Baabdath, Libano, 3 maggio 1879 – Marache, Turchia, 18 gennaio 1917
Géries (corrispondente all’italiano Giorgio) Saleh nacque a Baabdath, sui monti del Libano, il 3 maggio 1879, penultimo di sei figli. Attratto, come altri giovani compaesani, dall’esempio dei Frati Minori Cappuccini italiani, arrivati da Beirut per risolvere le tensioni nel villaggio, chiese di entrare nel loro Ordine. Fu inviato prima nel Seminario di Santo Stefano a Istanbul, dove compì il noviziato, assumendo il nome di fra Tommaso da Baabdath. Emise la professione religiosa dei voti il 2 luglio 1900 e venne ordinato sacerdote il 4 dicembre 1904. Fu destinato alla Missione della Mesopotamia a Mardin dove, insieme a padre Leonardo da Baabdath, suo amico e compaesano, si dedicò all’apostolato, all’attività didattica nella scuola della missione, alla predicazione e all’amministrazione dei Sacramenti. Nel 1910 fu trasferito a Diarbekir, da dove fu espulso, per la situazione politica critica, insieme agli altri missionari, il 22 dicembre 1914, raggiungendo Orfa. Tra il 1915 e il 1916, nonostante le gravi limitazioni e pericoli, continuò a svolgere il suo apostolato missionario, nascondendo tra l’altro in convento un sacerdote armeno, che fu arrestato il 24 settembre 1916. Una perquisizione da parte della polizia portò anche alla scoperta in convento di una pistola di piccolo calibro. I due fatti determinarono la condanna di padre Tommaso: tratto in arresto il 4 gennaio 1917, subì ogni sorta di violenze e maltrattamenti, venendo tra l’altro rinchiuso anche in prigioni infette, tanto da contrarre il tifo. Morì, sfinito dalle torture e dalle privazioni, il 18 gennaio 1917 a Marache, in Turchia. Padre Leonardo, invece, rimasto al fianco di un anziano confratello, era stato arrestato il 5 giugno e ucciso cinque giorni più tardi, nella località di Kalaat Zirzawane, insieme ad altri prigionieri. I due frati, uniti nella medesima causa di beatificazione e canonizzazione, sono stati riconosciuti martiri col decreto promulgato il 27 ottobre 2020 e beatificati nel convento della Croce a Bqennaya il 5 giugno 2022, sotto il pontificato di papa Francesco.
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I primi anni
Géries (corrispondente all’italiano Giorgio) Saleh nacque a Baabdath, sui monti del Libano, il 3 maggio 1879, quinto di sei figli, tutti maschi. Fu battezzato e crebbe nel suo villaggio.
Quand’era poco più che adolescente, si trovò ad affrontare una situazione grave, a causa della quale alcune famiglie maronite di Baabdath, compresa la sua, si sentirono trattare ingiustamente. Si rivolsero prima alle autorità civili, poi a quelle ecclesiastiche, ma senza esito. Decisero quindi di aggregarsi ai protestanti, sempre per ottenere aiuto.
L’arrivo dei Cappuccini e la vocazione
Per allentare la tensione dovette intervenire la Santa Sede, inviando alcuni frati Cappuccini italiani da Beirut. Géries e Youssef Melki, suo compaesano, ricevettero pochi mesi dopo, il 19 novembre 1893, la Cresima secondo il Rito della Chiesa latina.
Géries, Youssef e altri tre ragazzi del villaggio furono colpiti dal comportamento dei frati e attratti dal loro stile di vita: chiesero quindi come fare per diventare missionari come loro.
La formazione tra i Cappuccini
I cinque postulanti arrivarono il 28 aprile 1895 a Istanbul in Turchia, dove aveva sede il Seminario Minore di Santo Stefano, appartenente all’Istituto Apostolico d’Oriente, creato per la formazione dei futuri missionari destinati alle terre d’Oriente.
Nei quattro anni seguenti, com’era d’uso in quel Seminario, furono iscritti al Terz’Ordine Francescano. Il 2 luglio 1899 furono ammessi in noviziato: ricevendo il saio, Géries cambiò nome in fra Tommaso da Baabdath, in onore di san Tommaso d’Aquino, mentre Youssef divenne fra Leonardo da Baabdath, per omaggiare san Leonardo da Porto Maurizio.
