Ettore Cunial nacque a Possagno (Treviso) il 13 agosto 1933, in una famiglianumerosa e povera. Quando la mamma si accorse di essere incinta di Ettore, il padre, era già gravemente malato. Sollevando poi il neonato tra le braccia disse: “Questo sarà prete”. Fu battezzato da don Ettore Cunial - stesso cognome, compaesani, ma non erano parenti–e al bimbo, in suo onore, fu dato lo stesso nome. Don Cunial, molto amico del papà, sarà poi arcivescovo Vicegerente di Roma. Il piccolo Ettore, dopo aver tante volte visto la mamma piangere perché non sapeva come sfamare i figli, di nascosto scrisse a Pio XII e a Mussolini, per chiedere aiuti per la famiglia. Arrivarono la benedizione del Santo Padre e dal Comitato degli Orfani di Guerra indumenti e sussidi scolatici.A tredici anni Ettore e i due fratelli minori andarono a studiare a Montecchio Maggiore presso i Giuseppinidel Murialdo dell’Istituto Maria Immacolata. Un fratello sarebbe poi emigrato in Argentina, altri trea Torino, insieme alla mamma.
All'età di 18 anni Ettoresi consacrò a Dio nella Congregazione dei Giuseppini, emise i primi voti l’8 ottobre 1951, proseguì gli studi a Vigone (Torino) e a Ponte di Piave (Treviso). Frequentò la Facoltà di Filosofia e Teologia di Viterbo dove fu ordinato sacerdote il 18 marzo 1962, dall’amico monsignor Cunial. Si avverava così il desiderio del defunto papà. Successivamente conseguì la laurea in Lettere e Filosofia a Roma e l’abilitazione a insegnare a Napoli. Fu quindi destinato,fino al 1972 a San Giuseppe Vesuviano, docente nella Scuola Apostolica. In quegli anni conobbe il Servo di Dio Angelo Cuomo quando questi era Superiore Provinciale della Provincia Romana.Per un biennio padre Ettore fu educatore e insegnante presso al Collegio di Albano Laziale, sua nuova destinazione fu quindi la Sicilia: ad Acquedolci (Messina)Superiore del Centro Vocazionale dal 1974 al 1982. Poi fu a Roma, parroco dell’Immacolata al Tiburtino e direttore dell’Opera S. Pio X, fino al 1988. Dal 1988 al 1994 fu Superiore della Provincia centro-meridionale, carica con cui promosse la missione in Albania.Nuovamente a San Giuseppe Vesuviano, superiore e parrocodal 1994 al 1997, quindi a Cefalù, Superiore all’Istituto “Salvatore Di Giorgio”, dal 1997 al 2000. Dal 19 novembre 2000, per meno di un anno, sua terra fu l’Albania.
Padre Ettore fece proprio il carisma della sua Congregazione: il servizio al disagio giovanile. Nei panni del professore, dell’educatore, del superiore offrì sempre una grande lezione di umiltà. Ebbe il dono dell’intuito spirituale, sapeva scorgere in ogni uomo e donna che incontrava il volto di Dio. Sentiva l’aiuto al prossimo come un dovere da assolvere,anche a costo di sacrifici e di rischi. Nelle varie case in cui visse, divenne ben presto un riferimento per molti. Si iniziò a parlare di “efficacia” delle sue benedizioni e di “guarigioni spirituali e fisiche”.Ciò caratterizzò in particolare l’ultimo decennio della sua vita, nonostante i problemi di salute che man mano aumentavano.Insegnava a pregare, faceva nascere il desiderio di trovare la Fede. Tanti i ricordi di chi lo comobbe: “La semplicità con la quale parlava di Gesù, senza sentimentalismi vuoti, dimostrava che viveva in intimità con Lui”,“La preghiera e la penitenza lo accompagnavano sia nell’apostolato che nel lavoro manuale nell’orto”. “Quando celebrava la S. Messa, trasmetteva una pace ed una calma soprannaturali”, diceva: ‘la preghiera risolve tutti i problemi’; se aveva qualche importante problema da risolvere trascorreva la notte in adorazione. Eraun dispensatore della Misericordia di Dio: “La più grande gioia che si possa avere sulla terra è di contemplare Dio in un’anima.– diceva - È questa la consolazione del sacerdote nel confessionale”. Sentiva la “missione sacerdotale” di ricreare l’uomo rinnovato e riconciliato. Non si negava mai, nonostante i tanti impegni e la stanchezza. Svolse il suo ministero potendo contare su buone competenze teologiche e psicologiche. Sue parole erano: “L’uomo di preghiera è sempre positivo, sempre fiducioso, benedice sempre”.
