Ioann Bojkov nasce nel 1891 nel villaggio di Bezheck (prov. di Tver’). Nel 1915 termina gli studi al seminario teologico di Tver’, si sposa, nel 1921 viene ordinato sacerdote e destinato alla parrocchia di Zaluzhan dove rimane fino alla chiusura della chiesa nel 1929. Impossibilito ad esercitare il ministero direttamente in parrocchia, padre Ioann cerca una sistemazione in un villaggio vicino e, di notte, torna a piedi a Zaluzhan per incontrare i fedeli e celebrare segretamente la Divina Liturgia. Scoperto viene accusato di aver parlato male dei kolchoz e il 12 marzo 1931 viene arrestato. Il 20 aprile dello stesso anno è condannato dalla trojka a 5 anni di lager.
Dopo la condanna, la moglie di padre Ioann, Evfrosinija viene espulsa dalla casa che suo padre le aveva costruito e privata di ogni suo avere. Con tutta semplicità è collocata in strada con le due figlie di quattro e sette anni. Ma non basta, come moglie di un prete condannato, perde pure i diritti civili e di conseguenza il posto di insegnante. Non le resta che la professione di mendicante che esercita nei paesi vicini per non farsi vedere dalla gente che conosce. Nel tentativo di migliorare la situazione si reca a Mosca dove vive una sua sorella. Questa l’accoglie gentilmente, le prepara da mangiare e poi, sempre gentilmente, la prega di andarsene: convivere con una moglie di un condannato politico è sempre pericoloso.
Il marito in lager e la moglie disperata in libertà. Chi soffriva di più? La scopre in pianto vagante per le strade di Mosca uno strano personaggio. “Donna perché piange”? Risponde: “Non so dove andare e da chi, per quale motivo, e la vita ha un senso?
“Vada alla città Ivanovo Voznesensk. Cerchi lavoro al ‘kombinat’ e la metteranno a posto.”
A Evfrosinija non rimane altra possibilità che credere. E succede quanto predetto. Dopo un anno di lavoro in fabbrica viene integrata nei suoi diritti, ritorna al suo villaggio e riprende l’insegnamento nella scuola statale.
Dalle lettere di padre Ioann dal lager
9 novembre 1931
“Non posso lamentarmi di nulla, grazie a Dio si può vivere. Quello che sarà domani non lo so. Sono molto contento che Fronija (Evfrosinija) abbia trovato lavoro, sia ringraziato il Signore, così potrà assicurare alle figlie un pezzo di pane. Dopo la vostra lettera mi sono tranquillizzato ed ho ringraziato Dio perché non ha abbandonato la mia famiglia. Sono certissimo che Fronija è tutta per me e per le figlie. Aiutala, Signore, perché anche per l’avvenire possa sistemarsi…”
5 agosto 1932
“Mi trovo ancora in sanatorio. Sembra che la tubercolosi sia passata. E’ cessata la tosse e sono spariti anche i dolori al petto. Mi sento ristabilito; soltanto le forze sono ancora un po’ deboli. Non preoccupatevi di me e non siate tristi…”
7 gennaio 1933
“Miei cari, vi auguro Buon Natale. Vi auguro buona salute, felicità e benessere. Non lavoro perché, licenziato dall’ospedale, mi hanno dichiarato invalido per un mese. La salute ora è migliorata e sto riprendendo forze. Il cibo è sufficiente. Non c’è motivo che vi preoccupiate di me. Sono sano e sazio. Sia ringraziato il Signore. Vi scriverei più a lungo, ma non mi è concesso. Dio vi conceda salute ed ogni bene. Cara Fronija, scrivimi e non dimenticarmi. Abbi cura delle figlie…”
27 febbraio 1933
“Carissime Nina e Vera (figlie). Vi mando la mia paterna benedizione, vi auguro di crescere sane e prego il Signore affinché Lui, che è infinitamente misericordioso, vi conceda felicità, salute ed ogni bene. Io, grazie a Dio sto bene, la salute migliora. Non preoccupatevi di me, mi trovo in buone condizioni. Forse potrebbero anche liberarmi. Qui fa un po’ freddo, fino a 50 gradi meno zero.”
30 maggio 1933
“Per grazia di Dio la salute migliora. Ho ripreso il lavoro. Ogni giorno vado a lavorare nel bosco a tagliare le piante. Il lavoro non è pesante. Riesco a compiere la norma senza troppi sforzi. Le forze non mi vengono meno, al contrario mi rinforzo, grazia all’aria pura del bosco. Grazie a Dio ora sono molto contento della mia posizione e ringrazio Dio per la sua incommensurabile bontà che dona a me peccatore…Non speditemi nulla. Il Signore vi ricompensi”
Questa è l’ultima lettera. Sulle assicurazioni di buona salute abbiamo ragione di dubitare che corrispondano al vero. Anzitutto perché la lettera del prigioniero passa attraverso la censura della polizia e sappiamo che non è lecito parlare male degli aguzzini, ma nello stesso tempo anche per non recare preoccupazioni ai familiari. Dopo più di un anno di esenzione dal lavoro come invalido temporaneo a causa della tubercolosi, padre Ioann viene dichiarato abile al lavoro estremamente pesante del boscaiolo (a quel tempo non esistevano le motoseghe), lavoro pesante per una persona normale e sana. E certamente non basta l’aria sana del bosco a renderlo sopportabile
Da questo momento di padre Ioann non si sa più nulla. Con tutta probabilità muore nel lager alla fine del luglio 1933.
Autore: Padre Romano Scalfi
Fonte:
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