Nascita e famiglia
Sante Spessotto nacque a Mansuè, in provincia di Treviso e diocesi di Vittorio Veneto, il 28 gennaio 1923, terzo dei dieci figli di Vittorio Spessotto e Giuseppina Zamuner, mezzadri. Nel casolare dov’era venuto alla luce abitavano cinque nuclei familiari, ossia quello del padre e dei fratelli di lui, insieme ai genitori (nonni di Sante) Andrea e Rosa.
Fu battezzato due giorni dopo la nascita nella chiesa parrocchiale del paese, intitolata a San Mansueto. Tutti, nella sua famiglia, frequentavano la parrocchia, ma la sua prima educazione religiosa derivava da Maria, una zia nubile, che insegnava la dottrina cristiana e le preghiere ai piccoli di casa.
La scintilla della vocazione
Sante ricevette la Prima Comunione a cinque anni e la Cresima, invece, a nove, il 3 settembre 1932. Da quando vi si accostò per la prima volta, l’Eucaristia divenne fondamentale per la sua vita: quasi ogni giorno partecipava alla Messa insieme alla zia Maria, ad alcune delle sorelle e delle cugine e al padre, recitando con loro il Rosario lungo la strada. Dopo aver ricevuto la Comunione, protraeva il suo ringraziamento più a lungo degli altri.
Il suo parroco, notando il suo fervore, gli propose di partecipare a un incontro vocazionale a Oderzo, insieme ad altri ragazzi. Sante ne fu così entusiasta che, appena tornato a casa, comunicò ai familiari che voleva diventare sacerdote. Tuttavia, la povertà della famiglia non gli permetteva di affrontare gli studi nel Seminario diocesano.
La chiamata si concretizza
L’anno successivo, a Mansuè, si tenne una missione popolare predicata dai Frati Minori provenienti dal convento e santuario della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza. Durante un incontro dedicato ai bambini, il frate predicatore domandò: «Chi di voi sente nel cuore la voce del Signore che lo chiama a diventare religioso e sacerdote?».
Sante non perse tempo: appena terminato l’incontro, si accostò al religioso. Candidamente, gli chiese: «Quanti soldi ci vogliono per farsi frate?». La risposta fu: «Occorre la buona volontà di farsi sacerdote e di seguire il Signore».
Tra i Frati Minori
I genitori, dato che il ragazzo era tornato a insistere, accettarono di prendere contatto con i frati. Il 3 settembre 1935, quindi, Sante entrò in probandato, presso il convento di Lonigo. Nei quattro anni seguenti affrontò gli studi del ginnasio: la buona volontà, in effetti, non gli mancava.
Il 16 settembre 1939 fu ammesso al noviziato. Depose definitivamente gli abiti secolari per indossare il saio e ricevette il nuovo nome di fra Cosma, in onore del Santo martire e medico. Trascorse l’anno seguente nel convento di San Pancrazio a Barbarano, quindi, il 17 settembre 1940, emise la prima professione dei voti.
Insieme agli altri frati studenti, dovette cambiare più volte sede a causa della seconda guerra mondiale: dopo la V ginnasio, seguita nel convento di Sant’Antonio di Padova a Gemona del Friuli, passò a quello di Padova, San Francesco Grande, per i primi due anni di liceo, mentre il terzo e ultimo anno fu nel convento di San Bernardino a Verona.
Verso il sacerdozio
I suoi superiori apprezzavano il suo spirito di servizio, col quale si disponeva a compiere le faccende più umili all’interno della fraternità. Accompagnava anche i frati cercatori, ossia gli addetti alla questua. Infine, aveva mantenuto l’impegno di andare in chiesa, prima del riposo notturno, per un momento di adorazione davanti al Tabernacolo.
Mentre la guerra imperversava, i giovani frati dovettero nuovamente cambiare sede: da San Vito al Tagliamento, dove si erano stabiliti nel 1944, si trasferirono a Motta di Livenza; di lì a Venezia, a San Francesco della Vigna.
