La Venerabile Suor Maria Carafa (1468-1552) fu figlia primogenita di Giovanni Antonio Carafa e Vittoria Camponeschi. Fu definita, al tempo, una ragazza «con animo virile», e che da giovane tendeva ad intessere rapporti di amicizia soprattutto con le serve e i poveri.
Ricevette la sua prima educazione dalla madre Vittoria e conducendo prestissimo una vita ritirata: era dedita alla preghiera, alla lettura spirituale, e così, come alla cura concreta della casa, anche all’educazione del fratello Gian Pietro il futuro papa Paolo IV. Maria, infatti, leggeva al giovane fratello le vite dei santi, e gli insegnava l’osservanza dei vari digiuni, specialmente quello della Quaresima e dell’Avvento, rigorosamente rispettati da entrambi.
Il 24 dicembre 1490, Maria Carafa, già destinata dalla famiglia ad unirsi in matrimonio con Camillo Pandone, figlio del conte di Venafro, con l’aiuto del fratello minore Gian Pietro, riuscì a fuggire presso il convento delle suore domenicane di San Sebastiano a Napoli e proprio lì fece la sua professione religiosa. Nonostante la strenua opposizione dei parenti, la Venerabile rimase nel monastero di San Sebastiano per trentotto anni, conducendo una vita monastica esemplare «con gran santità», circondata dall’amore e dalla stima delle monache, che la consideravano donna di eccezionale prudenza e valore.
Nella giornata di Maria non mancarono mai la preghiera, la lettura spirituale, la meditazione e infine il lavoro manuale. E nell’arco della sua permanenza nel monastero di San Sebastiano, ricoprì vari uffici. Difatti fu: infermiera – ufficio svolto con grande umiltà e servizio sia per le monache che per le converse; Sagrestana effondendo grande diligenza e zelo, specialmente nell’occuparsi delle tovaglie dell’altare, dei corporali e dei purificatoi; e da ultimo Maestra delle novizie – divenendo un grande esempio da emulare.
E proprio durante questa stessa sua permanenza nel monastero di San Sebastiano, contrasse una malattia contagiosa alla mammella, ma miracolosamente ne guarì.
Alla vigilia del Natale, stando in coro, mentre si cantava la prima messa, la Venerabile ebbe la mistica visione del Santo Presepe, dove la Vergine Maria le pose tra le braccia il Bambino Gesù.
Negli anni 1527-1528, a causa dell'assedio francese – detto popolarmente guerra del Trecco, Maria Carafa dovette trasferirsi, insieme con le altre monache, nel convento di Santa Maria Donnaromita, guidata dall’abbadessa Ciancia Carafa, nipote di Suor Laura Dentice, a sua volta abbadessa del Monastero della Sapienza. Quest’ultima, nel testamento, lasciò il governo del Monastero della Sapienza a Ciancia Carafa, che essendo già l’abbadessa del Monastero di Donnaromita rifiutò, costringendo però la nipote, Suor Maria Carafa, ad accettare l’incarico. Tale scelta fu confermata anche dal fratello Gian Pietro Carafa, il quale persuase così la Sorella ad intraprendere «questa santa impresa».
Il 9 giugno 1530 papa Clemente VII emanò il breve per la fondazione del nuovo monastero della Sapienza con Madre Maria Carafa come abbadessa e con la regola di San Domenico. Per aiutare Suor Maria Carafa – il fratello Gian Pietro, nel 1530, mandò a Napoli il confratello teatino Bonifacio de’ Colli.
Il 23 giugno 1530, alla Vigilia di San Giovanni Battista, la Venerabile lasciò il Monastero di Donnaromita e si spostò nel Monastero della Sapienza, portando con sé solo una consorella (Suor Caterina) e un breviario, trovando nel nuovo monastero «una campana, e un campanello, con tre paliotti di altare di seta, e due di filo». Maria Carafa sin dal primo momento impose strettissima clausura: le monache non potevano per alcuna ragione uscire dal convento, dovevano parlare unicamente con i parenti più stretti solamente 4 volte all’anno. E a riguardo, per maggior sicurezza velò le grate dei parlatori con una lamina di ferro.
Non a caso i Napoletani chiamarono da subito le suore del Monastero della Sapienza – «Madri Teatine». Il 28 maggio 1537 papa Paolo III dichiarò Maria Carafa «la superiora perpetua». Oltre a Gian Pietro Carafa, molti santi Teatini ebbero forti legami sia con la Venerabile Maria Carafa, sia con le monache della Sapienza, tra loro ricordiamo lo stesso San Gaetano Thiene, Venerabile Bonifacio de’ Colli, il Beato Giovanni Marinoni, il Beato Paolo Burali, Sant’Andrea Avellino etc. Il monastero di Santa Maria della Sapienza divenne parte integrante ed ufficiale dell’Ordine dei Chierici Regolari, già nel 1581 e venne riconfermato nel 1604 dalle Prime Costituzioni, nelle quali i Teatini lo dichiararono l’unico monastero femminile proprio del suo Ordine «solas sub nostro regimine retinemus».
Per tutto il suo mandato di abbadessa, la Venerabile si comportava in modo cortese e mansueto con le consorelle, non sembrava essere superiora, ma piuttosto compagna e serva di tutte; ella stessa volentieri si sottoponeva ai servizi più umili. Quando le giovani novizie si recavano da lei a chiederne la benedizione prima di andare a letto, Madre Maria Carafa, dopo averle tutte benedette nel nome del Signore, si inginocchiava e da ognuna si faceva porre le mani sulla testa, che poi, ad una ad una, baciava con grandissima tenerezza.
La Venerabile, pur essendo abbadessa lavorava in lavanderia, senza risparmiare le proprie forze, molte volte danneggiando le mani, fino al punto da farle sanguinare. E proprio in quell’occasione così esortava le consorelle: «Beate voi, figliuole mie care, che nel punto della vostra morte, potrete mostrar queste vostre mani allo Sposo vostro, così insanguinate per suo amore! Guai a me poverella, che non fò nulla mai di quel, che io debbo per suo amore! Perciò pregate tutte per me». Fino all’ultimo giorno mai lasciò il rigore della stretta regola datale dal fratello Gian Pietro Carafa.
La Venerabile Suor Maria Carafa morì a Napoli già in odore di santità il 3 gennaio 1552, fu sepolta nel Monastero della Sapienza e sin d’allora venerata dai Napoletani come una santa. Il suo corpo fu poi ritrovato incorrotto, mentre dai suoi piedi uscì la prodigiosa manna che guariva molti infermi.
Nel XVI sec. la pietà popolare attribuì a Suor Maria Carafa il titolo di “beata”, rievocato poi, in seguito alle varie riforme di Urbano VIII, attinenti al processo di canonizzazione.
Nonostante ciò, il suo culto non diminuì, anzi fu sempre propagato e tenuto vivo dalle suore della Sapienza e dai Padri Teatini.
L’intercessione della Venerabile Suor Maria Carafa viene spesso invocata per la guarigione da malattie contagiose, e specialmente dalle donne per le malattie al seno.
Autore: P. Aleksander Iwaszczonek C.R.
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