La Serva di Dio Colomba di Gesù Ostia (al secolo: Anna Antonietta Mezzacapo) nacque a Marcianise (Caserta, Italia) il 15 giugno 1914. Cresciuta in un ambiente familiare cristiano e nella partecipazione alla vita della parrocchia, cominciò un cammino di vita spirituale sotto la guida del parroco e, contemporaneamente, dopo la scuola elementare, si rese disponibile ad aiutare i genitori nelle faccende domestiche e nei loro negozi di ferramenta e di generi alimentari.
Nel 1932, entrò nel Monastero di clausura delle Carmelitane Scalze di Marcianise dove, negli anni successivi, la seguirono due sue sorelle.
La Serva di Dio emise la prima professione il 6 giugno 1934 e quella solenne il 24 novembre 1938.
Nominata Maestra delle novizie nel 1945, fu eletta Priora nel 1951 e confermata per altri quattro trienni successivi. In questo periodo si dedicò alla formazione spirituale delle consorelle e alla realizzazione di lavori di ristrutturazione del monastero.
Nel 1961, a causa di problemi relazionali con una novizia e alcune consorelle, la Santa Sede procedette ad una visita apostolica, fatta nel 1962 da P. Agostino Rosati, O.S.S.T., e terminata con il riconoscimento dell’innocenza piena della Serva di Dio, che venne confermata nella sua carica di Priora. Nel 1965, si svolge un’altra visita canonica da parte dell’Arcivescovo di Capua, Mons. Tommaso Leonetti, causata da nuove accuse di alcune consorelle. In tutte queste prove, Madre Colomba rimase serena, con la capacità di perdonare tutti. La Serva di Dio continuò a servire la comunità con grande umiltà, svolgendo il suo apostolato in parlatorio.
Nel 1968 fu eletta nuovamente Priora ma, ammalatasi alla fine dello stesso anno, venne sottoposta ad un delicato intervento chirurgico nel gennaio del 1969.
Morì a Marcianise (Italia) il 13 agosto 1969.
La Serva di Dio visse in modo eroico la virtù della fede. Osservò con rigore la Regola Carmelitana e, a imitazione di Santa Teresa di Gesù, amò la Chiesa. La preghiera avvolse l’intera sua esistenza. In un suo appunto così scrisse: «Gesù Ostia, mio Sposo adorato, con la mia unione con Te, voglio essere un segno nel mondo. Non mi basta indicare a tutte le creature la via dell’amore ma, con la mia quotidiana immolazione al Tuo amore misericordioso, voglio che in tutte le famiglie si lodi e si benedica il Tuo Sacro Cuore. La stanchezza del giorno, vissuto nell’osservanza della mia santa regola e nel disimpegno del mio delicato ufficio, non mi fa impressione perché, quando la natura dorme, io vengo ai piedi del Tuo Trono Eucaristico dove la dolce calamita del Tuo Divin Cuore mi trasforma e mi incentra completamente in Te». Insieme alla pietà eucaristica la Serva di Dio fu attratta dalla contemplazione di Cristo sofferente, al quale offrì le tribolazioni della vita. Particolare culto nutriva verso la Vergine Immacolata e verso l’Addolorata.
Per la Serva di Dio vivere la speranza cristiana significò tendere durante tutta la vita verso il Signore, ritenendosi una pellegrina nel mondo e una straniera in cammino verso la patria del Paradiso. La speranza in Dio la sostenne nelle circostanze gioiose e tristi, con una fiducia illimitata nella Provvidenza divina.
Nutrì l’amore verso il Signore fin dall’infanzia. Di qui il suo desiderio di entrare presto nel Carmelo, la perseveranza nella vocazione religiosa e la sua gioia quando, da novizia, fu incaricata di curare il decoro del tabernacolo. Essendo vissuta nella clausura, la Serva di Dio esercitò la carità fraterna prima di tutto verso le consorelle, anche quando fu ingiustamente accusata di aver trattato male una novizia. Le amò indistintamente senza parzialità, ma con molto affetto, dolcezza e amabilità. La sua carità si estendeva anche fuori le mura del Carmelo attraverso il parlatorio, a cui affluivano tante persone in cerca di conforto e di incoraggiamento. Le Visite canoniche furono per lei una grande prova, ma non si scoraggiò, accettandole con umile sottomissione ai Superiori e fiducia nel Signore.
Visse la povertà con un distacco assoluto dai beni temporali per meglio aderire ai beni del cielo e a imitazione di Cristo povero. Per se sceglieva il più povero degli indumenti: la sua cella era spoglia ed era ornata soltanto dal quadro del Volto Santo e da una statuetta del Santissimo Nome di Gesù.
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