Fra Cosma ebbe problemi anche di salute, a causa di un’ulcera allo stomaco. Fu operato prima all’ospedale di San Vito al Tagliamento, dove all’epoca risiedeva, poi a Motta di Livenza. Una volta guarito emise, il 19 marzo 1944, la professione solenne.
Infine, il 27 giugno 1948, nella basilica della Madonna della Salute a Venezia, venne ordinato sacerdote per l’imposizione delle mani del cardinal Adeodato Piazza, Patriarca di Venezia.
L’ideale missionario
Già negli anni della formazione, padre Cosma si era appassionato alla vita delle missioni: al tempo, i Frati Minori veneti avevano due comunità in Cina, dove l’Ordine aveva anche avuto molti martiri nella rivolta dei Boxer, e seguivano un lebbrosario in Tibet.
Nel 1945 scrisse una prima volta al Ministro (superiore) provinciale, padre Modesto Bartoli, chiedendogli di poterlo inviare in Cina alla prima occasione possibile. Rinnovò la richiesta il 6 febbraio 1948, ormai diacono: la risposta affermativa gli arrivò proprio il giorno dell’ordinazione sacerdotale, da parte di padre Pacifico Pierantoni, Ministro generale.
Nella Cina di Mao-Tse-Tung, però, i missionari stranieri non avevano più posto, mentre i vescovi e i sacerdoti autoctoni vennero messi in carcere, perseguitati al pari dei loro fedeli. Di conseguenza, almeno finché non fosse tornata la calma, fu deciso di non inviare nessun frate in Oriente.
Destinazione El Salvador
Una nuova via si aprì comunque per padre Cosma, quando monsignor Gian Maria Castellani, Nunzio Apostolico in El Salvador e religioso dei Frati Minori dell’Umbria, si rese conto delle conseguenze che le persecuzioni patite dalla Chiesa locale nel secolo precedente avevano lasciato nel popolo. Suggerì quindi ai vescovi di El Salvador e del Guatemala di fare ricorso alla Provincia Veneta del suo Ordine, molto ricca di vocazioni.
Subito padre Cosma si rese disponibile: il 9 marzo 1950, con altri due confratelli, s’imbarcò da Genova, arrivando a El Salvador il 4 aprile, dopo ventisette giorni di navigazione. Con l’arrivo del nuovo gruppo di missionari, i frati veneti arrivarono a essere una quindicina.
Ogni frate ebbe la propria zona di competenza: dal 25 maggio 1950, con la nomina a parroco, quella di padre Cosma fu la parrocchia di san Pietro a San Pedro Nonualco, nel dipartimento di La Paz e in diocesi di San Vicente, affinché imparasse la lingua. Nei tre anni che vi trascorse si rese disponibile a incontrare e ad ascoltare ogni persona, percorrendo lunghi tratti a piedi o a cavallo per raggiungere i vari villaggi.
A San Juan Nonualco
Nel 1953 fu trasferito alla parrocchia di San Giovanni Battista a San Juan Nonualco, non lontano dalla precedente destinazione, come coadiutore. Arrivò il 18 ottobre, sorprendendo i parrocchiani per due ragioni: perché indossava il saio, facendosi quindi subito riconoscere come un figlio di san Francesco, e perché era in sella a una motocicletta, quindi un mezzo di trasporto sobrio. Solo dopo qualche tempo e in seguito a un incidente si convinse ad acquistare una jeep, purché di seconda mano.
Come già a San Pedro Nonualco, di cui aveva dotato la chiesa di cinque nuove campane, giunte appositamente da Vittorio Veneto, padre Cosma s’impegnò a ricostruire la chiesa e la canonica, ricostruite con materiali poveri dopo il terremoto del 1933 e, in ogni caso, per nulla stabili. Il 1° gennaio 1957 fu nominato parroco della stessa parrocchia.
L’impegno per l’educazione
Insieme alla chiesa, il religioso volle che venisse costruita la scuola parrocchiale, intitolandola a papa Giovanni XXIII. Fino a quel momento, in tutto il municipio di San Juan Nonualco c’era una sola scuola elementare statale.