Continuarono la formazione nel convento di Bugià, presso Smirne, per gli studi filosofici e quelli teologici. Vennero ordinati sacerdoti insieme, il 4 dicembre 1904.
Missionario in Mesopotamia
Il 23 aprile 1906 superarono l’esame finale per essere abilitati alla missione: la loro destinazione fu Mardin, nella Missione della Mesopotamia, affidata alla Provincia Cappuccina di Lione. Prima della partenza fu loro concesso di poter tornare a Baabdath.
Padre Tommaso si dedicava particolarmente alla catechesi, all’insegnamento scolastico, alla predicazione e alle confessioni. Svolgeva anche un’intensa opera apologetica tra i protestanti e i siro-ortodossi, per cercare di portarli al cattolicesimo.
Nella lettera inviata da Mardin il 12 dicembre 1906 e indirizzata al Ministro Generale dei Cappuccini, scrisse: «Quando siamo arrivati alla Missione della Mesopotamia, che la Divina Provvidenza ha voluto donarci per la nostra felicità, abbiamo subito potuto dedicarci al Ministero, perché la lingua araba non ci era sconosciuta».
Insieme a padre Leonardo, che era invece direttore della scuola e seguiva il Terz’Ordine Francescano, era capace di trovare vie creative per esercitare il ministero: per i bambini e i ragazzi ideavano spettacoli teatrali, scrivevano poesie e perfino giochi per far conoscere la Bibbia.
La separazione da padre Leonardo e la missione in tempi difficili
Nell’ottobre 1908, per la prima volta dopo tredici anni di vita comunitaria religiosa, le strade di padre Tommaso e padre Leonardo si divisero. Il primo fu infatti trasferito a Kharput, in Armenia Minore e, due anni dopo, inviato a Diarbekir, in Mesopotamia. Come sempre, continuò la predicazione della fede, l’insegnamento, la catechesi e l’animazione dei Terziari.
Allo scoppio della prima guerra mondiale tornò in Libano, per l’ultima volta. Condivideva le angosce dei suoi familiari, a cui mandò la sua ultima lettera: «La paura riguarda tutti, voi e me. Ma a che serve preoccuparci dal momento che neppure un capello cade dalla nostra testa senza che la volontà divina lo voglia?». Quindi dichiarò: «La mia vita viene da Dio. Può prenderla quando vuole».
Oltre alla guerra, in effetti, c’erano altri motivi di preoccupazione per i cristiani, particolarmente per gli armeni, che vivevano in Turchia. Dopo secoli di convivenza pacifica, già nel dicembre 1894 si erano verificati episodi di ostilità nei loro confronti, in tutto l’Impero Ottomano, ma con una particolare concentrazione proprio in Mesopotamia.
Fiducioso anche tra le persecuzioni
Il 22 dicembre 1914, padre Tommaso fu costretto ad abbandonare il convento di Diarbekir, insieme a un confratello e ad alcune suore. Trovò rifugio a Orfa: nei due anni successivi, dovette sopportare le intrusioni della polizia e affrontare le conseguenze del piano sistematico che, dalla Pasqua del 1915, aveva condotto a massacrare, a due riprese, soldati, notabili e sacerdoti di qualsiasi confessione cristiana.
Nelle lettere di quel tempo al Ministro generale, padre Tommaso fece trasparire tutta la sua fiducia in Dio: «Dobbiamo solo metterci nelle mani del Dio misericordioso»; «Non sappiamo cosa ci viene preparato e cosa ha in serbo per noi la Divina Provvidenza. Sia fatta la Sua santa volontà»; «Abbiamo fede in Colui che ha detto: abbiate fiducia, io ho vinto il mondo».
Condannato a morte per un atto di carità
Una delle conseguenze del clima persecutorio fu la scelta, condivisa col padre guardiano (vale a dire il superiore del convento), di accogliere un sacerdote cattolico armeno. Quest’ultimo, il 24 settembre 1916, venne arrestato, mentre il convento venne perquisito.
