Feodor Beljaev nacque il 12 novembre 1867 nel villaggio Vezgum, governatorato di Novgorod. Terminati gli studi di teologia, venne ordinato sacerdote nel 1889 ed assegnato alla parrocchia di Uloma. Nel 1919 fu arrestato per la prima volta, ma fu liberato dopo breve tempo.
Nel 1922, quando i fedeli della parrocchia vennero a sapere che la commissione governativa per l’esproprio degli oggetti preziosi della chiesa stava per giungere anche da loro, decisero di opporre resistenza, ben sapendo che il ricavo dei beni sottratti non era devoluto per gli affamati ma per scopi politici. Nel medesimo tempo il nuovo comitato, fondato per difendere i diritti della Chiesa, si preoccupava di raccogliere denaro fra i fedeli per venir in aiuto alla carestia che infieriva nel paese. All’arrivo della Commissione governativa il 28 marzo 1922 più di 2.000 persone circondarono la chiesa per impedire che i comunisti vi entrassero. Costoro chiamarono padre Feodor e gli ingiunsero di convincere la folla a ritirarsi, ma egli si rifiutò. Il 29 marzo padre Feodor fu arrestato assieme altri sette parrocchiani.
Tutti vennero processati il 12 maggio 1922. Quattro furono condannati a due anni di prigione con la condizionale. Utkin Petr (43 anni) a un anno e mezzo di prigione; Parsakov Aleksej Terent’evich (62 anni) a tre anni di prigione; Lenina Ol’ga Vasil’evna (41 anni) a cinque anni di prigione; padre Feodor Beljaev Evgen’evich (54 anni) a quattro anni di prigione.
Scontata la pena padre Feodor tornò a vivere nel proprio villaggio, ma nel 1931 venne di nuovo arrestato e deportato per non aver consegnato la norma di frumento prescritta. Tornato dall’esilio nel 1933 gli fu assegnata la parrocchia del villaggio di Makarovo, diocesi di Tver. Nel frattempo le quattro figlie ed i tre figli si erano sistemati lontano dal padre. Era più sano per la loro salute. Anche la moglie aveva trovato una sistemazione indipendente. Solo, senza mezzi trovò nel sacrestano chi lo accolse e condivise con lui l’appartamento, cioè la stanza. L’estrema povertà non preoccupava Padre Feodor. La difficoltà maggiore proveniva dalle tasse altissime imposte dal regime sull’edificio chiesa. Non possedendo nulla non poteva che chiedere ai fedeli la somma necessaria. Ma l’accattonaggio era severamente proibito dal regime. Fu denunciato e chiamato a render ragione del misfatto. L’alternativa prevista era fra prigione o deportazione. Fortunatamente fra i compagni trovò un amico (anche sul letamaio può spuntare una rosa). Fu rilasciato. Riprese serenamente il suo lavoro.
Ma giunse l’anno terribile, il 1937. Puntare sulla fortuna non era realistico. Il 17 marzo la chiesa del villaggio Makarovo venne chiusa per disposizione del regime. Alla richiesta di spiegazioni e alla domanda di poter celebrare le funzioni religiose il segretario del partito (non era un amico, ma solo un compagno) risponde: “Dio non esiste e la religione è soltanto inganno, smetta di fare il prete e tutto andrà bene”. Padre Feodor risponde: “Non rinnegherò mai la mia fede, voglio morire da sacerdote”.
L’8 ottobre 1937 padre Feodor venne arrestato. Nella perquisizione gli sequestrarono tutto quello che aveva, 19 libri di contenuto religioso e il ritratto del beato Ioann di Kronstadt. Il 15 ottobre viene interrogato. Le imputazioni sono le solite e il giudice fa di tutto perché padre Feodor si riconosca colpevole. Inutilmente.
Il 1 novembre 1937 la Trojka condanna padre Feodor alla fucilazione.
La sentenza viene eseguita il 3 novembre 1937.
Autore: Padre Romano Scalfi
Fonte:
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