Tre Suore Francescane dell’Immacolata Concezione del Messico si occuparono della gestione, mentre padre Cosma, ricorrendo all’aiuto di molti benefattori a partire dai suoi parenti, approfittando anche di brevi soggiorni in Italia, reperiva i fondi necessari. In quel modo, poté non solo ampliare la scuola elementare, ma anche aprire una scuola superiore, la seconda dopo quella del capoluogo.
Costruttore di comunità
Al suo arrivo, padre Cosma aveva trovato una comunità dove la religiosità era vissuta in modo intenso, ma dove le forme esteriori non apparivano coerenti con la vita della gente, caratterizzata da violenza, infedeltà e abuso di alcool.
Cominciò allora a dedicare molto tempo alle confessioni e ai colloqui, raccomandando la pace e non la vendetta. Ebbe particolare cura per i catechisti e per i giovani, aiutando molti di essi, anche economicamente, a continuare gli studi fino all’università.
Volle anche impiantare la coltivazione della vite, come aveva visto fare da bambino al suo paese. Sperava che in quel modo, se le condizioni climatiche fossero state favorevoli, anche la vita degli abitanti sarebbe migliorata. In effetti, i raccolti furono molto abbondanti, come testimoniano le sue lettere e alcune fotografie.
Francescanamente povero, amante della preghiera
Nessuno o quasi osava mettere in discussione la sua autorità morale, poiché erano conosciuti i mille modi con cui riusciva a offrire qualcosa a quanti bussavano alla sua porta. Con la sua jeep, più di una volta, portò malati e partorienti in ospedale, assistendo anche alla nascita di molti bambini sul suo mezzo.
Il suo stile di vita era tanto improntato alla povertà francescana da meravigliare quanti lo vedevano visitare i villaggi senza farsi problemi di alloggio, cibo o igiene. Nonostante il clima fosse caldo e umido, indossava quasi sempre il saio; solo per il venticinquesimo anniversario di ordinazione sacerdotale accettò in dono un abito nuovo.
Un altro aspetto che destava l’ammirazione dei parrocchiani era il modo con cui padre Cosma celebrava la Messa. La sera guidava la preghiera del Rosario comunitaria e l’Adorazione Eucaristica. Lui stesso, presso il Tabernacolo, amava recitare per conto proprio l’Ufficio Divino.
Un contesto di persecuzione
Tuttavia, le tensioni politiche in El Salvador, tra le grandi masse di contadini in miseria e gli oligarchi possessori di terreni, tra le formazioni paramilitari e i movimenti di protesta di stampo marxista, si fecero sentire anche nella zona di San Juan Nonualco.
Padre Cosma sentiva che il suo ruolo, ancora di più, doveva essere quello di uomo di pace. Lui stesso aveva battezzato molti dei militanti dell’uno e dell’altro schieramento, per cui non capiva perché dovessero combattersi su basi ideologiche.
Nelle mani del Signore
Padre Cosma molto spesso alzò la voce, ma solo per questioni di ambito locale. Ad esempio, il giorno di Pasqua del 1980 si oppose a un gruppo di estrema sinistra, che volevano occupare per fini propagandistici la chiesa di San Giovanni Battista.
Aveva avuto occasione di subire critiche anche di segno opposto: l’apertura della scuola superiore, infatti, era stata considerata pericolosa da alcuni, perché favoriva la promozione culturale delle classi più basse.
Il suo atteggiamento costante era quello di cui aveva dato notizia ai suoi cari in una lettera risalente ai primi del 1980: «Confido nel Signore. Mi pongo nelle sue mani e vi domando una preghiera perché il Signore mi aiuti a mantenere sempre la serenità e non mancare mai al mio dovere anche di fronte al pericolo».
Operatore di misericordia
L’esercito, tra marzo e aprile dello stesso anno, cominciò a pensare che lui appoggiasse i guerriglieri solo perché aveva seppellito i cadaveri di alcuni giovani del villaggio di Tehuiste, contravvenendo all’ordine di lasciarli ai bordi delle strade come monito.
Inoltre, di notte, veniva spesso a trovarlo un sacerdote che aveva scelto la strada della lotta armata, ma che comunque continuava a chiedere di potersi confessare. Padre Cosma lo accoglieva, lo ascoltava, cercava di aiutarlo a ravvedersi e comunque gli offriva la cena e un posto dove dormire. Tanto bastò per considerare anche lui uno di quei sovversivi.