Tra gli oggetti rinvenuti era presente una pistola di piccolo calibro, che gli aggressori affermarono di aver trovato nella stanza di padre Tommaso. Fu accusato di aver nascosto l’armeno e di detenzione impropria di quell’arma da fuoco e, per entrambi i capi d’accusa, condannato a morte. In quello stesso periodo, invocava Gesù-Ostia di caricare su di lui le sofferenze del sacerdote fuggiasco.
Tre mesi dopo, fu arrestato a sua volta, insieme agli altri frati: in pieno inverno, sotto la pioggia, fu mandato a comparire a Marasc. Fu maltrattato, torturato, privato del cibo e incarcerato in prigioni infette: a causa di tutte queste privazioni, contrasse il tifo.
La morte
Arrivò a Marasc ormai privo di forze. I compagni chiesero ripetutamente di farlo visitare da un medico: la richiesta fu esaudita grazie all’intervento di un francescano olandese, che gli aveva amministrato i Sacramenti dei moribondi. Intanto, erano passati tre giorni: padre Tommaso morì il 18 gennaio 1917.
Per l’ultima volta, aveva consolato i confratelli: «Non ho paura della morte. Perché dovrei aver paura? Non è il nostro Padre misericordioso che ci deve giudicare? Perché soffriamo adesso, se non per il suo amore».
Il martirio di padre Leonardo
Padre Leonardo, invece, dopo che, il 5 dicembre 1914, alcuni soldati avevano fatto irruzione nel convento di Mardin, aveva deciso di restare al fianco di padre Daniele, un frate italiano anziano e molto malato. Il 5 giugno 1915, nell’ambito degli arresti di massa dei cristiani, anche lui venne catturato, quindi torturato per convincerlo a convertirsi all’Islam.
Il 10 giugno 1915, insieme ad altri 416 compagni, venne trasferito verso Diarbekir. Nessuno sopravvisse, dopo aver rifiutato ancora una volta di convertirsi; i corpi vennero gettati in pozzi e caverne. Ultimo a morire, l’11 giugno, fu l’arcivescovo armeno cattolico, monsignor Ignazio Maloyan, ucciso con un colpo di pistola (beatificato nel 2001).
La prima fase della causa di beatificazione e canonizzazione
Padre Tommaso e padre Leonardo hanno goduto di continua fama di martirio, per aver continuato l’annuncio del Vangelo in mezzo a gravi difficoltà e aver sigillato, con l’effusione del sangue, la loro consacrazione.
La Custodia Generale Cappuccina del Vicino Oriente chiese quindi l’introduzione della loro causa di beatificazione e canonizzazione congiunta. L’Inchiesta diocesana fu celebrata nel Vicariato Apostolico di Beirut, dopo che nel 2006 era stato concesso il trasferimento di competenza al locale Tribunale Ecclesiastico, dal 17 febbraio 2007 al 28 ottobre 2009. Si rese poi necessaria un’Inchiesta suppletiva, nella stessa Curia ecclesiastica, dal 28 ottobre 2011 al 15 dicembre 2011. Il 1° ottobre 2012 la Congregazione delle Cause dei Santi decretò la validità giuridica degli atti di entrambe le Inchieste.
Il riconoscimento del martirio e la beatificazione
La “Positio super martyrio”, consegnata nel 2017, fu esaminata dai Consultori Storici il 28 febbraio dello stesso anno. Seguì quindi la discussione sul presunto martirio: il 19 novembre 2019 si espressero a favore i Consultori Teologi, seguiti, il 6 ottobre 2020, dai cardinali e dai vescovi membri della Congregazione delle Cause dei Santi.
Il 27 ottobre 2020, ricevendo in udienza monsignor Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi (poi creato cardinale), papa Francesco autorizzò la promulgazione del decreto sul martirio di padre Tommaso e padre Leonardo.
La Messa con il Rito della Beatificazione fu celebrata nel convento della Croce a Bqennaya il 5 giugno 2022, presieduta dal cardinal Semeraro come inviato del Santo Padre.
Autore: Emilia Flocchini
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