Quando si recava a Torino per trascorrere alcuni giorni di riposo, nei luoghi in cui nacque e visse il Fondatore san Leonardo, andavano a prenderlo alla stazione di buon mattino perché per ‘guadagnare’ tempo viaggiava di notte. Prima tappa doveva essere il Santuario della Consolata e così faceva le mattine successive. I passi dal Collegio Artigianelli alla Consolata erano gli stessi fatti innumerevoli volte dal Murialdo e dal Venerabile Eugenio Reffo, da coloro che diedero vita e consolidarono la Congregazione. Mentre era parroco a Roma cominciarono a verificarsi alcuni ‘segni’legati alle sue ‘benedizioni particolari’ che avrebbero in qualche modo caratterizzato, sempre più, il suo ministero sacerdotale. A San Giuseppe Vesuviano, dal 1994 al 1997, iniziò il particolare ministero di esorcista: la gente cominciò a far la coda per poterlo incontrare, anche alcune persone ‘possedute’dal maligno che però furono motivo di incomprensioni da parte dei confratelli. Ogni lunedì sera in Santuario si svolgeva un incontro di preghiera animato da un movimento di Carismatici. Nel 1997 fu trasferito in Sicilia, a Cefalù, parroco e Superiore dell’Istituto Artigianelli. Nonostante i problemi di salute, l’azione pastorale di padre Ettore si rivolse inoltreverso famiglie e singoli in difficoltà. Svolse nuovamente il servizio di esorcista, su richiesta del Vescovo, interpretando questo ministero come un segno della volontà del Signore.A Cefalù gli giunse la notizia che i superiori avevano pensato a lui per sostenere la missione in Albania. Poco tempo prima, proprio durante un esorcismo, si era sentito minacciare dal demonio con un misterioso «Ti aspetto a Tirana». Nel salutare i fedeli disse: “Il Signore chiama sempre per una cosa più grande. Non ci si deve mai tirare indietro ma si deve camminare sempre dove Lui ci porta”.
Aveva già 67 anni, mafu entusiasta di un’opera tutta da costruire. Il 19 novembre 2000 arrivò a Fierdove i Giuseppini operavano in una scuola professionale e in un oratorioper giovani in difficoltà. Padre Ettore iniziò subito lo studio della difficile lingua albanese, sognava vocazioni tra una popolazione a maggioranza musulmana, quando tanti giovani erano partiti in cerca di fortuna. Nel febbraio 2001 si trasferì a Durazzo dove fu acquistata una casa in cima a una collina chiamata Mosè. Vide quella casacome la ‘lampada sul lucerniere’: era piccola, ma con un giardino da cui si poteva vedere il porto. Il 21 marzo vi si stabilì da solo, gli dicevano di stare attento, ma rispondeva: ‘Non sono solo c’è il Signore’. Scrisse: “Oggi capisco come non mai che il Signore non ci affida la comunità formata, ma ce la consegna da costruire come segno della sua presenza, esattamente come ha fatto lui con gli apostoli”. Sorsero alcuni screzi con i vicini, ma padre Ettore sapeva di essere in terra di frontiera. Prese l’abitudine di portare un frammento di Pane consacrato in una piccola teca al colloper non lasciarlo incustodito e perché gli dava conforto. Scendeva in città a piedi, a servizio della parrocchia. Desiderava che Casa Nazareth – così chiamò casa sua –divenisse un centro culturale per giovani universitari: creò in pochi mesi un vivace gruppo di studenti cattolici, ortodossi e musulmani, per l’approfondimento di temi sociali e spirituali. La casa era raggiungibile attraverso un dedalo di stradine, durante il percorso pregava per tutti gli aborti avvenuti nelle ultime ventiquattro ore. Frequenti le visite alle famiglie dei villaggi e nemmeno in Albania smise di occuparsi del suo apostolato “di liberazione”, col timore di essere frainteso come “stregone”. Una suora testimoniò che non tutti erano esorcismi, alle volte erano benedizioni attraverso cui padre Ettore “metteva a posto molti drammi familiari”.Mangiava pochissimo, a volte si nutriva solo di pane e acqua.