Una nuova parrocchia
Il 4 ottobre 1979 fu nominato vicario episcopale per il dipartimento di La Paz, mentre il 3 marzo 1980, alla morte del confratello padre Nilo Cucchiaro, parroco di Santa Lucia a Zacatecoluca, fu chiamato a succedergli.
I fedeli di San Juan Nonualco ne furono dispiaciuti, come lui stesso, ma cercò di placare gli animi. Nella nuova parrocchia dovette affrontare molte difficoltà, a partire dagli eccessi di alcuni gruppi di preghiera, mentre le uccisioni di sacerdoti, catechisti e fedeli continuavano a verificarsi in tutto il Paese.
L’offerta estrema
Il trasferimento fu però graduale: nuovi problemi di salute, infatti, avevano cominciato a farsi sentire. Nel maggio 1980 padre Cosma fu colpito da febbri di natura infettiva: venne quindi ricoverato prima a Zacatecoluca, poi, grazie ai confratelli, nel policlinico di San Salvador, dove gli venne diagnosticata una patologia del fegato, che necessitava di cure particolari.
In quei giorni, confidò a un altro frate: «Ho offerto la mia povera vita mortale per la perseveranza delle vocazioni sacerdotali e religiose della mia parrocchia. Ho offerto la mia vita per la pace in El Salvador, specialmente per la diocesi di San Vicente e la mia parrocchia di San Juan Nonualco». Dimesso dall’ospedale, trascorse alcuni giorni di convalescenza presso il Seminario francescano di Planes de Renderos.
L’ultima Messa
Il 14 giugno, ottenuto il permesso del superiore del luogo, padre Cosma lasciò la convalescenza per tornare a San Juan Nonualco, il tempo di celebrare una Messa di suffragio per un giovane universitario, ucciso nove giorni prima dall’esercito.
La celebrazione iniziò alle 16. Nell’omelia ebbe parole di biasimo per quanti mettevano in pericolo la propria vita accusando altri fratelli alle autorità militari. Terminata la celebrazione, come suo solito, s’inginocchiò davanti al tabernacolo, pregando e meditando, col messalino tra le mani, sul Vangelo della domenica successiva.
Il martirio
Due uomini, col volto in parte coperto e con delle parrucche, entrarono in chiesa dalla porta principale: uno si fermò a metà, mentre l’altro si diresse verso il frate. Lo chiamò per nome e, quando lui si fu voltato, gli sparò con una mitragliatrice. I due sicari fuggirono immediatamente, come videro due suore e un chierichetto presenti in chiesa.
Padre Filiberto Dal Bosco, che avrebbe dovuto celebrare la successiva Messa delle 19 e si trovava in sacrestia per vestire i paramenti, accorse subito e amministrò l’assoluzione sotto condizione, ma ormai padre Cosma era ferito a morte.
Molti fedeli, sfidando il pericolo, vennero subito nella chiesa. Le autorità civili, le stesse che avevano ordinato l’assassinio, si presentarono mezz’ora dopo, per disporre l’autopsia. Il corpo di padre Cosma venne trasportato, verso mezzanotte, nella chiesa di Santa Lucia, perché quella di San Giovanni doveva essere riconsacrata a causa del sacrilegio. Lì, il 16 giugno, si svolsero le esequie, presiedute da monsignor Pedro Arnoldo Aparicio, vescovo di San Vicente, e concelebrate da due vescovi e una quarantina di sacerdoti.
