Infanzia e famiglia
Mamerto de la Ascensión Esquiú nacque l’11 maggio 1826 a San José de Piedra Blanca, nella provincia di Catamarca, nel nordest dell’Argentina. Era il secondogenito di Santiago Esquiú, ex soldato catalano, e di María de las Nieves Medina, creola e nativa di Catamarca.
Fu battezzato nella cappella di Nostro Signore del Miracolo de la Tercena, all’epoca sede parrocchiale, otto giorni dopo la nascita. I nomi furono scelti dalla madre, in onore del Santo del giorno in cui il bambino era nato, nel quale, quell’anno, cadeva anche la solennità dell’Ascensione.
Santiago e Maria ebbero altri figli: Rosa, Odorico, Marcelina, Justa e Josefa. Umili contadini, educarono tutti e sei con tenerezza e affetto. Per un voto emesso dalla madre, a partire dai cinque anni Mamerto vestì un piccolo saio francescano, ricavato da un vero abito donato da fra Francisco Cortés, come protezione per la sua salute, fragile dalla nascita.
Un bambino intelligente e un postulante promettente
Imparò a leggere e a scrivere nella scuola del suo paese. La sua maestra, Teresa Bravo, fece notare ai genitori che il bambino aveva notevoli doti intellettuali: per questo fu mandato a studiare alla Scuola di San Francesco (attuale Istituto Padre Ramón de la Quintana) di Catamarca.
Il 31 maggio 1836 entrò come postulante e aspirante al sacerdozio nel convento francescano della città di San Fernando del Valle, all’epoca il principale faro intellettuale e culturale del Nordovest argentino. Cominciò il noviziato il 13 luglio 1841 ed emise la professione religiosa il 14 luglio 1842, atto con cui veniva giuridicamente incorporato alla Provincia religiosa dell’Assunzione dei Frati Minori, che oggi comprende i territori di Argentina e Paraguay.
La sua formazione fu sorprendente: dopo quattro anni d’istruzione primaria, tre di Latino e uno di Umanità (corrispondenti alla scuola secondaria), ma concluse quest’ultimo corso con un anno di anticipo. A dodici anni iniziò gli studi di Filosofia, ovvero le superiori, che compì in tre anni. A quindici anni entrò in Teologia e, due anni dopo, concluse anche quel corso.
Giovanissimo sacerdote
Fu ordinato sacerdote il 18 ottobre 1848 nella città di San Juan, che lui e i suoi otto compagni dovettero raggiungere a dorso di mulo, percorrendo un tragitto di seicentocinquanta chilometri. All’epoca, Catamarca dipendeva, sul piano ecclesiastico, dalla diocesi di Salta, la cui sede era vacante a causa della morte del vescovo: per questa ragione fu necessario quel viaggio. Fra Mamerto ricevette quindi l’ordinazione per l’imposizione delle mani di monsignor Eufrasio Quiroga Sarmento.
Aveva appena ventidue anni, ragione per cui lo stesso vescovo gli comandò di celebrare la Prima Messa solo quando ne avrebbe compiuti ventitrè. La celebrazione si svolse quindi il 15 maggio 1849, nella chiesa del convento francescano di Catamarca; fra Mamerto offrì la Messa in suffragio dei suoi genitori.
Dal 1850 cominciò a insegnare presso la Scuola di San Francesco, di cui fu anche direttore; insegnò anche Filosofia presso il Seminario Patriottico Federale Nostra Signora della Mercede, nel quale stese il Regolamento di Disciplina e i piani di studio.
L’ “Oratore della Costituzione”
Il 1° maggio 1853 venne promulgata, dal Congresso Generale Costituente, la Costituzione che gettava le basi della Confederazione Argentina, inizio dello Stato unitario. A Catamarca, per festeggiare l’evento, fu organizzato, per il 9 luglio seguente, un solenne Te Deum nella Chiesa Madre, con una predicazione speciale. All’unanimità fu scelto, come predicatore, fra Mamerto.
Il titolo dell’omelia fu «Laetamur de gloria vestra» («Ci rallegriamo della vostra gioia»), tratto dal versetto 12 del dodicesimo capitolo del libro dei Maccabei: in esso invocò pace e unità per gli argentini, divisi in una lotta fratricida tra unitari e federali. Da allora ottenne il soprannome di “Oratore della Costituzione”.