Il 16 settembre 2001, pochi giorni dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York, nell’omelia disse: “Avrete pregato certamente per le vittime del massacro avvenuto in America: avete pregato anche per la conversione degli assassini? Non dobbiamo temere che il Signore non perdoni i nostri peccati. Pensare che Dio non ci perdoni i nostri peccati è uno dei peccati più gravi, contro lo Spirito Santo”. Qualche settimana dopo, la sera dell’8 ottobre, padre Ettore visse il suo “martirio di carità” per mano di un pover ragazzo, la cui famiglia aveva beneficiatodella generositàdel missionario. Nel giorno del 50º anniversario dei primi voti nella Congregazione, verso mezzanotte,fu massacrato con 17 coltellate.Fu ritrovato riverso in una pozza di sangue col volto deturpato e la mano ferita, quella mano che innumerevoli volte aveva consacrato il Pane e il Vino, Corpo e Sangue di Cristo. La teca che portava al collo si aprì, il frammento di Pane consacratosi sciolse nel suo sangue.Padre Ettore aveva attirato le ire di chi non capiva la sua bontà, fu violenza nata dall’ignoranza, la polizia si convinse che l’assassinio fu un gesto incomprensibile, forse davvero un “azione del maligno”. La morte di padre Ettore acquisì un valore sacro, l’innocenza del suo sangue fece breccia nel cuore di tutti e affiorarono i ricordi dei momenti trascorsi accanto a lui. Le esequie furono celebrate a Durazzo e poi a Roma.
L’8 ottobre 2020 si è aperta, nella cattedrale di Tirana, la sua causa di beatificazione, proposto quale modello autentico di sacerdote che viveva “la spiritualità di chi personalmente, cordialmente ha incontrato il Signore e lo annuncia non per convincere ma per condividere una gioia”.
PREGHIERA di padre Ettore
O Trinità Santissima,
Padre e Figlio e Spirito Santo,
vi prego di vivere in me in pieno respiro
prendendo possesso stabile e totale di tutto il mio essere: pensieri, progetti, relazioni, sentimenti,
esistenza fisica, spirituale, psichica e intrapsichica,
in modo che nulla si esprima attraverso di me se non in Voi:
la Paternità viva, creante, onnipotente ed amante,
la Figliolanza completa, perfetta, estesa e estensibile,
l’Amore eterno, santificante e consolante…
Che io realizzi Voi, viva di Voi,
chiami Voi in ogni cosa e vi trasmetta in ogni cosa.
Purificatemi da ogni mia colpa,
da tutto quello che non si rispecchia
o in qualche modo non ci è gradito.
E, se nella vostra bontà
volete coinvolgermi nel dono vostro reciproco,
sia questa la ragione della mia vita.
Cambiatemi come ritenete più opportuno,
Vi chiedo perdono per i guai che Vi procuro
e Vi ringrazio tanto, tanto.
Amen”.
Autore: Daniele Bolognini
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