Evgenij Ivashko nacque il 26 agosto 1899 nel governatorato di Minsk (Bielorussia). Nel 1920, conclusi gli studi al seminario teologico di Minsk, per alcuni anni insegnò, come maestro elementare, il 1 aprile 1924 venne ordinato sacerdote. In tre anni di servizio sacerdotale, grazie alle paterne sollecitazioni del regime, fu trasferito in tre parrocchie diverse, finché nel 1927 venne arrestato e condannato a tre anni di confino. Scontata la pena s’illuse di poter trovare un’esistenza più tranquilla nella diocesi di Samara dove il vescovo gli assegnò la parrocchia del villaggio di Pogromnoe. Dopo pochi mesi dal suo insediamento la chiesa venne chiusa ‘per volontà del popolo’.
Siamo nel 1930. Nella quarta parrocchia, nel villaggio Medveckoe, resiste per due anni, nella quinta, Voskresenskoe, alcuni mesi, nella sesta, Murom, nove mesi. Fra un trasferimento e l’altro il 19 febbraio 1931 era morta la moglie Antonina che lasciava a padre Evgenij una figlia di cinque anni e un figlio di poco più di un anno. Quello che ci voleva per facilitare i trasporti da un villaggio all’altro.
A testimonianza dello zelo pastorale di padre Evgenij è rimasta una lettera di commiato dei fedeli di Murom: “Caro e stimatissimo pastore, padre Evgenij. Ci permetta di esprimerle i nostri sentimenti cordiali di riconoscenza per lo zelo con cui lei ha svolto il ministero sacerdotale. Abbiamo notato come nei nove mesi di permanenza fra di noi, lei è riuscito a guadagnarsi i cuori di tutti i parrocchiani. A noi è noto che la sua vita personale è pesante e triste; ma lei, sottomesso alla volontà di Dio, porta con serenità e senza lamenti la croce che il Signore Dio le ha mandato. Per noi è triste separarci da lei per sempre, ma la memoria di lei come pastore grandemente stimato, vivrà eterna nei nostri cuori. Addio, amato pastore, non si dimentichi di noi nelle sue preghiere. Il Signore Dio la benedica nel nuovo posto di ministero con una vita migliore e più tranquilla”.
Era stabilito che padre Evgenij non poteva godersi la vita tranquillamente. Ma la colpa era in gran parte sua. Era troppo zelante, il che non era, politicamente, molto corretto. La nuova parrocchia fu Zavidove e, dopo non molto Spas-Bereza (almeno la denominazione era rasserenante: Salvatore-Betulla, oltre che ecologica). Ma anche qui oltre a non poter contare sulla simpatia dei rossi, a rendere la vita più complicata c’erano gli innovatori, gli scismatici sostenuti dal potere. Bisognava combattere su due fronti.
Nell’estate del 1937 il partito comunista, sempre attento a proteggere la salute dei cittadini, dichiarò che la chiesa era pericolante., richiedeva un restauro fondamentale. Bisognava riconoscere che, almeno in parte, il partito aveva ragione. Sperando contro ogni speranza padre Evgenij assicurò i capi che il restauro della chiesa sarebbe stato ultimato in breve tempo: Ma il partito non poteva perdere la faccia, così anticipò i tempi. Seguendo un vecchio e sperimentato copione accusò padre Evgenij di propaganda antisovietica. E tutto si svolse come previsto. Ad ogni imputazione padre Evgenij, per quattro volte di seguito, si limitò a rispondere: “Non mi ritengo colpevole”.
Aveva 38 anni e lasciava una figlia ed un figlio orfani.
Padre Evgenij Ivashko venne fucilato 11 novembre 1937.
Autore: Padre Romano Scalfi
Fonte:
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