In particolare, raccomandò: «Obbedite, signori, senza sottomissione non c’è legge, senza leggi non c’è patria, non c’è vera libertà: esistono solo passioni, disordine, anarchia, dissoluzione, guerra e mali dai quali Dio possa liberare eternamente la Repubblica Argentina; e concedendoci di vivere in pace e in ordine sopra la terra, dia a noi tutti di gioire nel Cielo della Beatitudine nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, per il quale e per mezzo del quale vivono tutte le cose».
In politica per amore della sua gente
Dal 1855 al 1862 intervenne nella vita politica, come deputato e membro del Consiglio di Governo della provincia di Catamarca. Lo fece perché spinto dall’amore per la sua gente e per il servizio ai suoi simili, per la ricerca del bene comune, la possibilità di contribuire con le proprie conoscenze e sensibilità a migliorare la vita dei suoi compaesani e ottenere il progresso della zona.
Più nel dettaglio, il 25 dicembre 1855 fu eletto deputato per il dipartimento di Valle Viejo. Il 3 marzo 1858 iniziò il secondo mandato: cinque giorni dopo, si dichiarò a favore dell’aumento dello stipendio dei maestri, affermando che ciò avrebbe permesso di «trovare uomini adatti per questo compito così importante, perché da loro dipende in gran parte il progresso dei villaggi».
In un articolo pubblicato sul quotidiano «El Ambato» dichiarò: «M’intrometto nella Sala dei Rappresentanti perché il popolo mi ha chiamato e ho obbedito alla sua voce; mi abituo a servire i miei simili qui nella Sala come nel confessionale, nella casa dei ricchi come nella povera capanna».
Giornalista appassionato della verità
«El Ambato» era il primo quotidiano fondato a Catamarca: fra Mamerto, che nel 1868 fondò poi il periodico «El Cruzado», aveva una rubrica intitolata «Revistas», dove si occupava di argomenti d’interesse pubblico, per elevare culturalmente gli abitanti della regione.
Usava pseudonimi come El Revisor (il correttore), El Humilde Pedisequo (L’Umile Pedissequo), El Caballero Andante (il Cavaliere Errante), El caballero de la Triste Figura (il Cavaliere dalla Triste Figura); gli ultimi tre sono riferimenti al «Don Chisciotte» di Miguel de Cervantes. Era poi solito affermare: «Non conoscerò altra legge o altro re se non la verità», oppure: «La stampa è per un popolo la stessa cosa della letteratura, l’espressione della propria vita».
Missionario in Bolivia
Desideroso di tornare alla vita francescana, nel 1862 ottenne di essere inviato come missionario in Bolivia: anche lì fu insegnante di Filosofia, precisamente a partire dal 1864, nel Seminario Metropolitano di Sucre. In tutti i suoi impegni come docente cercò di educare al meglio i giovani destinati a comporre le future classi dirigenti.
Il 28 agosto 1872, mentre si trovava a Tarija in Bolivia, ricevette la notizia della sua nomina ad arcivescovo di Buenos Aires. Dopo essersi consultato col padre guardiano (ossia superiore) del convento e aver pregato per giorni interi, rinunciò alla nomina.
Decise quindi d’intraprendere un pellegrinaggio a dorso di mulo, accompagnato da padre Rafael Girandengo. Il percorso, secondo quanto raccontò nelle sue Memorie, toccò una ventina di località tra Bolivia, Ecuador e Perù, con ultima tappa a Lima; tre mesi dopo, prese la via del ritorno a Tarija. Il 1° maggio lasciò definitivamente quella località e tornò a Catamarca, dove giunse il 21 settembre.
Pellegrino in Terra Santa
Un altro pellegrinaggio, ancora più imponente, lo vide arrivare in Terra Santa. Il 4 febbraio 1876, dopo aver terminato tutti i preparativi, partì: le tappe furono numerose, in America Latina e poi in Europa, dove giunse il 24 aprile, provenendo da Rio de Janeiro e sbarcando a Marsiglia dopo un periodo di quarantena: a Rio era infatti in corso un’epidemia di febbre gialla, per cui non poté sbarcare in Spagna. Da lì raggiunse Genova, quindi Roma, dove arrivò il 28.
