuni che poi entrarono in Seminario, forti del suo esempio. Permettete a chi scrive, piemontese, di citare un aneddoto d’altri tempi al riguardo delle vocazioni “precoci”. Fu nominato Canonico del Duomo di Carrara ed in tempo di sfollamento ebbe anche gli incarichi di Delegato Vescovile e Vicario Foraneo. Era dunque nel pieno della seconda guerra mondiale, ma adempì sino all’ultimo il suo dovere di pastore. Sino a quel giorno in cui questo mie sacerdote morì tra i calcinacci e le macerie, colpito da una cannonata sul suo letto. Era il 20 aprile 1945, esattamente settantacinque anni fa’. L’allora Diocesi di Apuania viveva gli ultimi mesi dell’episcopato di Cristoforo Arduino Terzi: appartenente all’Ordine dei Frati Minori, era Vescovo di Massa dal 30 giugno 1917 e si sarebbe dimesso il 10 luglio 1945. Celebrando il suo venticinquesimo anniversario di ordinazione, nel maggio 1927, Don Arturo aveva scritte queste parole: “Venticinque anni di dolce famigliarità con la vittima Eucaristica mi abbiano almeno insegnato che offrirsi in sacrificio d’amore a Dio per le anime è perfetta letizia e completa libertà”. Dinnanzi ai pericoli della guerra non fuggì, ma rimase accanto al suo gregge, quale icona di Gesù Buon Pastore. Non si trovò quindi impreparato in quell’ultimo periodo della sua esistenza terrena. Abituato al sacrificio di sé, con i piedi per terra e lo sguardo fisso al Cielo, era aperto ad una prospettiva di olocausto. Vi si era in un certo senso preparato, aveva vissuto con tale spirito ben quarantatre anni di ministero sacerdotale, senza mai risparmiarsi. Gli rimaneva la perfetta letizia, quella vera gioia tipica di un cuore generoso.
Autore: Don Fabio Arduino
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