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Villalba de Losa, Spagna, 24 ottobre 1903 – Madrid, Spagna, 2 novembre 1936
Rafael Perea Pinedo nacque a Villalba de Losa, nella provincia di Burgos, il 24 ottobre 1903. Padre Orive, redentorista, impegnato in una missione al popolo in una città vicina, lo conobbe e l’incoraggiò a diventare missionario. Nel settembre del 1915 entrò a El Espino, sede del Seminario redentorista in Spagna, dove erano novizi suo fratello Eduardo e il loro cugino Daniel Pinedo, ma al terzo anno rientrò in famiglia per difficoltà nello studio, causate anche da problemi alla vista. Trovò lavoro come fattorino nel collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane di Valladolid, ma il 19 febbraio 1921, dopo aver partecipato all’ordinazione sacerdotale di suo fratello e del cugino, concordò col primo che avrebbe fatto domanda di nuovo fra i Redentoristi, ma come fratello coadiutore. Professò i voti nel 1923, diventando fratel Massimo. Trascorse la maggior parte della sua vita nelle case di Astorga e del Perpetuo Soccorso a Madrid, con le mansioni di portinaio, sacrestano, economo e cuoco. Allo scoppio della guerra civile spagnola, passò di rifugio in rifugio, lavorando anche in un caseificio. Si trovava in una pensione quando, alle due del mattino del 2 novembre 1936, fu portato via insieme a un giovane, Ángel Bellot: quest’ultimo tornò alle quattro del mattino seguente, mentre dell’altro si seppe in seguito che era stato fucilato dopo che si era finto muratore e contadino, ma aveva finito col dichiarare la sua vera identità. Durante quella persecuzione, morirono in tutto dodici Redentoristi delle case di Madrid: quattro provenienti dalla comunità di San Michele, più altri sette da quella del Perpetuo Soccorso. Tutti e dodici furono beatificati il 22 ottobre nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena a Madrid, sotto il pontificato di papa Francesco. La loro memoria liturgica ricorre il 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
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Una vocazione interrotta per ragioni di salute
Rafael Perea Pinedo nacque a Villalba de Losa, nella provincia di Burgos, il 24 ottobre 1903. Padre Orive, redentorista, impegnato in una missione al popolo in una città vicina, lo conobbe e l’incoraggiò a diventare missionario.
Da allora in poi, Rafael non pensò ad altro che andare a El Espino, il Seminario dei Redentoristi di Spagna, dove era stato preceduto dal fratello Eduardo e dal cugino Daniel Pinedo, che nel frattempo erano già in noviziato.
Nel settembre del 1915 entrò a El Espino, ma presto si rese conto che quello non era il suo posto: faceva fatica nello studio, anche a causa di un problema alla vista, che col tempo divenne tanto grave da fargli rischiare la cecità. Così, al terzo anno, dovette tornare a casa.
Ritorno tra i Redentoristi
Lavorò come sacrestano fino a quando, un anno dopo, i suoi genitori lo portarono a Valladolid e lo collocarono come fattorino nel collegio dei Fratelli delle Scuole Cristiane. Lì si guadagnò le simpatie dei Fratelli, che riposero in lui le migliori speranze, certi che avrebbe finito per rimanere con loro.
Il 19 febbraio 1921, suo fratello e suo cugino furono ordinati sacerdoti ad Astorga. In quell’occasione, Rafael andò insieme alla sua famiglia e concordò con suo fratello di fare domanda per unirsi ai Redentoristi; stavolta, però, come fratello coadiutore.
Compì il noviziato a Nava del Rey presso Valladolid. Cambiò nome in fratel Massimo e professò nel 1923. Un mese dopo la professione, fu assegnato alla comunità madrilena di San Michele; nel 1925 si recò a El Espino per fare il Secondo Noviziato, che terminò con la professione perpetua nel 1926.
A El Espino rimase come cuoco fino al maggio 1927, quando fu assegnato alla comunità di Astorga come portinaio, sacrestano ed economo. Ad eccezione di alcuni mesi nel 1928 e nel 1929, nei quali aiutò come muratore a El Espino e Santander, rimase ad Astorga fino al giugno 1933.
Trascorse una vita tranquilla a servizio dei confratelli. Era un religioso disponibile e competente, amato in tutte le comunità dove passò.
Durante la guerra civile spagnola
Nel giugno 1936 giunse da Roma la nomina dei superiori per il triennio 1936-1939 e il riadattamento del personale nelle comunità redentoriste. Fratel Massimo venne quindi destinato alla comunità del santuario del Perpetuo Soccorso a Madrid, come facchino ed economo, poco prima dello scoppio della guerra civile spagnola.
Il 19 luglio, il giorno seguente la rivolta militare che diede inizio alla guerra, la comunità del Perpetuo Soccorso poté celebrare le Messe sia della solennità del Redentore, sia del giorno seguente; alcuni religiosi di quella comunità pernottarono fuori.