L’8 giugno, dal porto di Napoli, salpò per Alessandria d’Egitto, arrivando a Gerusalemme dopo diciannove giorni di navigazione. Soggiornò per un anno e mezzo circa nella Città Santa, ospite del convento di San Salvatore dei Frati Minori, sede della Custodia di Terra Santa, all’epoca ancora in costruzione.
Il superiore generale del suo Ordine lo richiamò a Roma, per affidargli una missione importante: ristabilire, nei conventi argentini, la vita comune, secondo l’ideale di san Francesco. Anche per questa ragione, il 22 gennaio 1878, si recò ad Assisi. Ritornato a Roma il 25, poté, nell’aprile successivo, avere un’udienza dal nuovo Papa, Leone XIII.
Il riposo del missionario
Anche un pellegrino e un missionario come lui, però, sapeva trovare del tempo per riposare. Nel villaggio di La Puerta, nel dipartimento di Ambato, le sue sorelle Justa e Josefa avevano sempre una stanza a sua disposizione. Fra Mamerto trascorreva molto tempo con loro e con le famiglie degli altri abitanti, alle quali dava incoraggiamenti durante le omelie delle Messe che celebrava nell’antica cappella.
Ogni volta che intraprendeva un viaggio missionario fuori da Catamarca, andava a rendere omaggio alla Madonna della Valle, venerata nella cattedrale; faceva lo stesso al proprio ritorno. Appena arrivato, s’inginocchiava davanti alla sua immagine, ringraziandola per la protezione materna che gli aveva concesso. Del resto, in tutte le sue omelie citava la Vergine Maria, supplicandola e onorandola.
Compì lo stesso omaggio anche nel 1875, appena tornato dalla permanenza di tredici anni in Bolivia. Poté quindi ammirare la statua dell’Immacolata posta sulla facciata della cattedrale, come aveva suggerito lui stesso in una lettera del 17 gennaio 1869 al vicario José Facundo Segura.
Vescovo di Córdoba
Fra Mamerto, più volte, era stato incluso nelle terne che il Senato Nazionale aveva sottoposto al Presidente della Repubblica affinché scegliesse i candidati all’episcopato. Oltre alla nomina per Buenos Aires, già citata, aveva respinto quella per la diocesi di Paraná, il 25 luglio 1864, e per la diocesi di San Juan de Cuyo, il 27 settembre 1866.
Il 27 febbraio 1880 fu preconizzato vescovo di Córdoba, mentre la lettera di nomina gli arrivò il 24 marzo 1880. Anche in quel caso fu sul punto di rifiutare, ma obbedì quando gli venne ricordato che era papa Leone XIII in persona a volerlo in quella sede.
Il 12 dicembre 1880, quindi, venne ordinato vescovo a Buenos Aires, mentre il 16 gennaio 1881 compì la presa di possesso. Nel corso del suo episcopato pubblicò due lettere pastorali, predicò in quasi tutte le chiese e le cappelle della diocesi e visitò l’intero territorio, aiutando i parroci a controllare i documenti relativi allo stato delle anime.
A volte, non si sa se per distrazione o per umiltà, non indossava la croce pettorale, l’anello vescovile e lo zucchetto, restando però con l’abito francescano: i contadini, allora, lo scambiavano per un frate qualunque e domandavano al parroco quando sarebbe arrivato il vescovo.
A quel punto lui si alzava, si avvicinava al contadino e gli poneva domande sulla famiglia, sui figli, su come vivesse la propria religiosità e altro ancora. Quando il fedele, impaziente, ripeteva la domanda, il parroco gli faceva presente che il vescovo era colui con cui stava parlando.
La sua casa, poi, era costantemente affollata di poveri di ogni genere, a cui cercava di dare il proprio aiuto materiale. Ebbe anche cura per il Seminario diocesano, impegnandosi perché vi fossero ripresi gli studi teologici.
