Dibër - Mat, Albania, 1405 - Alessio, Albania, 17 gennaio 1468
"Eroico figlio di un popolo forte e generoso, che ha difeso con coraggio i valori spirituali e il nome cristiano, fino al punto di meritare il titolo di Athleta Christi, e ha forgiato con le sue gesta l’identità culturale albanese, diventando indiscusso simbolo di coesione e unità nazionale, e interprete in sommo grado dei valori di scrupolosa fedeltà agli impegni liberamente assunti”, così ha asserito Papa Francesco al suo riguardo in occasione del Pellegrinaggio dall’Albania, convenuto a Roma in occasione dei 550 anni dalla morte di Giorgio Castriota Skanderbeg nel 20218. Giorgio Castriota è stato difensore della libertà del suo popolo e della cristianità in Europa durante il periodo dell’Impero Ottomano e ha avuto rapporti con ben cinque Papi: Eugenio IV, Niccolò V, Callisto III, Pio II e Paolo II. A testimonianza di questo, ancora oggi in un palazzo vicino al Quirinale, una volta sede papale, esiste un affresco che ritrae l'eroe albanese. Per Papa Francesco “poche volte nella storia un singolo individuo ha incarnato in modo tanto netto e in così vasta misura le virtù di un popolo, al punto che è difficile comprenderne lo spirito senza soffermarsi a considerare i principi e i valori che animarono quel singolo personaggio”.
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Nacque a Dibra il 6 maggio 1405 da Giovanni, principe di Krujë e titolare di vasti domini nel nord Albania, e dalla principessa Voisava, la figlia del principe di Pollogu.
A seguito delle sfortunate vicende belliche che coinvolsero il padre contro il sultano Murad II, il giovane Giorgio fu aggregato alla corte ottomana di Adrianopoli insieme con i fratelli Stanisha, Reposh, e Costantino. Mentre due di essi morirono in giovane età ed un terzo si fece monaco, Giorgio intraprese la carriera militare a fianco del sultano, distinguendosi ben presto per valore e perizia nell'uso delle armi. Per queste sue doti di grande stratega militare, si guadagnò dal sultano il titolo onorifico di Iskender Bej (principe Alessandro, con allusione ad Alessandro il Macedone), che gli Albanesi nazionalizzarono in Skenderbej, donde Scanderbeg, che egli ed i suoi discendenti aggiunsero al cognome.
Dopo aver lungamente combattuto al fianco del sultano, il 28 novembre 1443, in occasione della battaglia di Nis, abbandonò il campo turco per allearsi con l'esercito cristiano guidato dall'ungherese John Hunyadi, voivoda di Transilvania, iniziando così una guerra contro gli ottomani che si protrasse per circa 25 anni.
Con un manipolo di soldati fedeli, riconquistò il castello di Krujë, capitale dello Stato paterno, quindi tutte le fortezze albanesi occupate dai musulmani. Il 2 marzo del 1444 radunò in Alessio, nella cattedrale veneziana di San Nicola, gli altri principi albanesi ed i rappresentanti delta Repubblica di Venezia, ed in questo consesso fu proclamato capo della Lega dei principi albanesi. Il 29 giugno 1444 sconfisse a Torvjoll l'esercite ottomano forte di 100.000 uomini, guidati da Alì Pascià, che gli mosse contro per vendicare il cocente "tradimento" subito dal sultano Muràd Il. Il successo di questa vittoria si propagò rapidamente in Europa, attirando su Scanderbeg l'attenzione dei potenti dell'epoca. Si susseguirono altri mirabolanti successi, a Prizren nel 1445, quindi a Krujë nel 1450, a Skopljë nel 1453. a Oranik nel 1456, e ad Albulena il 24 settembre 1457.
Nel 1461 si recò in Italia su richiesta di Ferdinando I d'Aragona, re di Napoli, minacciato dal rivale Giovanni d'Angiò, determinando la vittoria della Casa aragonese. Richiamato in patria nel 1462 a causa di un altro violento attacco portatogli dal nuovo sultano ottomano Maometto II, lo sconfisse, costringendolo a firmare un trattato di pace il 27 aprile 1463.
Nel 1464 ottenne dal re Ferdinando I d'Aragona i feudi di Monte Sant'Angelo e San Giovanni Rotondo, in segno di riconoscimento per l'aiuto ricevuto nella lotta contro i baroni.
Lo stesso anno 1464 vide il fallimento, per la sopraggiunta morte in Ancona di Papa Pio II, del grandioso progetto di una nuova crociata contro i turchi, fortemente voluto da quel pontefice. Scanderbeg avrebbe avuto il comando delle forze cristiane, e sarebbe stato dal papa incoronato Re.
Scongiurato il pericolo della crociata, il Sultano organizzò una nuova spedizione contro Giorgio Castriota, affidandone il comando a Ballaban Pascià, un albanese come Scanderbeg cresciuto alla corte del sultano, ma anche quest'impresa fallì: l'esercito turco fu messo in fuga dalle forze albanesi in prossimità di Ocrida. Nella primavera del 1466, Maometto II mosse di nuovo guerra agli albanesi e cinse d'assedio Krujë. Dopo una serie di scontri sanguinosi, nel corso dei quali lo stesso Ballaban Pascià peri, Scanderbeg portò i suoi all'ennesima straordinaria vittoria. Nell'estate del 1467, Maometto II in persona pose un nuovo assedio a Krujë, forte di un poderoso esercito di 150.000 soldati, ma col sopraggiungere dell'inverno dovette rassegnarsi alla ritirata.
La vittoria del sultano era tuttavia solo rinviata: l'enorme disparità di forze fra i due schieramenti, e l'altalenante politica di Venezia, interessata più alla tutela dei suoi interessi commerciali che alla difesa dell' Albania dall' invasione ottomana, erano ostacoli troppo difficili da superare per il popolo albanese ed il suo principe condottiero.
Il 17 gennaio 1468, colto da un violenta febbre malarica, Giorgio Castriota Scanderbeg mori in Alessio. La moglie Andronica ed il figlio Giovanni si ripararono in Italia, sotto l'ala protettrice della Casa d'Aragona. L'Albania resistette ancora un decennio ai turchi, prima di cedere ad un'occupazione che si protrasse per circa 5 secoli.
Scanderbeg fu uomo di eccezionali virtù. La bellezza e maestà della persona erano congiunti in lui ad una forza fisica straordinaria. Guerriero grandissimo e diplomatico tra i più prudenti, concepì e realizzò il grandioso progetto politico di uno Stato nazionale albanese ante litteram, saldamente agganciato all'Occidente e all'Europa.
Fonte:
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www.castriotascanderbeg.it
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