Il 21 furono celebrate solo le prime Messe del mattino. Subito dopo, fu consumato il Santissimo Sacramento: le porte del santuario furono chiuse e lo rimasero fino alla fine della guerra. La comunità si riunì per mangiare prima dell’orario abituale. Poco dopo, tutti i religiosi, già vestiti in abiti civili, si dispersero.
Di rifugio in rifugio
Il 20 luglio 1936, fratel Massimo Perea Pinedo lasciò la residenza insieme a padre José María Urruchi Ortiz. Entrambi si rifugiarono in casa del signor Roberto Nandín, ma pochi giorni dopo fratel Massimo si scambiò di rifugio con fratel Pasquale Erviti Ensausti, il quale, dove si trovava, era in pericolo.
Andò quindi in casa della signora Emilia Alcázar vedova Hortelano, dov’era ospitato anche fratel Aniceto Lizasoain Lizaso. Non rimase molti giorni nemmeno là: si nascose allora in via Jenner 5, dove incontrò il confratello padre Morán.
In quel periodo usciva tranquillamente e frequentemente in strada, ma dopo vari incontri con alcuni miliziani non fu più molto sereno. Per tenere nascosta la sua vera identità, il confratello gli diede documenti falsi intestati a Serafín Morán.
Dopo che la casa di via Jenner venne perquisita, fratel Massimo iniziò a vagare senza meta. Riuscito più volte a sfuggire ai miliziani, trovò lavoro in un caseificio. Quando però, il 24 settembre, morì il proprietario, dovette di nuovo cercare un alloggio.
Il martirio
Andò quindi a pensione in via Santa Maria 45; rimase lì fino alle due del mattino del 2 novembre, giorno in cui i miliziani lo fecero prigioniero. Con lui fu catturato un giovane di nome Ángel Bellot: vennero portati in una stazione di polizia, quindi trasferiti alla checa (prigione improvvisata) di Fomento e sottoposti a un interrogatorio.
Fratel Massimo dichiarò di essere un muratore, ma la prova a cui fu sottoposto svelò che non era capace. Allora cambiò versione, affermando di essere un contadino, ma le sue mani non erano come quelle di chi lavora i campi. Alla fine, svelò la sua vera identità.
Ángel tornò alla pensione alle 4 del mattino seguente, accompagnato da un miliziano, il quale rivelò che il “frate” aveva cercato d’ingannare lui e compagni, quindi avrebbe avuto qualche difficoltà. Il cadavere di fratel Massimo fu rinvenuto il 3 novembre 1936, la mattina dopo il suo arresto, presso la Cittadella Universitaria.
In tutto, durante quella persecuzione, morirono dodici Redentoristi delle case di Madrid: quattro dalla comunità di San Michele, più altri sette di quella del Perpetuo Soccorso. Tutti godettero immediatamente di fama di martiri all’interno e all’esterno della Congregazione dei Redentoristi.
La causa di beatificazione in fase diocesana
L’inchiesta diocesana della causa di beatificazione, intitolata a Vicente Nicasio Renuncio Toribio e undici compagni, si svolse a Madrid dal 19 settembre 2006 al 27 novembre 2007. Gli atti dell’inchiesta furono convalidati dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 24 marzo 2010.
La “Positio super martyrio”, presentata nel 2019, fu sottoposta ai Consultori Storici il 29 gennaio dello stesso anno, essendo appunto la causa di natura antica o storica, perché dai fatti erano trascorsi più di cinquant’anni.
Il decreto sul martirio
Il 24 settembre 2020 i Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi emisero il proprio voto favorevole. I Cardinali e i Vescovi membri della stessa Congregazione, nella loro Sessione Ordinaria del 20 aprile 2021, riconobbero che l’odio contro la fede era l’unica ragione dell’accanimento contro i dodici Redentoristi e delle loro uccisioni.
Il 24 aprile 2021, ricevendo in udienza il cardinal Marcello Semeraro, Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, papa Francesco autorizzò infine il decreto sul martirio.
La beatificazione
Fratel Massimo e gli altri undici furono quindi beatificati a Madrid, nella cattedrale di Santa Maria la Real de la Almudena, il 22 ottobre 2022. La Messa con il Rito della Beatificazione fu presieduta dal cardinal Semeraro come inviato del Santo Padre. La loro memoria liturgica venne fissata al 6 novembre, giorno nel quale le diocesi spagnole ricordano i loro Martiri del XX secolo.
La Congregazione del Santissimo Redentore aveva già visto, il 13 ottobre 2013, la beatificazione di sei suoi membri, martiri durante la stessa persecuzione, appartenuti alla comunità di Cuenca.
Autore: Emilia Flocchini
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