Il rapporto con san Giuseppe Gabriele del Rosario Brochero
In due occasioni predicò gli Esercizi Spirituali ignaziani al clero della sua diocesi, che al tempo contava, tra i suoi membri, un sacerdote che aveva ripreso l’opera degli Esercizi: don José Gabriel del Rosario Brochero. Proprio come il suo vescovo, aveva percorso le montagne cordobesi per salvare le anime dei fedeli e dare loro una vita dignitosa.
Monsignor Esquiú, riconoscente per il suo lavoro missionario, nel 1881 lo nominò canonico onorario della cattedrale di Córdoba, ma lui accettò solo nel 1898. Rinunciò nel 1902, tornando al servizio di parroco di Villa del Tránsito. “El Cura Brochero”, come lo conoscono devoti argentini e non solo, è stato canonizzato nel 2016.
La morte
Alla fine del 1882, monsignor Esquiú andò a La Rioja, che all’epoca faceva parte della diocesi di Córdoba, per risolvere una questione aperta con le autorità civili a proposito del cimitero del luogo.
L’8 gennaio 1883 intraprese il viaggio di ritorno, ma il giorno seguente si sentì male: fu fatto sdraiare a terra e coperto con alcuni mantelli. Il giorno dopo, insieme agli accompagnatori, riprese il cammino, ma si aggravò il 10, mentre si trovava nella stazione di posta di El Suncho.
I rimedi che gli furono applicati non ebbero effetto: morì alle 15 del giorno stesso, «con una morte dolce come il sorriso di un angelo», affermò padre Anglada Torrent, il suo segretario.
La reliquia del cuore
Il cadavere venne trasportato per via ferroviaria a Córdoba, nella carrozza dietro la locomotiva, ma alla stazione di Avellaneda i passeggeri chiesero al capotreno di lasciarlo lì, perché mandava odore. Venne quindi collocato nella cappella di Nostra Signora del Rosario, finché un treno speciale, inviato dal Governo Nazionale, non arrivò per portarlo alla sua destinazione.
Condotto all’ospedale San Rocco di Córdoba, venne sottoposto a un’autopsia, per constatare se era stato avvelenato. L’esame non riscontrò la presenza di sostanze sospette; in compenso, mentre il corpo era in stato di decomposizione, il cuore era intatto.
Odorico, uno dei fratelli del defunto, chiese di poterlo tenere per sé, ma poco dopo decise di consegnarlo ai Frati Minori del convento di San Francesco a Catamarca. Intendeva così prendere alla lettera un’affermazione del fratello, secondo la quale il suo cuore sarebbe sempre rimasto a Catamarca. Gli altri resti, invece, trovarono sepoltura nella cattedrale di Córdoba, alla destra dell’altare maggiore.
Il 10 marzo 1989 la reliquia venne traslata a Piedra Blanca, nella casa natale di monsignor Esquiú, mentre nell’agosto successivo fu sottoposta a un trattamento conservativo. Il 30 ottobre seguente, però, venne trafugato; fu ritrovato quasi subito, perché il ladro, temendo di essere scoperto, l’aveva nascosto nel soffitto del convento.
Il 22 febbraio 2008, nonostante fosse stato posto in un luogo più sicuro ma comunque aperto alla venerazione dei fedeli, il reliquiario col cuore fu di nuovo rubato; da allora, nonostante le ricerche da parte della Polizia Federale, se ne sono perse le tracce.
La causa di beatificazione e canonizzazione fino al decreto sulle virtù eroiche
La fama di santità di fra Mamerto, mai venuta meno sia in vita sia dopo la morte, condusse la diocesi di Catamarca ad avviare la sua causa di beatificazione e canonizzazione, per l’accertamento delle virtù eroiche.
Il processo informativo durò dal 18 luglio 1930 al 20 dicembre 1945, essendo intanto sopravvenuta la seconda guerra mondiale. A causa di pareri discordanti tra i censori teologi, papa Pio XII decise di archiviare la causa. Grazie all’ambasciatore argentino presso la Santa Sede, i suoi successori furono favorevoli a riaprirla: il decreto sugli scritti si ebbe quindi il 23 novembre 1963.
Il 13 aprile 1978, con l’introduzione della causa, iniziò la fase romana, ma nel corso del processo apostolico furono riscontrati dei vizi di forma, in base alla Costituzione apostolica «Divinus Perfectionis Magister» del 1983.