Il testamento spirituale
Quindici giorni prima di morire, padre Cosma aveva fatto in tempo a pagare i dipendenti della parrocchia, lasciando loro anche una buonuscita. Sulla scrivania lasciò una busta, in modo tale che fosse subito trovata. Conteneva il suo testamento spirituale:
«Attenzione, in caso di morte improvvisa. Sento che, da un momento all’altro, persone fanatiche possano togliermi la vita. Chiedo al Signore che al momento opportuno mi dia la forza per difendere i diritti di Cristo e della Chiesa. Morire martire sarebbe per me una grazia che non merito. Lavare con il sangue, versato per Cristo, tutti i miei peccati, difetti e debolezze della vita passata, sarebbe per me una grazia del Signore. Fin d’ora io perdono e prego il Signore per la conversione degli autori della mia morte. Ringrazio tutti i miei fedeli che, con le loro preghiere e con le loro manifestazioni di affetto, mi hanno incoraggiato a dare loro l’ultima testimonianza della mia vita, affinché anch’essi siano buoni soldati di Cristo. Spero di continuare ad aiutarli dal Cielo».
Fama di martirio e di segni
Alla fine della guerra civile, nel 1993, il paese di San Juan Nonualco risultò non essere mai stato occupato né dai soldati, né dai guerriglieri, e nemmeno teatro di scontri o altri episodi violenti. Per molti fu un indizio della protezione di cui padre Cosma aveva fatto menzione nel testamento.
Non fu il primo né l’unico segno che gli venne attribuito: esiste almeno un ex voto, risalente al 1992, dove il religioso viene raffigurato con l’aureola che si conviene ai Santi riconosciuti. I segni accompagnavano l’opinione, mai venuta meno, che la sua uccisione fosse un martirio.
La chiesa nuova di San Juan Nonualco fu definitivamente completata trent’anni dopo l’inizio della costruzione, quindi lui non riuscì a vederla. Il 12 giugno 1995, quindici anni dopo l’assassinio, il suo corpo venne traslato in una tomba posta in un’apposita cappella, all’interno della stessa chiesa.
L’inchiesta diocesana e il riconoscimento del martirio
Sulla base della fama di martirio e di segni, fu quindi avviata la causa di beatificazione e canonizzazione presso la diocesi di Zacatecoluca, nella quale era venuto a trovarsi San Juan Nonualco. L’inchiesta diocesana durò un anno esatto, dal 14 giugno 2000 allo stesso giorno del 2001. Il 4 aprile 2003 la Congregazione delle Cause dei Santi riconobbe la validità giuridica degli atti.
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2018, fu esaminata dai Consultori Teologi della Congregazione, che il 12 novembre 2019 diedero parere positivo. Il 5 maggio 2020 i cardinali e i vescovi membri dello stesso Dicastero si pronunciarono a loro volta a favore del riconoscimento dell’uccisione di padre Cosma per la sua fedeltà al Vangelo.
Il decreto sul martirio e la beatificazione
Il 26 maggio 2020, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto con cui veniva riconosciuto il martirio di padre Cosma.
La Messa della beatificazione fu celebrata a San Salvador, in piazza Divino Salvatore del Mondo, il 22 gennaio 2022, presieduta dal cardinal Gregorio Rosa Chávez, vescovo ausiliare di San Salvador, come delegato del Santo Padre. Nella medesima celebrazione vennero elevati agli onori degli altari anche il padre gesuita Rutilio Grande García e i laici Manuel Solórzano e Nelson Rutilio Lemus, uccisi il 12 marzo 1977 nei pressi di El Paisnal.
Il suo ricordo in Italia
Padre Cosma è stato il primo candidato agli altari nativo della diocesi di Vittorio Veneto beatificato come martire. Nella chiesa di San Mansueto a Mansuè, come anche in quella di Basalghelle, sono state poste delle sue immagini.
Altre memorie si trovano nei luoghi dove si è formato alla vita religiosa e francescana. In particolare, il santuario della Madonna dei Miracoli a Motta di Livenza conserva, come sue reliquie, il suo crocifisso da missionario e il messalino che aveva con sé al momento della morte, con tracce del suo sangue.
Preghiera
O Dio,
che hai concesso al Beato Cosma,
sacerdote e martire,
la grazia di conformarsi
a Cristo Buon Pastore
e di comunicare al calice
della sua Passione
fino alla suprema testimonianza
del sangue,
concedi anche a noi,
per sua intercessione,
una viva esperienza del tuo amore,
sorgente di riconciliazione e di pace.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Beato Cosma, prega per noi!
Autore: Emilia Flocchini
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