Dieci anni più tardi, il vescovo di Córdoba e il Postulatore Generale dell’Ordine dei Frati Minori domandarono chiarimenti: si procedette quindi a verificare se, nel periodo trascorso, non fossero emerse nuove prove e se la fama di santità del candidato fosse continuata.
Risolte le questioni, fu possibile ottenere il rescritto di convalida dei processi informativo e apostolico, il 1° marzo 2002. La “Positio super virtutibus” fu consegnata nel 2004: i consultori storici (la causa era infatti diventata ormai di natura antica o storica) della Congregazione delle Cause dei Santi diedero parere positivo il 16 novembre dello stesso anno, seguiti, nel 2006, dai consultori teologi e dai cardinali e vescovi membri della stessa Congregazione, rispettivamente il 3 febbraio e il 17 ottobre.
Il 16 dicembre 2006, quindi, ricevendo in udienza privata il cardinal José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Benedetto XVI autorizzò la promulgazione del decreto con cui fra Mamerto veniva dichiarato Venerabile.
Il miracolo per la beatificazione
Un primo presunto miracolo preso in esame per ottenere la sua beatificazione, dopo l’apposito processo diocesano, fu respinto nel 2007 dalla Consulta Medica. Venne quindi considerato un altro caso, avvenuto nel 2016 in Argentina.
Emma Pacheco Paz, nata prematuramente, aveva presentato difficoltà respiratorie già alla nascita. Alla gastroenterocolite che le era stata diagnosticata si era aggiunta, dal novembre 2015, un’artrite settica dell’anca sinistra con osteomielite del femore omolaterale. Era stata operata d’urgenza, ma erano poi seguite altre operazioni, con esiti sfavorevoli.
Agli inizi del gennaio 2016 era previsto un intervento ancora più specifico, ma non era stato eseguito. A quel punto la madre della bambina, Ana, aveva iniziato a invocare fra Mamerto, dopo che il medico che aveva in cura sua figlia le aveva regalato un’immaginetta con una sua reliquia “ex indumentis”. A partire dal 14 gennaio 2016 l’aveva posta sulla gamba della piccola paziente; alle preghiere sue e del medico si erano intanto uniti altri familiari.
Il 26 novembre 2015 l’osteomielite era stata risolta quasi completamente, come aveva dimostrato un controllo radiografico. Dagli esami strumentali successivi fu confermato che non c’erano altri esiti, quindi la guarigione perdurava.
Il decreto sul miracolo
Il 24 aprile 2020 i consultori teologi della Congregazione delle Cause dei Santi confermarono il nesso tra l’asserita guarigione e l’invocazione del Venerabile Mamerto Esquiú. Tale parere positivo fu confermato nella plenaria dei cardinali e dei vescovi il 16 giugno 2020.
Tre giorni dopo, il 19 giugno 2020, ricevendo in udienza il cardinal Giovanni Angelo Becciu, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul miracolo, aprendo la via alla beatificazione di fra Mamerto.
La beatificazione
Inizialmente prevista per il 13 marzo 2021, la beatificazione venne rimandata, a causa dell’emergenza sanitaria per il coronavirus, al 4 settembre dello stesso anno. A presiedere la Messa con il Rito della Beatificazione, presso la spianata del Tempio di San Giuseppe a Piedra Blanca, fu il cardinal Luis Héctor Villalba, Arcivescovo emerito di Tucumán in Argentina, come delegato del Santo Padre. La sua memoria liturgica venne fissata all’11 maggio, giorno del suo compleanno.
Preghiera (tradotta dall’originale in spagnolo)
Padre buono, dal cui amore procede ogni grazia,
che hai concesso doni speciali
al Beato Mamerto Esquiú, vescovo,
e lo hai reso Pastore del tuo Popolo
nella sua vita di dedizione, nella predicazione,
nella dottrina, nell’esempio
e nel servizio ai più bisognosi;
ti supplichiamo di completare la tua opera,
glorificandolo con la corona dei Santi;
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo: (Si chieda la grazia).
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
Autore: Emilia Flocchini
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